Serie A
Atalanta-Milan. I modelli nel calcio non esistono
In questi anni bergamaschi e i rossoneri sono stati indicati come i club da seguire per costruire un progetto più o meno vincente. Eppure nel momento in cui ci si accorge di loro e ci s'illude di poterli replicare, la strada è già sbagliata. Ieri è finita 1-1
“Non ce la porteremo dietro tutto l'anno questa... questa... questa reazione allo scudetto”. Apparso in diretta su Dazn mezz'ora dopo il fischio finale di Atalanta-Milan, Sandro Tonali ha avuto una piccola esitazione nella scelta della parola esatta per definire il pareggiotto bergamasco e più in generale quest'avvio di stagione molto svolazzante, forse troppo svolazzante. Le grandi speranze del popolo milanista causano l'amaro in bocca pure per un 1-1 in trasferta con le tende costantemente piantate nell'accampamento avversario, là dove non troppi anni fa De Roon e Freuler come Scilla e Cariddi rendevano impossibile persino superare il centrocampo. L'Atalanta indietro tutta, lontana dalle bollicine del passato, più pragmatica e realista a cominciare da Gasperini, c'impone una riflessione sul tempo che passa anche per la Dea, una società rigogliosa economicamente ma un po' seduta nelle ambizioni, che deve fare i conti con un venticello di rassegnazione che soffia innaturale già a Ferragosto, come se la piazza di Bergamo pensasse che la Champions vita natural durante sia un diritto acquisito. È la pancia piena del tifoso, che ragiona d'istinto e pesta i piedi evocando lo sfascio a ogni passetto falso; è la pancia piena del calciatore fresco di gloria, che ama cullarsi su un'estate infinita manco fossimo in una canzone di Jovanotti, e così si distrae un'altra volta e stavolta lascia cinque metri al miglior tiratore avversario.
Qual era dunque la parola che il Grillo Parlante Tonali ha inseguito e non raggiunto, o forse solo pensato? Leggerezza? Pigrizia? Deconcentrazione? Tutte cose che avevamo intravisto già nell'esordio con l'Udinese, tutte cose normali a cavallo di Ferragosto, per di più contro due squadre toste e collaudate (tra i ventidue titolari di Udinese e Atalanta in campo c'era un solo nuovo acquisto) invece di alcuni soffici cuscinetti toccati in sorte alle altre. Però Tonali ci teneva a sottolineare il concetto con tono serio, come s'ha da fare per un milanista di provata fede come lui, in bilico tra l'orgoglio per quanto fatto fino a maggio e la consapevolezza, talvolta schiacciante, che giocare nel Milan vuol dire non potersi mai accontentare. È un concetto evidentemente alieno a molti dei suoi compagni che fino a primavera non avevano vinto un beneamato, a cominciare da un Rafa Leao che specialmente in fase difensiva si è esibito in versione nuovamente lampeggiante (e senza Kessié gli spazi scoperti sono più scoperti). Proseguendo con le metafore estive, l'abitudine a non accontentarsi e la fissa del perfezionismo sono i due grandi scogli da conquistare per svestire i panni della squadra one-shot e invece aprire un ciclo, come molti allenatori hanno iniziato a profetizzare da tempo, non senza doppi fini iettatori. Lo ha detto anche Gasperini, che ha incoronato il Milan come “nuovo modello” nella stessa conferenza stampa in cui scaricava Malinovskyi con toni piuttosto indicativi che il ciclo è finito, 24 ore prima che questi gli rispondesse sul campo smentendo ancora una volta certe sue prese di posizione un po' troppo rancorose.
I modelli nel calcio non esistono: nel momento in cui ci si accorge di loro e ci s'illude di poterli replicare, la strada è già sbagliata. È esistita un'epoca in cui al Milan (e non solo al Milan) veniva consigliato di “fare come l'Atalanta”, nella totale ignoranza di ambienti, personalità, qualità peculiari diverse da squadra a squadra, da città a città. Il Milan è forte, è in espansione, ha un futuro ma anche un presente che però, se non regolarmente innaffiato, fa presto a diventare passato. Compirà il passo decisivo quando confesserà a sé stesso di essere la favorita, a cominciare da Pioli, con tutti i carichi di pressione che questa condizione comporta; quando farà propria la mentalità cannibalesca che per esempio ha portato la Juventus a sbranare nove campionati di fila. Alcuni già la possiedono – il magnifico pavone Theo Hernandez, lo stesso Tonali, l'elettrico Bennacer che non sfigurerebbe nella rosa del Manchester City – mentre altri faranno più fatica e sono destinati a essere rimpiazzati da pedine più valide di loro sotto tutti i punti di vista. È la legge del calcio, quella in base alla quale nel 2003 un Milan freschissimo campione d'Europa pensò bene di aggiungere all'organico un certo Kakà a mordere le caviglie a Rui Costa e Rivaldo. A questo proposito, forse Pioli avrebbe potuto assecondare il vento del cambiamento: anche se non hanno fatto cose eccezionali, il semplice ingresso di De Ketelaere e Origi ha prodotto nel Milan una scossa salutare e necessaria per non far sembrare il 2022-23 un banale proseguimento del 2021-22, la stessa scossa (di nome Kvaratskhelia) che ha riacceso l'entusiasmo di Napoli e sta facendo sentire alla Roma di essere da scudetto. Qualcosa mi dice che già sabato sera, contro il Bologna, De Ketelaere partirà titolare.
Come moltissime partite estive, Atalanta-Milan è girata sui dettagli, non tutti sfavorevoli ai campioni d'Italia (vedi la carambola con la bandierina del corner da cui è partito il gol di Bennacer). In tutti gli altri casi al Milan è mancata la cattiveria per girare a proprio favore quei dettagli, se è il caso anche a tempo scaduto, lasciando che rimanessero semplici rimpianti: se il dribbling di Origi, se il cross di Saelemaekers, se l'ultima punizione di Florenzi... La compattezza e la lucidità sotto porta torneranno, insieme a un undici titolare più chiaro. Al momento la questione più urgente è trovare uno spirito diverso, più maturo, come lo studente che dopo un'estate meravigliosa in cui si è finalmente goduto i suoi diciott'anni fa un pochino di fatica a iniziare la quinta liceo. Come ogni cosa nella vita, è questione di stimoli: è molto probabile che il Milan abbandonerà parecchie delle proprie indolenze già da giovedì pomeriggio, quando a Istanbul vivrà la botta di adrenalina di un sorteggio di Champions League da trascorrere in prima fila e in prima fascia.