L'Nba riparte. Piccola guida alla stagione 2022/23
Chi sono i favoriti all'Anello? Quali le possibili soprese? E i giocatori di tenere d'occhio? Inizia il massimo campionato di basket americano con tante incertezze e poche sicurezze
Dopo 124 giorni di offseason, un periodo tornato finalmente agli standard pre-pandemia, l’Nba è pronta a iniziare la stagione 2022/23. Ripartirà da dove aveva lasciato nelle scorse Finals, dal TD Garden, dove verrà alzata la prima palla a due tra Boston e Philadelphia, come nel 2018. Poi, l’opening night farà visita a Golden State, i campioni in carica: prima per la consegna degli anelli, una cerimonia che nella Baia di San Francisco ormai ha un’aria piuttosto familiare, e a seguire per la sfida contro i Lakers. La partita del Chase Center, sold out, sarà la seconda di sempre in Regular Season per prezzo medio dei biglietti: circa 900 dollari, meno soltanto della Last Dance di Kobe Bryant nel 2016. Per LeBron James, invece, sarà la nona apparizione negli ultimi 11 anni nella notte di apertura della stagione; che sarà, tra l’altro, la sua ventesima nella lega, quella in cui darà la caccia allo storico record di Kareem Abdul-Jabbar.
Cosa ci attende nei prossimi otto mesi di Nba?
Tra rientri illustri da lunghi infortuni e roster rivoluzionati dal mercato, alla griglia di partenza sono tante le novità e sembrano essere più le incognite che le sicurezze. Almeno se si tratta di mettere in ordine le contendenti al titolo e stabilire delle gerarchie. Un po’ perché le due finaliste uscenti, Warriors e Celtics, sono reduci da settimane travagliate; un po’ perché le prospettive di potenziali contender come Clippers, Nets e Nuggets sono subordinate ad alcuni interrogativi riguardo allo stato (fisico e non) dei loro migliori giocatori. Dopo una preseason che ha risposto solo in minima parte a queste domande, ora si aspetta lo sparo dello starter per iniziare a raccogliere i primi verdetti del campo.
A partire proprio da Boston, che fino ai primi di settembre era la favorita per la vittoria del titolo, almeno secondo Las Vegas. Prima di perdere, nell’ordine: Gallinari (infortunio al ginocchio, lo si attende nell’estate 2023), coach Udoka (sospeso per un anno per la violazione di una regola dell’organizzazione), Robert Williams (di nuovo sotto i ferri per un problema al menisco) e una grossa fetta di quelle sicurezze che erano state cementificate nella scorsa stagione. L’innesto di Brogdon in estate sembrava esattamente il pezzo mancante per compiere l’ultimo step, ma ora la squadra di Joe Mazzulla, promosso da assistente a head coach (ad interim?), dovrà ricostruire le proprie fondamenta. Un processo che ha richiesto diversi mesi l’anno scorso.
La Eastern Conference
Questa sera è in programma il primo giro sulla giostra di un’altra delle favorite, ma non delle favoritissime, della Eastern Conference: Philadelphia. I Sixers in estate hanno firmato PJ Tucker e diversi altri role player, ringraziando James Harden per lo sconto concesso nelle trattative per il rinnovo contrattuale. E proprio The Beard è il più atteso nella stagione di Phila, dopo un’estate che anche per lui è stata finalmente normale, avendo potuto riposare e lavorare senza problemi fisici né incertezze sul suo futuro. La sua condizione fisica e il suo coinvolgimento nel progetto tecnico, stando a quando raccontato da Shams Charania (The Athletic), sono ai massimi storici. Buone notizie per Embiid, che aspetta da tempo quel partner in crime con cui puntare alla prima finale di Conference per i 76ers dai tempi di Allen Iverson.
