gran calma #7
La Serie A è un atto di cinismo
Napoli e Atalanta hanno battuto Milan e Roma e ora guidano in coppia il campionato italiano. Gli altri si aggrappano ai se, che però non fanno punti. Le convocazioni di Mancini per la Nations League? C'è parecchia confusione in Azzurro
I risultati della 7a giornata di Serie A
Udinese-Inter 3-1 5′ Barella (I), 22′ aut. Škriniar, 85′ Bijol, 93′ Arslan
Cremonese-Lazio 0-4 7′, 21′ rig. Immobile, 45′ +2 S. Milinković-Savić, 79′ Pedro
Fiorentina-Verona 2-0 13′ Ikoné, 90′ N. González
Monza-Juventus 1-0 74′ Gytkjær
Roma-Atalanta 0-1 35′ Scalvini
Milan-Napoli 1-2 55′ rig. Politano, 69′ Giroud (M), 78′ Simeone
Salernitana-Lecce 1-2 43′ Ceesay, 55′ aut. J. González (S), 83′ Strefezza
Bologna-Empoli 0-1 75′ Bandinelli
Spezia-Sampdoria 2-1 11′ Sabiri (SA), 12′ aut. Murillo, 72′ Nzola
Torino-Sassuolo 0-1 93′ Álvarez
La classifica della Serie A dopo la 7a giornata
Napoli e Atalanta 17; Udinese 16; Lazio e Milan 14; Roma 13; Inter 12; Juventus e Torino 10; Fiorentina e Sassuolo 9; Spezia 8; Salernitana e Empoli 7; Lecce e Bologna 6; Verona 5; Monza 4; Cremonese e Sampdoria 2
Perché il campionato manda segnali di continuità, ma ogni volta è la prova del nove
I tre scontri diretti fra le prime sei squadre in classifica hanno dato risposte leggibili in modo univoco. Il Milan – che si scopre Leão-dipendente – non meritava di perdere, il Napoli (chirurgico) forse non meritava di vincere: anche se niente ha rubato. Come a San Siro, anche all’Olimpico ha prevalso il team più cinico: un’Atalanta ai limiti del catenaccio sfrutta il solo tiro di Scalvini – un Briegel più tecnico – e sostituisce a metà partita i due protagonisti del gol. Così ha fatto Pioli con Kjaer, e pure Inzaghi a Udine coi due ammoniti: con buona pace dei procuratori, se questo mal vezzo prende piede è capace di rivoluzionare il calcio. Ambizione che non ha l’Udinese di Sottil, la quale sa prescindere anche da Beto: Pereyra largo ha ancora birra, Lovrić è azzeccato, se Bijol avrà continuità fisica sarà difficile schiodarla dalla parte sinistra della classifica. Se le traverse e Meret, se Abraham e i contropiede, se i rimpalli e gli autogol... ma i punti non si fanno con i se. Quindi gran calma, e chi ha perso riparte, non da zero.
Perché la Juve vivrà una settimana di passione, ma nessuno parla di Izzo
A meno di una settimana dal voto, il tifoso juventino si sente un po’ Enrico Letta, un po’ Calenda, un po’ Salvini. Insomma, tutti quelli che – anche dovessero andare al governo – passano ormai il tempo a difendersi, a cercarsi, già presaghi di un futuro da comprimari. Allo stadio di Monza, l’ennesimo dal nome avveniristico e aziendale che i sostenitori non pronunceranno mai come familiare, solo il saggio Danilo si è mostrato credibile quale mediatore, multiruolo, allenatore in campo. Lui non accamperebbe alibi da assenza, quando bastano due mestieranti di B come Ciurria e Gytkjaer (finora posposti ai big names dal mercato) per prendersi la scena con schemi ripetuti fino al gol. Ora Palladino potrebbe anche rimanere in sella, mentre alla Juve piove sul bagnato. Gran calma, però: non lo dice nessuno, ma Izzo è crollato come un sacco vuoto ben due secondi dopo essere stato colpito da Di María. Forse non sarebbe cambiato niente, ma in undici chissà.
