Il Foglio sportivo
Ma che fine hanno fatto tutti i nemici di Bearzot?
Nelle celebrazioni per il Mundial ‘82 le critiche feroci dell’epoca sono diventate lacrime
Dalle sue ferie alcoliche (beato lui, io c’ho il fegato inquieto) Jack O’Malley mi spedisce questa domanda: “Ma con chi ce l’avevano gli Azzurri del 1982? Perché nelle rievocazioni non c’è traccia della ragione di quel silenzio stampa?”.
Maledetto Jack, non so in quale pub di infimo ordine sia stato a consumare le sue pinte, perché infimo lo era di sicuro se si prendevano le tv italiane, però ha colto nel segno. Pure io me lo sono chiesto: ma chi erano i cattivi? Spariti, come in un film hollywoodiano d’antan che esige l’happy end. Sì, è vero, nella celebrazione di una grande vittoria non è bello andare a ravanare i vecchi dissapori, indicare i nemici, fare nomi e cognomi. Difficile, anzi quasi impossibile specialmente se la rievocazione è toccata ai nipotini dei medesimi, che sono andati a intervistare i medesimi e il giornalismo come la nostalgia non è più quello di un tempo e bisogna cogliere solo il lato positivo. Però che sfizio, presentarsi con un bel ritaglio e chiedere “scusa ma tu che adesso ti commuovi, guarda cosa scrivevi”.
Già, perché di tutte le rievocazioni che hanno commosso chi, come me, ha vissuto il primo Mondiale da giornalista (nelle retrovie, in redazione), l’elemento surreale è stata questa parata di vecchi e poco più giovani tromboni con la lacrima. Ma allora con chi ce l’avevano gli Azzurri? “Il viaggio degli eroi” trasmesso su Raiuno l’undici luglio non era male, anche perché ogni tanto qualche titolo di giornale passava (svelto). Mio figlio ha commentato: “Però, ci andavano giù duri con i titoli”. Allora i giornali di carta erano una potenza e chi ci lavorava “ci andava giù duro”. Perché non raccontarlo con nomi e cognomi? Perché non dire contro chi urlava Enzo Bearzot in quella famosa conferenza stampa presa dagli Azzurri come spunto per il più famoso (e, malamente, imitato) silenzio stampa della storia? Invece tutto resta sullo sfondo, quasi casuale, un dettaglio.
Chi erano i cattivi? Chi lo sa. Spariti, disfatti come i bagagli frettolosamente riaperti dopo la partita con il Brasile, come i pantaloni rimessi negli armadi, cancellati come i biglietti già prenotati per il ritorno. Todos caballeros. Da un giorno all'altro tutti i critici di Bearzot, tutti quelli che ne chiedevano la cacciata, si sono sistemati, belli comodi, sul carro del vincitore. Chi erano i cattivi? Qualcuno è andato per età, come canterebbe Guccini, qualcuno perché, malgrado tutto ha fatto carriera, ed è una morte un po’ peggiore. Vedere tutta quella commozione (pure quella di un noto tifoso del Brasile) a Jack, e pure a me, ha fatto sghignazzare. Siamo cinici, è vero. Però ora lui alza la sua pinta e io un succo d’ananas (fegato infame) per Eugenio Fascetti che, prima del Mundial disse (come quasi tutti i commentatori/addetti ai lavori): “Mi vergogno di come Bearzot fa giocare l'Italia”. Dopo l’undici luglio venne perfino squalificato per “lesa maestà”. Restò l’unico cattivo anche perché non cambiò idea, neanche tra lustrini, bandiere e partite a scopone presidenziali. Prosit Eugenio.