Kipchoge stabilisce il record mondiale della maratona (ma si pensa solo alle scarpe)
Quanto incidono nelle nuove imprese dei maratoneti (ma in egual misura in quelle dei velocisti e, ancora di più, degli ostacolisti in pista) le nuove scarpe rialzate e basculanti? Abbastanza da far passare in secondo piano l'eccezionalità dell'atleta keniano
Tolti trenta secondi tondi tondi. Il record mondiale della maratona – sul tracciato di Berlino (che è il più veloce del mondo) e in condizioni meteo ideali – segna un altro sensibile progresso verso l’obiettivo che trasformerà i corridori moderni in marziani: attraversare 42,195 metri del pianeta terrestre in meno di due ore. Ma analizzando a mentre fredda il primato di 2h01’09” con cui il quasi trentottenne keniano Eliud Kipchoge domenica ha migliorato il suo precedente primato mondiale di 2h01’39” ottenuto sullo stesso percorso nel 2018 la domanda da porsi a mente fredda è questa: quanto incidono nelle nuove imprese dei maratoneti (ma in egual misura in quelle dei velocisti e, ancora di più, degli ostacolisti in pista) le nuove scarpe rialzate e basculanti?
Sulla valutazione si registrano pareri discordi: i produttori di scarpe, forse per un senso di pudore, minimizzano e per la maratona calcolano i vantaggi in una manciata di secondi. I tecnici più avveduti, tempi alla mano, ritengono che un maratoneta del calibro di Kipchoge possa essersi avvantaggiato di un paio di minuti con le nuove scarpe Nike Alphafly 2 (con cui Kipchoge aveva vinto anche l’oro olimpico di Tokyo 2021 in 2h02’40”) che sono un’ulteriore evoluzione delle Alphafly 1 con cui nel 2019 era sceso non ufficialmente sotto le due ore al Prater di Vienna e anche delle Vaporfly con aveva stabilito il precedente primato a Berlino nel 2018 e aveva sfiorato le due ore (sempre non ufficialmente) nel 2017 all’autodromo di Monza.
Sostenere che siano state le scarpe a mettere le ali ai piedi all’uomo che dal 2013 in poi ha vinto 15 delle 17 maratone disputate, passando da due ori olimpici, sarebbe però una ingiusta malizia perché Eliud Kipchoge (misure normali: 1,67 per 52 kg) è di per sé un marziano delle corse prolungate, capace già da junior di vincere il titolo mondiale di categoria nel cross e quello assoluto dei 5000 in pista a Parigi battendo in volata due fenomeni come ElGuerroj e Bekele. Praticamente imbattibile sui campi, in pista e su strada, Eliud è il più grande fenomeno della corsa moderna che solo in minima parte sta sfruttando le nuove scarpe per bruciare i tempi (l’età che avanza) e diventare il primo uomo a scendere sotto le due ore nella maratona.
Ci sarebbe potuto riuscire già domenica scorsa a Berlino se avesse mantenuto il ritmo con cui era passato in 28’23” ai 10 km (con cui sarebbe stato 18° nei 10.000 olimpici di Tokyo) e in 59’51” alla mezza (il passaggio intermedio più veloce di sempre). Al 35° era ancora in corsa per il primo sub-2 ore ma, complici la mancanza di avversari e un pizzico di stanchezza negli ultimi 6 km, ha corso la seconda parte più lenta di 1’27” e si è dovuto accontentare…del record mondiale. L’appuntamento è solo rimandato, ma non certo a Boston e New York che sono le uniche due Majors (equivalenti agli Slam del tennis) che mancano al suo albo d’oro ma hanno percorsi troppo accidentati. L’attacco avverrà l’anno prossimo ancora a Berlino o addirittura alla maratona olimpica di Parigi 2024 quando Eliud avrà quasi 40 anni.
Resta aperta la discussione sulle scarpe magiche che favoriscono anche la “tenuta” in allenamento e assorbono i danni muscolari ma non sono per tutti: per gli amatori non è facile “governarle” nelle curve, nelle discese e in caso di scatti improvvisi. A noi ricordano i famigerati costumoni del nuoto che rivoluzionarono le tabelle dei record fino a quando la federazione internazionale non fu costretta a metterli al bando. Ma nell’atletica non si può tornare indietro: non conviene a nessuno.
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