Il foglio sportivo
“La Serie A sta bene, ma deve pensare al futuro”, ci dice il presidente della Lega
I piani di Casini: “I fondi devono investire per costruire e lasciare una legacy. Ecco come possiamo aumentare il valore della Serie A all’estero”
La Serie A è pronta a ripartire. Poco più di 80 giorni dopo la festa scudetto del Milan i motori sono già accesi per la stagione più pazza e frammentata di sempre, causa mondiale in Qatar che purtroppo vivremo solo da spettatori. Dal 13 novembre al 4 gennaio ne dovremo fare a meno, una pausa mai vista prima che fortunatamente non riempiremo con un torneo tra scartati come aveva proposto qualcuno. Lorenzo Casini, presidente della Lega Serie A da marzo è alla sua prima vigilia. Tocca a lui raccontarci come sta il calcio italiano a una settimana dal via del campionato. “Sta bene. Le squadre mi pare si siano tutte rafforzate e c’è anche molto entusiasmo, probabilmente dovuto anche alla vicinanza tra la fine del campionato scorso e questo nuovo inizio”.
E dal punto di vista finanziario?
“Le squadre stanno lentamente uscendo dagli effetti della pandemia, quando gli introiti si sono sensibilmente ridotti. Mi limito a ricordare che il Parlamento, per aiutare le società sportive, ha sospeso i loro versamenti tributari fino a novembre, per cui bisognerà ora trovare soluzioni graduali. Rimane comunque alto l’interesse degli investitori”.
È un calcio italiano che piace molto agli investitori stranieri che stanno portando ossigeno dal punto di vista economico. Crede che anche dal punto di vista della passione possano darci qualcosa o che il business prevalga su tutto?
“Se guardiamo a proprietà straniere come Bologna, Fiorentina, Spezia, o anche la Roma, per citarne alcune, si vede una grande passione con investimenti importanti, anche in infrastrutture. Se i proprietari sono fondi d’investimento, vi è sempre e deve esservi innanzitutto una attenta valutazione sulla redditività economico finanziaria”.
L’essenziale, come ha ricordato in un’intervista al Financial Times, è che non si tratti di investimenti toccata e fuga.
“L’importante è che non si veda la Serie A come oggetto di speculazione, con un fondo che arriva, resta solo due-tre anni compravendendo giocatori con la speranza di vincere un titolo e poi rivende. L’ideale sarebbe avere investimenti diretti a migliorare il livello complessivo della Serie A, potenziando le infrastrutture, i vivai e il calcio femminile, costruendo una legacy”.
Tra l’altro alle porte della Serie A ci sono due proprietà ricchissime come quelle di Palermo e Como, sulla carta i club con i proprietari più ricchi d’Italia.
“La crescita della Serie B sta aiutando tutto il movimento. Una Serie B competitiva, con piazze importanti come Bari, Cagliari, Genoa, Palermo, Parma, Venezia, ma non solo, favorisce anche lo sviluppo della Serie A. E vedere il Como che ha portato in Italia Fabregas, inseguito per tanti anni da diverse squadre di A, è un bel segnale…”.
Insomma, non è un calcio italiano da riformare come dice qualcuno?
“Nel calcio, come nella politica, le riforme sono sempre all’ordine del giorno. Basta ricordare come nacque il campionato a girone unico: ci vollero anni per attuare la prima proposta di Pozzo. Vi sono cambiamenti che sarà importante discutere tutti insieme con la Federazione. Di sicuro c’è la necessità di migliorare la percezione che l’opinione pubblica ha del calcio, soprattutto di quello di Serie A, e di ricucire in modo virtuoso tutta la filiera dai giovanissimi fino al professionismo, perché oggi vi è come una cesura che non aiuta la crescita, anche culturale, di tutto il movimento”.
Guardando i campionati esteri che hanno più valore economico della Serie A, come Inghilterra, Germania e Spagna c’è qualche esempio da seguire, qualcosa che si possa riproporre anche da noi?
“Un primo spunto che abbiamo preso, in parte anche migliorandolo, dalla Premier League è la certezza nel pubblicare le date delle giornate. Da tutte e tre le Leghe quello che la Serie A dovrebbe riprendere è una maggior attenzione verso gli aspetti sociali, i giovani, la scuola. Molte società già lo fanno, ma dobbiamo ancora crescere da questo punto di vista, quando le altre Leghe europee sono molto più avanti su questo. Sono perciò molto felice del protocollo di intesa che mercoledì scorso ho firmato con il Ministro Bianchi e la Sottosegretaria Vezzali, per sviluppare progetti nelle scuole”.
A proposito di date c’è che dice che la Serie A ha esagerato un po’ nell’allungare la pausa Mondiale. Si riprenderà a gennaio quando gli altri saranno già in campo da settimane.
“Premier, Liga e Ligue 1 ricominceranno tra il 26 e il 29 dicembre, noi il 4 gennaio. Abbiamo mantenuto la tradizionale pausa post-natalizia”.
Come si può aumentare il valore della Serie A all’estero?
“Vi sono tre fattori da considerare. Primo, la novità normativa sulla commercializzazione dei diritti AV all’estero, chiesta da molti anni e che è stata finalmente approvata grazie al Governo e al Parlamento. Ora non ci sono più paletti, né di durata, né di procedure”.
Uno. E poi?
