Preti e suore che giocano da dio

Il fotografo Stefano Guindani mette in mostra religiosi che praticano sport con i loro abiti: “Incontri intensissimi”

Umberto Zapelloni

Don Marco gioca a basket, suor Daniela palleggia come Maradona, suor Annika colpisce di tacco come Ibra, fra Claudio va in canoa, fra Iulian gioca a golf, don Daniele fa sci nautico, don Matteo è cintura nera di judo. Potremmo andare avanti cosi, riempiendo tutte queste righe. Perché di preti, frati, suore che fanno sport è piena l’Italia. Stefano Guindani ne ha fotografati una quarantina, li ha messi in un libro (Sagep Editori) e esposti alla rinnovata Leica Gallery di Milano. La serie si chiama “Mens sana in corpore sano” e ci fa tornare indietro nel tempo, quando dietro a un pallone correva padre Brown nella versione di Renato Rascel o più recentemente quando Nanni Moretti fa giocare a pallavolo i cardinali riuniti in conclave.

  

Guindani è abituato a fotografare la moda, a riprendere celebrità, a proporre auto da sogno collocate in un’Italia da sogno. La “vocazione” gli è venuta proprio mentre scattava una foto per il suo libro sulla Lamborghini: “Ero in vacanza a Santa Maria di Leuca quando ho visto un gruppo di suore che giocava a pallavolo, non avevo con me la macchina fotografica e, al momento, mi sono mangiato le mani dalla rabbia. Dopo mentre stavo scattando con il drone a Segesta c’erano due suore nell’inquadratura e quando mi so o avvicinato per chiedere se potevano spostarsi ho cominciato a chiacchierare e ho raccontato loro che mi era venuta l’idea di fotografare donne e uomini di fede mentre praticano sport. Una sorella del loro convento, prima di prendere i voti, giocava a calcio in Serie B: tutto ha preso inizio da lei”.

 

Un anno e mezzo di scatti, tra un inseguimento a uno squalo alle Maldive, decine di servizi di moda e di pubblicità. Con la sua Leica S2 e qualche volta con un drone, ha girato l’Italia per fotografare i religiosi e lo sport. “Partendo dalle suggestioni giacomelliane di inizio anni Sessanta, Stefano si imbarca in una missione ideologica volta a delineare un racconto visivo dei religiosi al giorno d’oggi. Il suo obiettivo è riuscire a sdoganare la figura, associata a liturgie e momenti di silenzio, dei consiglieri spirituali, svincolandoli da ogni preconcetto religioso e trasportandoli sul piano universale grazie alle discipline sportive”, scrive Denis Curti nella prefazione del libro.

 

“Suor Daniela, suor Francesca, suor Alessandra e suor Agnese sono quattro donne straordinarie. Hanno fondato un Ordine composto da loro quattro e l’hanno chiamato Sorelle del Piccolo Testamento di San Francesco. Vivono a Gubbio, a San Marziale, che è diventata la loro casa. Quello che doveva essere un semplice shooting con protagonista suor Daniela, ex calciatrice professionista, si è rivelato un incontro bellissimo e molto intenso. Non vedo l’ora di tornare a trovare queste suore incredibili e vi invito caldamente a dare una mano a queste sorelle che hanno votato la loro vita al servizio degli altri”, ha scritto sui suoi social Guindani che una volta avuta l’idea ha cominciato a raccogliere notizie. “Un amico istruttore di surf mi ha detto che aveva un prete tra i suoi allievi e avanti così. Quando sono andato a fotografare don Emanuele che tira con l’arco l’ho visto fare tre centri di fila. Poi ci ho provato io e non lo stesso risultato…”. Fanno sport sul serio.  

 

“Il calcio mi ha salvato dall’individualismo e dall’egoismo. È uno sport di squadra dove occorre passarsi la palla, non sei nessuno se non tieni al resto della tua formazione. Mi ha insegnato la possibilità di fare insieme”, racconta suor Daniela che fino a 19 anni ha giocato in Serie C a Favara, arrivando a sfiorare la convocazione in nazionale: “Eravamo allo stadio di Enna ed è arrivato il selezionatore, c’erano ragazze che giocavano in Serie A eppure noi della C, dal punto di vista tecnico, non avevamo nulla da invidiare. Sono stata scelta, ero pronta a giocare in Nazionale, ma poi ho capito che a partire da quel momento il gioco che tanto mi appassionava sarebbe diventato una professione, si cominciava a parlare di ingaggi e stipendi e io sentivo che dietro a una palla non ci poteva essere la pienezza della vita". Prima della Bartolini l’ha convocata Dio.

 

L’uomo copertina del libro è Don Marco Foschi che a Igea Marina in una giornata di pioggia ha indossato l’abito talare per farsi riprendere mentre andava a canestro. Don Marco gioca a basket, gioca a calcio, scia, nuota, porta i fedeli in montagna sulle Dolomiti o sull’Appennino. È un uomo di Dio, ma anche un uomo di sport. “Sono estremamente sportivo fin da ragazzino e ho capito che lo sport era una dimensione essenziale per lo sviluppo della personalità e del corpo. Sono sacerdote da 30 anni e ho sempre utilizzato lo sport come strumento primario, un po’ alla Don Bosco, per aggregare i ragazzi. Da un anno ho bloccato la strada davanti alla chiesa e lì facciamo delle partite come una volta con due porte di plastica e un canestrino con le rotelle…”. Don Marco organizza e gioca naturalmente. Ha partecipato anche ai campionati italiani di sci per sacerdoti. Se ne inventa una al giorno per la sua comunità che d’estate si moltiplica. Sport, ma anche Sante messe all’alba, Sante messe in spiaggia. “Lo sport vissuto come gioco, come libertà è uno strumento di aggregazione fantastico ed è bellissimo quando siamo in piazza a giocare veder passare un bambino e farlo unire a noi”. Racconta tutto con un entusiasmo coinvolgente. Come la sua parlata romagnola. D’altra parte, anche per Papa Francesco lo sport ha dei valori irrinunciabili: lealtà, impegno, sacrificio, inclusione, spirito di gruppo, ascesi e riscatto. Nelle foto di Guindani in fin dei conti c’è tutto questo.

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