Oltre a Boston e Phila, a contendersi lo scettro a Est dovrebbero esserci anche Milwaukee, Brooklyn e, un gradino sotto, Miami. I Bucks sono la contender che si affaccia alla stagione con più sicurezze, dopo aver confermato per due estati consecutive il core vincente del 2021, che avrebbe avuto buone chances di ripetersi negli scorsi playoff, se l’assenza di Middleton non avesse guastato i piani di Antetokounmpo e compagni. Tutto il contrario, invece, per i Nets. Nella squadra di Steve Nash il roster è stato in bilico per tutta l’estate, prima per le incerte situazioni di Durant (in rottura con staff tecnico e front office) e Irving, poi con l’ingaggio di parecchi free agent. Aggiungete i ritorni di Simmons ed Harris dalle lunghe assenze, una chimica da trovare, un’unità dello spogliatoio e una coesione di intenti da testare, ed ecco l’atmosfera – non proprio rilassata – con cui si arriva al season opener nella Grande Mela. A Miami, invece, la situazione somiglia più a quella di Milwaukee, con la differenza che in Florida la continuità nel roster è frutto dell’aver fallito l’assalto agli obiettivi di mercato, Durant e Mitchell in primis, più che dell’intenzione di proseguire sulla stessa rotta.
La Western Conference
Spostandoci sulla West coast, ecco ad aprire le danze Warriors e Lakers, due squadre uscite dalla scorsa stagione con umori agli antipodi. Dopo la sesta partecipazione alle Finals e il quarto titolo negli ultimi otto anni, Golden State ha cercato di cambiare meno possibile durante l’estate. Certo, gli anni passano per tutti – anche per Curry, Green e Thompson – e la franchigia ha dovuto salutare Payton e Otto Porter a luglio; ma Steve Kerr potrà contare sul neoarrivato DiVincenzo, sulla maturazione dei propri giovani e su una pluri-testata cultura vincente per provare a ripetersi. La serenità dell’ambiente, però, è stata turbata dal caso Draymond Green, protagonista durante un recente allenamento di un alterco, sfociato in un gesto molto violento, con il compagno Jordan Poole.
Serenità, invece, che tende a essere estranea alle squadre di LeBron James. Figurarsi se si tratta dei Lakers reduci da un 11esimo posto, un cambio di allenatore (Darvin Ham al posto di Vogel), un profondo rinnovamento del roster e con la situazione di Westbrook che è scottante 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno. Alla ricerca del riscatto e del ritorno ai playoff, la conditio sine qua non è l’integrità fisica di un ormai 37enne LeBron James e di Anthony Davis, che negli ultimi 24 mesi ha saltato più gare di quante ne abbia giocate.
Sulla carta sono tre, a Ovest, le squadre che sembrano possedere i requisiti per insidiare Golden State: sicuramente i Clippers, e forse anche Nuggets e Suns. I primi, dopo il ritorno di Leonard e la firma di Wall (entrambi inattivi per tutta la scorsa stagione), sono sulla carta la squadra più completa e profonda dell’intera NBA, e sicuramente una di quelle con più talento e star power. Le condizioni fisiche di Kawhi, però, saranno determinanti per determinare il loro potenziale, un po’ come lo saranno per Denver quelle di Jamal Murray e Michael Porter Jr, anch’essi al ritorno da un lungo stop. A Phoenix, infine, c’è il sentore dell’ultima occasione, con Chris Paul ormai avviato al 38esimo compleanno. La radiosità del 2021 sembra ormai un ricordo lontano in Arizona, dopo la delusione degli scorsi Playoffs, l’infelice trattativa per il prolungamento del contratto di Ayton, lo scandalo-Sarver (proprietario uscente della franchigia), la rottura con Crowder (fuori squadra, in attesa di una trade) e l’immobilismo sul mercato.
La corsa al Larry O’Brien Trophy, dunque, parte con una manciata di squadre in prima fila per entrambe le Conference. Con 82 partite davanti e una sessione di mercato che può regalare degli altri colpi di scena, però, il percorso verso i playoff è ancora lungo e incerto.
Questa sera, intanto, avremo un primo gustoso assaggio.