Perché le punte del Lecce e del Torino possono essere la rivincita di un altro calcio
I processi di cambiamento non hanno mai una precisa data di avvio. Ma forse questo è il campionato in cui i centravanti “che fanno salire la squadra”, spalle alla porta, amati dagli allenatori perché generosi, lasciano finalmente il passo a quelli ingaggiati perché sanno fare il loro mestiere: cioè segnare, o quanto meno costruire l’azione che porta al gol. Con caratteristiche differenti, pure opposte, il leccese Ceesay e il granata Sanabria simboleggiano questi aspetti: profondità, attacco della porta il primo, capacità di giocare coi piedi assieme ai trequartisti interscambiabili il secondo. Il Torino intriga per come ha scelto di sbarazzarsi di Belotti, anche se da quelle parti vivono storicamente come un difetto la tecnica prima della grinta. Eppure i tempi sono maturi per dire basta al predominio del fisico: ridateci barilotti baffuti anni Settanta, col piedino delizioso à la Palanca, come quel Bruno Petković che si è destreggiato nel fazzoletto del Milan passandola a Orsić per il gol della Dinamo Zagabria. Ci si potrà arrivare? Come sempre l’importante è cominciare a invertire la rotta, con gran calma, e fare in modo che ciò sia irreversibile.
Perché le convocazioni azzurre emanano confusione, quando il tempo in realtà stringe
Settimana di convocazioni, di Nations League, di amichevoli premondiali per coloro che in Qatar ci andranno. E noi a guardare le terze scelte del campionato. Fra le solite esclusioni polemiche, alcune più che giustificate – Calabria e Zaniolo le più clamorose – spicca la ricerca di portieri da inserire nel contesto: i bravi Vicario e Provedel sono solo gli ultimi del casting (Montipò la prossima chance?), “presso la rete inviolata, rimasti” direbbe Saba. Mancati rivali in azzurro, il capitano del Milan e il partenopeo Di Lorenzo non celano freddezza da campanella allo scambio dei gagliardetti. A San Siro in campo pure Zerbin, oggetto misterioso agli alti livelli e pure pupillo del ct (ricordate Grifo? Sedotto e abbandonato), come gli oriundi brasiliani in difesa e in soprannumero. Ricostruire dalle macerie necessita gran calma, sì, ma soprattutto avere le idee chiare: ascoltare gli spifferi e le ondate del campionato, o consolidare un nuovo gruppo modello Wembley, è la scelta preliminare che s’impone.
Perché se i giovani bravi sbucano dai settori giovanili devono poter giocare con continuità
Il 24 febbraio 2019 il Cagliari di Maran, a Genova, schierava inopinatamente dall’inizio il giovane Riccardo Doratiotto, fiore all’occhiello del suo settore giovanile. Pur disimpegnandosi egregiamente quel giorno, tre anni e mezzo dopo il ragazzo 23enne staziona al Città di Castello in Serie D. Sabato sera, a Torino, Dionisi ha stupito tutti assegnando una delle ali a Luca D'Andrea, sempre della Primavera e finora mai apparso nei radar: fioccano i 6.5 in pagella e con essi la speranza di restare nei paraggi della Serie A, come il portiere Turati lanciato un anno fa. Quanto sarebbe bello se questi rarae aves diventassero comuni e non più sorprendenti, se i vivai tornassero serbatoi per la prima squadra, come dovrebbero essere: ma oggi i calciatori rimangono poco a chi ne cura lo sviluppo, già sono richiesti dopo poche partite (Soppy dall’Udinese all’Atalanta, Kiwior nei taccuini della Roma e del West Ham) in ossequio al brutto verbo monetizzare. D’uopo sarebbe invocare gran calma, sia nell’esaltare questi fenomeni sia nello sbarazzarsene appena torna il titolare: con questi chiari di luna, il Galderisi appena maggiorenne, mattatore della primavera 1982 non avrebbe mai vinto lo scudetto col Verona.