Foto tratta dal profilo Twitter di @Backstedt_Zoe

Wollongong 2022

Le strade di Zoe Backstedt portano ovunque

Giovanni Battistuzzi

La ciclista inglese ha vinto la prova a cronometro, categoria Junior, del Mondiale di ciclismo su strada. Aveva vinto la maglia iridata anche nel ciclocross e in pista. "Colpa" del padre, Magnus Backstedt: alle mie figlie "dirò di non scegliere dove pedalare. Suggerirò loro di correre in bicicletta ovunque"

Fu alla fine della stagione 2001 che Magnus Backstedt, guardandosi attorno, capì che qualcosa stava cambiando nel ciclismo, che quello che per lui era sempre stato consueto non lo era più per gran parte del gruppo, che insomma si stava trasformando, parecchio anzitempo, in una sorta di dinosauro del ciclismo. Aveva 26 anni, non era un vecchio arnese del ciclismo, ma era come se lo fosse. In pochi anni parecchie cose erano cambiate, e che quello che aveva fatto lui da giovane, in Svezia, era ormai un’assoluta rarità. “Per me la bicicletta è sempre stato un mezzo per andare ovunque. C’erano mica superfici più o meno adatte, su di una bicicletta da corsa correvo sulle strade, in mezzo ai campi, ovunque. E ovunque mi divertivo. Era pedalare quello che volevo, del resto mi fregava niente”, disse al quotidiano danese Berlingske nel gennaio del 2002.

 

Pochi giorni prima, il Team Fakta aveva annunciato l’ingaggio dello svedese. Magnus Backstedt sottolineò che iniziava a esserci troppa specializzazione, che i più giovani ormai “venivano obbligati a scegliere una disciplina troppo presto” e che così si toglieva loro “la possibilità di capire che pedalare era bello ovunque. E fa bene correre ovunque, perché pista e sterrato ti insegnano a restare in piedi". Anticipò di parecchio i tempi, intuì prima di molti l'andazzo di questi ultimi anni. "A Elynor dirò di non scegliere dove pedalare, sempre se vorrà pedalare. Le suggerirò di correre in bicicletta ovunque le vada di farlo”.

 

Elynor era nata da nemmeno un mese. Tre anni dopo nacque anche Zoe.

 

È mai semplice rispettare le proprie buone intuizioni, convinzioni, quando si crescono i figli. Magnus Backstedt e Megan Hughes (anche lei ex ciclista professionista) c’hanno provato, ci sono riusciti.

  

Elynor e Zoe sono nate in Galles e in Galles hanno iniziato a pedalare. E a pedalare ovunque. Strade, sentieri, campi non faceva differenza. L’hanno fatto come fosse la cosa più naturale del mondo, come se al termine delle loro gambe e delle loro mani dovesse incominciare una bicicletta. Era socialità la bicicletta, per Zoe. “Ricordo di aver sempre visto biciclette a casa, in giro, sotto di me. Per mamma (Megan Hughes, anche lei ciclista) e papà era normale pedalare, lo è stato anche per me. Non sarei stata in grado di fare nulla senza mamma e papà che ci hanno fatto conoscere la bici, ci portavano alle gare, costruivano le mie biciclette, facevano tutto, senza mai però dirci che quello e non altro dovevamo fare”, raccontò Zoe Backstedt a Rouleur.

  

Elynor ha preferito concentrarsi sulla pista e sulla strada, Zoe non ha rinunciato a niente. E s’è presa tutto. Il 29 gennaio ha vinto i campionati mondiali di ciclocross, categoria Junior, a Fayetteville; il 27 agosto ha ottenuto l’oro ai mondiali su pista di Tel Aviv nella Madison (con Grace Lister), categoria Junior; oggi, martedì 20 settembre, ha conquistato la vittoria nella prova a cronometro dei Mondiali di ciclismo su strada a Wollongong, categoria Junior. Tra quattro giorni proverà a vincere anche quella in linea, cosa che le era già riuscita l’anno scorso nelle Fiandre.

  

“C’era parecchia gente che diceva che ero la favorita. Ho fatto in modo di mantenere tutte queste aspettative lontane da me. Io volevo solo vincere”, ha detto Zoe Backstedt, con tranquillissima semplicità. “Mi sono concretata su quello che dovevo fare: il riscaldamento in modo corretto, arrivare sulla linea di partenza in tempo, e partire dalla rampa di partenza”. Tutto bene, con un rammarico: “Sarebbe stato interessante, mi sarebbe piaciuto, se le élite avessero fatto lo stesso nostro percorso così da poter confrontare i tempi”.

   

Foto @BritishCycling 
       

Ricorda molto il papà in questo. Il giorno della vittoria alla Parigi-Roubaix, era il 2004, disse: “Non dovevo correre da leader, ma stavo bene, mi sentivo bene e Tafi e Baldato non troppo, hanno deciso di puntare su di me, mi hanno aiutato. Ho cercato di stare davanti, di non perdere le ruote dei migliori. È la corsa che amo più di ogni altra, non potevo perdere quell’occasione. Poi, una volta entrati nel velodromo sapevo che poteva capitare di tutto, bastava stare calmi e non sbagliare. Sono stato calmo e non ho sbagliato”. Anni dopo il ricordo di quel suo paradisiaco Inferno del nord si fece più intenso: “Ho sempre detto che vivevo per la Roubaix: se avessi dovuto scegliere una sola corsa all’anno da fare, sarebbe stata quella. Se avessi dovuto scegliere una sola corsa da vincere in tutta la carriera, sarebbe stata quella. Sognavo anche solo di pedalare la Roubaix. L’ho vinta”, raccontò a VeloNews.

 

Zoe Backstedt ha già vinto un Giro delle Fiandre Junior. Alla Roubaix non ci pensa, almeno per ora. Tra un po' chissà, diventerà difficile il richiamo. L'educazione ciclistica della famiglia Backstedt ha sino a ora funzionato a meraviglia. E Zoe e Elynor sono cresciute con addosso la magia della Roubaix.