il foglio sportivo - il ritratto di bonanza
Nel 2046 celebreremo Lippi come Bearzot?
Nel futuro vivremo il mondiale di Germania come quello di Spagna? Non ne sono così sicuro: ma forse mi sbaglio
Nel 2046 che estate sarà? Difficile dirlo, non ho che vaghe risposte e tutte appartenenti al futile. Tipo: penso che mangeremo ancora tanto gelato e che faremo il bagno al mare. Ma sia sulla prima che sulla seconda non sono così sicuro. Potrebbe essere che per quella data le mucche non producano più il latte e che il mare si sia ritirato in montagna per colpa del surriscaldamento globale. L’altra domanda che mi pongo è: celebreremo il Mondiale vinto in Germania nel 2006 così come abbiamo ricordato quello conquistato in Spagna nel 1982? La risposta in questo caso è perentoria e senza la minima incertezza, ed è no. Nel 2046, non ci faremo cullare dai ricordi come accaduto in questi giorni. Non ci faremo prendere la gola da un groppo grande come una mela, al pensiero della tripletta di Paolo Rossi al Brasile. Non è una questione anagrafica di chi scrive queste righe strampalate e stanche (nell’82 avevo 18 anni e tutto era affascinante, anche un fico secco), ma un pensiero da ricondurre alla bellezza, semplicemente a quella. Che cos’è la bellezza se non un’idea, un’illusione?
Nel 1982 ci siamo illusi di avere capito il mondo, o per meglio dire la vita. Pensavamo che bastasse possedere il tocco, nel momento giusto, la magia, per ridestare le cose, renderle luccicanti e vive. Ci siamo illusi di poter risorgere sempre sul più bello, esattamente come fece Paolino contro il maldestro portiere brasiliano Waldir Peres. Ci siamo illusi di possedere una classe politica capace di starci accanto, come fece il presidente Pertini, seppure in un eccesso di protagonismo poco consono a un capo dello Stato. Ci siamo illusi di battere il più forte con la sola imposizione del cervello, e di averne per questo in quantità superiore a tutti gli altri. Ci siamo illusi di avere un piano in tasca da tirar fuori in ogni fase emergenziale della vita. Un piano figlio del talento e del carattere. Ci siamo illusi di avere un futuro molto diverso o forse uguale a quello che poi abbiamo avuto per davvero. Ma era un futuro, accipicchia se lo era.
Nel 2006, il successo degli Azzurri è stato un grande evento, nessuno lo discute. Ma abbiamo giocato bene una partita, con la Germania, il resto è stata sofferenza, sudore e fortuna. E una testata piantata nello stomaco. Sarà per questo che nell’estate del 2046, non ci faremo catturare dai ricordi. O forse no, mi sbaglio, dimenticate questo scritto. Magari ci incontreremo su una panchina al parco a ridere e piangere emozionati di quell’avventura del 2006. Già, ma esisteranno ancora, per quel tempo, i parchi e le panchine?