Vuelta 2022. Marc Soler e l'abbandono della logica
A Bilbao vince lo spagnolo della UAE. E in un modo molto simile alle altre (poche per la verità) volte, ossia sfidando il calcolo delle probabilità e fregandosene di cosa sarebbe meglio fare in corsa
Mica semplice gestire il talento in bicicletta. È distribuito in modo diseguale, ci si può far niente, e anche dove ce ne è parecchio, a volte, è complicato farlo uscire, almeno in modo debordante come ci si aspetterebbe. Perché questo accada è parecchio complicato da spiegare, perché ha a che fare con talmente tante variabile che a elencarle tutte e a dare il giusto peso a tutte si farebbe notte e renderebbe queste righe ancor più noiose di quello che, bontà loro, sono.
Questi anni ci hanno insegnato che di talento in gruppo ce ne è parecchio (ma vale da sempre questo insegnamento, solo che la prossimità temporale amplifica tutto) e che molti corridori riescono a metterlo sulle strade in modo debordante in modo parecchio continuativo. Questi anni ci hanno però anche insegnato che quando non è debordante, il talento può essere roboante. E tutto ciò risulta parecchio evidente quando Marc Soler Gimènez, per brevità Marc Soler soltanto, decide di pedalare come mamma (e papà) l’hanno fatto, senza pensare a quello che può perdere, ma focalizzandosi solo su quello che può guadagnare.
C’è stato un momento che chi gestiva dall’ammiraglia Marc Soler s’era convinto che fosse un corridore d’alta classifica, uno che poteva stare tra i primi di una corsa a tappe, e poi chissà, magari pure qualcosa di più. D’altra parte è facile avere questa idea quando ci si ritrova in squadra un corridore che va forte, parecchio forte, in salita e se la cava niente male pure a cronometro. Era convincente tutto questo e un po’ c’aveva iniziato a convincersi pure lui. Solo che per concorrere per le altissime posizioni di classifica in una corsa a tappe di tre settimane serve non pensare a quello che si può perdere, o meglio, darci il giusto peso. Marc Soler ci pensava un po’ troppo, e soprattutto, a pensarci un po’ troppo, finiva per ritrovarsi lontano da quello che invece era il suo habitat naturale, ossia tra coloro che hanno in testa solo quello che possono guadagnare, gli avanguardisti di giornata, quelli che fuggono.
È uno che deve fuggire Marc Soler, lo deve fare perché altrimenti si mette a pensare e pensando si aggroviglia nei pensieri e non ne esce più. È uno che deve fuggire soprattutto perché il suo talento è un po’ strano, ha bisogno di viaggiare sulle basse possibilità di riuscita per emergere, che altrimenti che gusto c’è.
Anche perché la fuga ha logiche diverse da quelle del gruppo, ha logiche proprie, molto spesso basate sull’azzardo, che altro non è che la sospensione della logica e l’abbandono alla speranza che Dio la mandi buona, per una volta. E Marc Soler è uno che crede più al sentimento di un momento che alla logica del lungo periodo, come alla Vuelta a España del 2019, nona tappa, quando mandò a quel paese il suo direttore sportivo a favor di telecamere perché sentiva la gamba buona e voleva staccar tutti nonostante fosse lì per aiutare i suoi due capitani, Alejandro Valverde e Nairo Quintana. Non è più quel corridore, ora sorride di più e ha imparato che certe cose non si fanno, o almeno in pubblico.
In una cosa però non è cambiato, se sente la gamba buona deve attaccare, non importa se nel farlo va contro la logica. Oggi, quinta tappa della Vuelta a España 2022, si è accorto che le gambe giravano bene quando la fuga era già andata. Poco male, s’è detto, e l’ha inseguita da solo. Poi s’è messo ad attaccare da lontano, è stato ripreso e poi staccato. Ma non troppo, perché è bastata un’attesa di troppo dei fuggitivi più in palla perché tornasse sotto. Logica avrebbe voluto che si dovesse accodare, tirare un po’ il fiato, evitare di strafare. Soler non ha fatto niente di questo. Ha attaccato, perché “a volte se sei sfinito tu, lo sono anche gli altri e allora tanto vale rimanere da solo”. L’aveva detto dopo aver vinto la terza tappa del Giro di Romandia del 2021 con un attacco con pochissima logica a poco meno di nove chilometri dall’arrivo. Parole che poteva tranquillamente riutilizzare oggi. Con Marc Soler va spesso a finire così.
Era da un po' che non vinceva Marc Soler, quasi un anno e mezzo (proprio quella al Romandia), ha mai vinto troppo, ma l'ha sempre fatto a modo suo, stupendo gli altri e forse anche se stesso, come oggi, quando in quei quindici chilometri di assolo davanti a tutti, si è girato parecchie volte e per parecchie volte ha visto gli avversari lì pronti a rientrare, ma mai davvero così vicini da rientrare davvero. Buon per lui e per la Spagna. Era da un po' che non vincevano anche gli spagnoli in una corsa a tappe di tre settimane: sono passati quasi due anni dalla vittoria di Ion Izaguirre ad Aramon-Formigal, sesta tappa della Vuelta 2020.
P.s. Con l'arrivo della fuga, quella regolata ben prima dello sprint da Marc Soler, è cambiata anche la maglia rossa: ora in testa la classifica c'è Rudy Molard con due secondi su Fred Wright.