Adieu Europeo
L'Italia di Pozzecco va insegnata nelle scuole di basket
Gli Azzurri accarezzano il sogno, buttano via una partita vinta e si consegnano alla Francia ai supplementari. Ma tutti adesso conoscono la pallacanestro più corale d’Europa: farne tesoro
Era tutto perfetto. A tal punto che, valle a capire le vie dell’inconscio, gli Azzurri sul parquet hanno avuto perfino il tempo di rendersene conto. E lì forse la palla ha iniziato a scottare un po’. Francia mai doma. Incubo dalla lunetta. Supplizio al supplementare. Se ne potrebbero dire – e se ne diranno – mille sull’Italbasket che esce a testa altissima dall’Europeo. Che avrebbe meritato di vincere, eccetera.
La realtà dura e cruda è che come alle scorse Olimpiadi, in semifinale ci vanno i transalpini. In che modo, a loro gliene fregherà poco. Ma se il c.t. del calcio Deschamps è soprannominato “Didì la chance”, generale fortunato e campione del mondo, chissà a Parigi da domani come chiameranno monsieur Vincent Collet, coach di pallacanestro: sfangarla una volta per un doppio errore altrui ai tiri liberi a tempo scaduto – agli ottavi, contro la Turchia – è nell’ordine delle statistiche, farlo di nuovo – grazie e grazie comunque, Simone Fontecchio – significa che la sua gigantesca Francia incute un certo timore.
E gode di altrettanto culo, che ci vuole anche quello. Anche perché davvero la Nazionale di Gianmarco Pozzecco ha impartito una profonda lezione a Gobert e compagni. Altri favoritissimi sulla carta, che per poco non facevano la triste fine di Jokic. Stesso andazzo: partenza a mille, terzo quarto da incubo, finale che gli Azzurri (avanti di 7 al 38’) hanno avuto il solo demerito di non saper ammazzare. Se nelle palestre di minibasket dovessero mostrare come si gioca, i video sarebbero tutti su quest’Italia. Capolavoro di affiatamento di squadra. Esempio di senso tattico, propensione all’asfissiante difesa e al sacrificio – 18 palle perse procurate ai piacioni in canotta bianca. Consapevole di non avere centimetri sotto canestro e di trasformare il vizio in virtù.
Consapevole di non disporre di un fuoriclasse mondiale che risolve problemi da solo – anche se Melli e Fontecchio si avvicinano molto –, e quindi capace di distribuire responsabilità. Ora tutta Europa conosce l’estro di Marco Spissu. La fondamentale regia silenziosa di Alessandro Pajola. La prontezza di Giampaolo Ricci. In questo torneo nessun’altra formazione ha fatto vedere una pallacanestro tanto corale, tanto priva di punti di riferimento. Così la Francia argento olimpico è stata costretta a giocare male, come la Serbia domenica. L’hanno salvata una pioggia di triple nel primo tempo e a lungo andare la stazza di Gobert. Ma soprattutto le meravigliose parabole di Thomas Heurtel, veri archi di trionfo mano-retina. Per il resto, Collet del piano partita di Pozzecco c’ha capito poco. Ma si sa, ciò che non uccide fortifica. E dopo due maratone del genere, i transalpini sono davvero la squadra da battere di Eurobasket.
Torniamo al Poz. Tutto il continente, e anche un po’ di più, ora conosce anche lui. La sua euforia, il suo essere sopra le righe – pure oggi, immancabile fallo tecnico in un momento cruciale –, la sua convinta delega dei ruoli: da Polonara a Biligha, tutti sanno dove e come stare in campo senza bisogna che glielo ripeta il coach. I suoi time-out sono pura motivazione, schemi che disegnerebbe anche un bambino. Ma non saprebbe spiegare davvero nemmeno il miglior stratega. Lui lo fa con le urla, le sbracciate, il contatto fisico. Scioglie in un abbraccio la follia: l’ultimo, interminabile, mentre scorrono gli ultimi secondi di supplementari, insieme a un esausto Nicolò Melli. “Noi abbiamo il dovere che vedendoci giocare, 15 bambini in più comincino a giocare a basket”, ci diceva Pozzecco all’alba della spedizione. Ecco: date le premesse, quest’Italia ha vinto tutto. Dignità nella sconfitta inclusa.
Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA