Foto tratta dal profilo Twitter @gallinari8888  

Il Foglio sportivo

L'ultimo canto del Gallo

Andrea Lamperti

Gallinari ha scelto Boston perché è arrivato il momento di vincere

Itelefoni di Danilo Gallinari e del suo agente Michael Tellem, per qualche giorno, hanno squillato in continuazione. Alla fine, dopo una settimana segnata dall’addio ad Atlanta, dal passaggio (concretamente mai avvenuto) a San Antonio e da contrastanti voci di mercato, il Gallo ha deciso. Giocherà nei Boston Celtics. Giocherà, per la prima volta in carriera, in una delle squadre più accreditate per la vittoria del titolo Nba.

 

Per gli appassionati italiani, speranzosi di vedere un azzurro replicare l’impresa di Belinelli del 2014, si tratta di una notizia attesa, estate dopo estate, in modo quasi ossessivo. Per certi versi come se fosse “dovuta”, come se la vittoria di un Anello fosse l’unica legittimazione possibile per una carriera da 14 stagioni e 180 milioni di dollari nella lega cestistica più prestigiosa al Mondo.

 

In parte, forse, quell’attesa febbrile era stato lo stesso Gallinari ad alimentarla. “Mi sono rotto di perdere!”, diceva ai microfoni Sky dopo l’eliminazione da EuroBasket 2015, con il fuoco sacro della competitività ben visibile negli occhi. “Nella mia carriera non ho mai puntato ai soldi”, dichiarava invece in un’intervista del 2016, un anno prima di firmare un ricco contratto triennale (65 milioni circa) che lo avrebbe portato ai Clippers, in una squadra che dopo l’addio di Chris Paul non poteva ambire a molto. E ancora: “Quando sarò free agent non sceglierò i soldi, ma la possibilità di giocare per vincere”, raccontava nel 2019 in un’intervista su queste pagine, salvo poi accasarsi ancora una volta in una non-contender, gli Hawks, convinto da una proposta da 61 milioni in tre stagioni.
Il peso, quasi il “dovere” percepito da Danilo di fare scelte diverse, che privilegiassero la possibilità di giocare al massimo livello possibile, o la necessità di “giustificarsi” in caso contrario, non è un episodio isolato nel panorama sportivo italiano, e nella sua cultura. Lorenzo Insigne, per esempio, si è recentemente trasferito a giocare nella lega calcistica statunitense, la Mls, con un contratto quadriennale da oltre 8 milioni di dollari a stagione. Ben più – in termini di durata e di ingaggio – di quanto fosse disponibile a mettere sul tavolo il Napoli. Si è sentito quasi in obbligo, però, di raccontare che “non è stata una scelta dettata dai soldi”, bensì dalla “fiducia nel progetto” e dal desiderio di “essere il primo italiano a vincere qui”. Come se cercare un posto in cui massimizzare il proprio appagamento economico – logica che tutti noi, lecitamente, ci sentiamo in diritto di perseguire nella nostra sfera professionale – sia una colpa, o un difetto. Come se lavorare nel mondo dell’intrattenimento sportivo comporti necessariamente un cambio di prospettive in questo senso.

 

 Ebbene, Gallinari ha deciso per tutta la durata della sua carriera Nba di privilegiare l’aspetto economico, piuttosto che la possibilità di vincere un titolo. E anche a causa di una tale gerarchia di priorità, ha compiuto scelte molto gratificanti a livello contrattuale, ma decisamente meno a livello competitivo. Prendendo parte solo a 48 partite di playoff e attirando un’infinità di critiche da questa sponda dell’Oceano. Eppure è una scelta, la sua, che tanti altri giocatori Nba, anzi la stragrande maggioranza ha dimostrato di condividere, perlomeno fino al crepuscolo della carriera. Fino al momento in cui, tendenzialmente, svanisce la possibilità di ottenere contratti importanti, e diventa comune la pratica del ring chasing, accettando il minimo salariale in squadre con buone chance di titolo.

 

Ed eccoci ai giorni nostri. Gallinari, prossimo a compiere 34 anni, si è ormai messo alle spalle i momenti migliori della sua carriera, come testimoniano gli acciacchi e il calo dal punto di vista fisico. Il momento per inseguire il suo primo titolo è giunto. A condizioni economiche tutt’altro che svantaggiose, a dire il vero, considerando che Danilo ha ottenuto più di 10 milioni di dollari (anziché 5, mediando con Hawks e Spurs) per la conclusione anticipata del suo precedente contratto, e che il prossimo sottoscritto con Boston gli porterà 6.5 milioni per il 2022/23, con opzione anche per la stagione successiva. Il Gallo, in ogni caso, ha privilegiato l’offerta dei Celtics rispetto ad altre simili – quelle presunte dei Bulls e dei Timberwolves, per esempio – proprio per una questione di ambizioni. E così nei prossimi dodici (o ventiquattro) mesi, realisticamente all’ultima chiamata per riuscirci, Danilo avrà la prima vera occasione della sua carriera di giocare nelle Nba Finals, terra promessa in cui i Celtics puntano a tornare dopo la sconfitta del mese scorso.

 

 La squadra di Ime Udoka ha mostrato specifiche carenze strutturali in finale contro Golden State, tra cui in primis esperienza, giocatori in uscita dalla panchina con punti nelle mani e doti di playmaking. Su quest’ultima mancanza metterà una pezza Malcolm Brogdon, l’altro importante arrivo nell’estate dei bianco-verdi; quanto alle prime due, invece, il Gallo potrebbe rivelarsi una preziosa risorsa per i giovani Celtics di Jayson Tatum e Jaylen Brown. Che probabilmente non si saranno scordati dei 38 punti che aveva segnato proprio contro di loro un anno e mezzo fa, in quella che è stata la sua miglior prestazione dal 2015 ad oggi.

 

La capacità di Gallinari di alzarsi dalla panchina e garantire un contributo realizzativo è il motivo, nonostante una fase difensiva sempre più deficitaria, per cui Brad Stevens e soci lo hanno voluto fortemente. Coronando i flirt del predecessore Danny Ainge, che nel 2017 e nel 2020 era stato vicino a portare l’azzurro nel Massachusetts.

 

Gallinari sarà il secondo italiano di sempre, dopo Gigi Datome, a vestire la maglia dei Celtics. La cara vecchia numero 8, certo. E non potrebbe essere altrimenti, per un ragazzo venuto al mondo l’8/8/88, che sogna di festeggiare il suo 35esimo compleanno, l’estate prossima, con un anello al dito. Quell’anello che metterebbe tutti d’accordo: chi ha capito le sue scelte, e chi le ha criticate. Quell’anello che farebbe del suo canto del cigno, un trionfale canto del Gallo.
 

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