Fesserie da non dire sul caso Bakayoko
Tutte le frasi stupide sul razzismo da evitare per un video banale come quello del controllo al centrocampista del Milan (ma le hanno dette)
Ci sono città che hanno più cinghiali che termovalorizzatori e litorali metropolitani che sembrano la Costa dei barbari, quindi non volendo creare “divisionismi”, come dice la Ferragni, eviteremo i raffronti su quanto anche Milano sia pericolosa, signora mia, e ci limiteremo a dipingere l’acquerello di una breve spiega di cosa non va detto in occasioni come questa. Il fatto. Il video mostra una pattuglia di Polizia a Milano che ha fermato un’auto, ne è sceso un marcantonio di pelle scura, con in testa un cappellaccio che nemmeno Jovanotti in spiaggia. L’agente lo perquisisce mentre una collega tiene la pistola puntata al passeggero rimasto in macchina. Attimi concitati, tranne il marcantonio che pare tranquillo. Finché il poliziotto capisce l’errore di persona, l’uomo che ha messo con le mani sul tetto della volante si chiama Tiémoué Bakayoko, è un calciatore francese, centrocampista del Milan. Non si sa se il poliziotto è dell’Inter o del Milan, ma fa una faccia come uno che ha fatto una boiata. In ogni caso non gli mette un ginocchio sul collo, gli dà una mezza pacca timida sulla spalla. La questura ha spiegato che si è trattato di un legittimo controllo “con modalità assolutamente coerenti rispetto all’allarme in atto”, perché stavano cercando due uomini coinvolti in una sparatoria. E il “contesto giustificava l’adozione delle più elevate misure di sicurezza”.
Ecco, allora, cosa evitare di dire: a) Che Milano è diventata Minneapolis e i poliziotti vanno in giro a caccia di black lives da matare; b) Che Milano è diventata insicura, anche se la candid camera è stata girata in zona Porta Nuova, dove Ferragni interpreta il “sentiment” dei milanesi; c) Che “fino a quel momento il controllo era stato ‘energico’”, non è vero; d) Che Beppe Sala ha deciso di passare allo stile “la polizia s’incazza” come Rudy Giuliani prima che sbroccasse trumpiano. Ma bisogna soprattutto evitare di dire cazzate come: “Le immagini del fermo di #Bakayoko fanno pensare a una profilazione etnica”, brutta accusa senza basi fatta su Twitter da Amnesty Italia. Stavano cercando due senegalesi su un Suv: chi dovevano fermare, Ibra? Né tantomeno fare affermazioni come Paolo Berizzi, giornalista di Rep. che si è intestato un ruolo da castigamatti di tutti i razzismi e i fascismi: “Nella vicenda #Bakayoko c’è dentro il peggio dell’arcitaliano: razzismo e piaggeria. E’ lo specchio di un paese eternamente diviso tra intolleranza e servilismo, perché questo siamo. Che lezione trarranno, da questa storia, i ragazzini?”. Invece era solo una normale perquisizione. Tanto che stavolta i suoi fedeli follower lo hanno frenato: “Mi permetto di dissentire. Conosciamo bene come sono andati i fatti? Può essere un caso di scambio di persona? E inoltre, davvero non avete mai visto un bianco ricevere lo stesso trattamento?”. L’unica domanda lecita è questa: ma perché i delinquenti si vestono come i calciatori, che poi la polizia si confonde?