Il Foglio sportivo
Addio a Franco Casalini, la vera anima di Peterson
“Franco è il miglior vice allenatore d’Italia”, diceva di lui Dan Peterson sapendo che in realtà era molto di più di un secondo allenatore. Con l'Olimpia Milano ha vinto uno scudetto, una Coppa dei campioni e un'Intercontinentale
"Ehi Zap continua a scrivere che Casalini è il vero allenatore dell’Olimpia così io posso riposarmi”. Dan Peterson con quel suo accento che non ha mai voluto cambiare, mi accoglieva così quando andavo nella palestra secondaria del Palalido a vedere qualche allenamento dell’Olimpia Milano che si apprestava a spaccare il mondo con Meneghin, D’Antoni e McAdoo, tre che insieme non vedremo mai più. Franco Casalini ci ha lasciato per sempre l’altra sera, tradito a 70 anni da un cuore che non aveva curato abbastanza anche se gli amici guardavano con sospetto quel suo bisogno di fermarsi a prendere fiato dopo pochi passi.
“Franco è il miglior vice allenatore d’Italia”, diceva di lui Dan Peterson sapendo che in realtà era molto di più di un secondo allenatore. Franco dava consigli, studiava schemi, parlava con i giocatori, allenava quando il coach si limitava a dire tre cose, disegnare due cartelloni e sedersi a guardare. Dan Peterson ha ricordato come lo aiutò studiando una difesa alternativa alla mitica 1-3-1 e come quella difesa chiamata Pivot rese quasi impenetrabile l’Olimpia in quella stagione.
Franco era così dentro quell’Olimpia che quando Peterson decise, con la scelta più folle della sua vita, di prepensionarsi a 50 anni, la società con Toni Cappellari in testa decise di affidargli la squadra. Una scelta logica che non farebbero in tanti. Chi avrebbe il coraggio di affidare la squadra fino ieri allenata da un santone della panchina a un suo vice? L’Olimpia non ebbe dubbi e con Casalini tra il 1987 e il 1989 arrivarono una Coppa dei Campioni (l’ultima vinta da Milano), una Coppa Intercontinentale e uno scudetto nell’epica finale contro Livorno.
Casalini, come ha ricordato uno dei suoi primi allenatori alla Canottieri, poi diventato un maestro di giornalismo come Oscar Eleni, era nato per allenare: “Era un allenatore nell’anima”. Ha cominciato nelle piccole grandi società che hanno fatto grande il basket a Milano, dalla Canottieri alla Social Osa fino ad arrivare alle giovanili dell’Olimpia dove nell’epoca di Cesare Rubini ha vinto quattro scudettini. Amava il basket, amava l’Olimpia che ha continuato a seguire una volta alzatosi dalla panchina (dopo le avventure a Forlì, a Roma e in Svizzera dove ha vinto due coppe) come commentatore televisivo. Competente, puntuale, colto, ironico e sempre curioso. Studiava e si preparava anche quando doveva sedersi accanto a un telecronista, esattamente come faceva quando si sedeva accanto a Dan Peterson.
Franco Casalini aveva saputo vivere lo sport ad alto livello, quello della 25esima squadra della Nba quale era l’Olimpia di quei tempi, con lo spirito di un teenager, con le “casalinate” come le chiamava Meneghin che contribuivano ad alleggerire l’ambiente e a costruire imprese leggendarie come la rimonta contro l’Aris che portò alla prima Coppa dei campioni dell’era Peterson. Casalini non era solo il braccio armato di Peterson per scrivere schemi e inventare difese. Era anche un disinnescatore di tensioni all’interno dello spogliatoio. Nel suo piccolo, ma preziosissimo libro “E via… verso una nuova avventura!” (pubblicato da Indiscreto, da cui è tratta la foto a fianco) racconta mille aneddoti, mille storie che fanno capire perché quell’Olimpia sia diventata una squadra imbattibile. Con un avvertimento, Franco non si volle prendere meriti neppure scrivendo quel diario, li lasciò tutti al suo capo allenatore e ai tre giganti che hanno accompagnato la sua vita Dino, Mike e Bob. Meneghin, D’Antoni e McAdoo tre persone che per quell’Olimpia si sarebbero gettate nel fuoco.
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