“Secondo, la Serie A deve migliorare le infrastrutture, che contribuiscono anche a rendere migliore il prodotto venduto all’estero. Il terzo fattore, che va approfondito ed è molto delicato, è quello dei cosiddetti diritti d’archivio: il valore della Serie A nel mondo è molto legato anche alla sua storia”.
Prenda l’esempio della Formula 1 che negli Usa nessuno si filava. Grazie a un prodotto di Netflix e al lavoro sui social la sua popolarità in America è esplosa e ora vi correranno tre gare. La Serie A non potrebbe fare qualcosa di simile?
“È un qualcosa a cui si sta lavorando, sulla scia di quello che ha fatto anche la Liga. La Serie A può, anzi deve farlo, perché la sua tradizione e la sua storia sono forse le più importanti del panorama calcistico europeo, se non mondiale”.
Oggi però la Serie A è diventata un campionato di transito. Arrivano giovani, li formiamo e poi ce li rubano campionati più ricchi.
“Il tema economico esiste. Non è più la Serie A degli anni Novanta. In quel periodo non si è investito abbastanza in infrastrutture, come hanno fatto altre leghe, e ora ne paghiamo le conseguenze. Per fortuna però le società stanno trovando altre strade, come quella dei giocatori svincolati, per esempio, o dei prestiti, che ci permettono di poter aver campioni da tutto il mondo. E comunque non scordiamoci che vivere in Italia è in cima alle liste delle preferenze e anche questo può attirare grandi campioni”.
Ma veniamo davvero da dieci anni di pessima gestione della Lega come ha detto Urbano Cairo?
“Io ho inteso le sue parole, come quelle di altri Presidenti, come sprone per lavorare sodo tutti insieme. La Lega ha sempre avuto una struttura molto esile. La Liga ha otto-nove volte il numero di dipendenti che ha la Serie A. Quindi sia per ragioni storiche, sia per il ruolo guida di determinate squadre, la nostra Lega non ha mai forse esercitato a pieno il ruolo che potrebbe svolgere. Negli ultimi anni, la necessità di una Lega più strutturata si avverte perché il mondo del calcio è cambiato, vi sono nuove esigenze, commerciali e non, e occorrono anche nuove relazioni con le istituzioni”.
Intanto state sempre pensando a una vostra televisione e adesso anche a una vostra radio.
“Il progetto rientra in quello di creare una media company, già deliberato un anno e mezzo fa. L’idea è attribuire tutta una serie di attività oggi svolte dalla Lega a un soggetto controllato dalla Lega stessa, ma con una struttura più snella e più efficiente”.
La Lega può essere d’aiuto per migliorare le infrastrutture e snellire le procedure per gli stadi?
“Sì. La Lega può aiutare le società nei rapporti con le istituzioni e con il Governo. Può dare una mano importante e le stesse squadre se ne stanno rendendo conto. Ringrazio la sottosegretaria Vezzali per aver creato una cabina di regia a questo scopo. Per i nuovi stadi non c’è un reale problema economico, perché sono spesso investimenti che assicurano un ritorno, ma se poi chi investe non ha certezze sui tempi del procedimento, allora sì che diventa un problema”.
Si riesce a non far litigare i presidenti?
“Vi sono litigi come in tutte le famiglie. Vale sempre il celebre incipit di Anna Karenina qui. E poi non è che in università abbia visto meno conflitti. Sicuramente le dinamiche sportive e del campo talvolta si ripresentano in assemblea, ma devo dire che per ora io ho trovato solo società che, con i loro presidenti, esprimono alcune tra le realtà industriali più importanti del Paese”.
Davvero in Lega sono pronti a fare sistema?
“Sì. E su questo anche la pandemia ha aiutato. L’abbiamo potuto constatare in altri settori, come nello spettacolo e nel cinema, dove sono state adottate misure che venivano chieste da decenni, come quelle sulla tutela dei lavoratori. Anche nel calcio vi è la consapevolezza che, per recuperare davvero terreno, bisogna lavorare tutti nella stessa direzione”.
Anche con la Federazione i contrasti sembrano diminuiti.
“Una Lega più compatta e una Serie A più forte sono un beneficio per tutto il sistema calcio, non solo per l’aspetto economico finanziario, e direi per l’intero Paese. E poi Federazione e Lega hanno gli stessi interessi, come il tifo per le nazionali”.
Quindi quando la nazionale chiederà più spazio la Lega non si tirerà indietro come in passato?
“Lo stage della Nazionale durante la pausa per i Mondiali è stato proposto dalla Lega all’indomani della mancata qualificazione, come segnale di collaborazione e di ripartenza”.
La coppa Italia nella scorsa stagione molto valorizzata da Mediaset ha fatto grandi risultati in tv. è una formula che vi convince o va ripensata per il prossimo triennio?
“Quest’anno manterrà la stessa formula, ma per il futuro non escludiamo nuove soluzioni. Alcuni pensano a una final four. L’Assemblea valuterà”.
Che cosa si augura dal campionato che sta per partire?
“Una competitività come quella dell’anno scorso, perché in termini di passione e di interesse anche a livello internazionale aiuta la crescita della Serie A. Mi auguro un campionato molto combattuto per lo scudetto, le coppe, la salvezza. Ma spero anche in un buon andamento in Europa come è stato per la vittoria della Roma in Conference League l’anno scorso”.
Ma prima di diventare presidente della Lega Lorenzo Casini era tifoso della…
“Il tifo l’ho sospeso. Ci pensano i miei figli Giulio e Valeria. Io ora tengo per tutta la Serie A”.