il foglio sportivo
Superlega atto secondo: i piani per cambiare il calcio
Parla Bernd Reichart, il nuovo ceo: “Abbiamo messo il dialogo al centro del dibattito. E l’Uefa ci sta a sentire”
In origine fu una manovra furtiva, innescata nottetempo come i grandi golpe e presto soppressa a furor di popolo (e di Uefa). Ma la questione resta. Superlega o no, più del nome conta la sostanza. E cioè che l’ambizioso progetto promosso dai top club europei torna alla carica, attraverso A22 e il suo nuovo amministratore delegato Bernd Reichart. “Siamo una società di sviluppo sportivo commerciale”, spiega al Foglio sportivo il dirigente: “Il nostro compito è promuovere competizioni alternative, svolgendo attività di consulenza per conto dell’European Super League e di intermediazione fra tutti gli stakeholder”. Anche perché “oggi il sistema calcio non è più sostenibile: occorre una riforma strutturale che metta il futuro nelle mani delle squadre”, aggiunge.
La convinzione è che rispetto al frettoloso scisma unilaterale dell’aprile 2021, i tempi siano cambiati. Su tutti i fronti. “Guardiamo avanti”, dice Reichart. “Ho aderito a questo programma dopo la nascita della Superlega: all’epoca i club coinvolti erano pochi, le istituzioni si sono dimostrate molto rigide e non c’era ancora consapevolezza di quanto sia a rischio la leadership globale di questo sport”. I dati diffusi da A22 – tra le fonti, Eca e Deloitte – sono avvilenti. Il 40 per cento degli under 24 ormai si interessa poco al calcio, in oltre il 90 per cento dei casi l’esito dei campionati nazionali è appannaggio delle squadre più ricche. E di fatto, una doppia Superlega esiste già: da un lato la Premier League, che quest’estate ha mosso un volume d’affari (2,25 miliardi di euro) superiore a quello di Liga, Serie A, Bundesliga e Ligue 1 messe insieme; dall’altro una Champions sempre più elitaria, che dalle semifinali in poi vede protagoniste soltanto le inglesi più Psg, Bayern e Real Madrid. “D’ora in avanti metteremo il dialogo al centro del dibattito: la comunità del pallone deve essere onestamente disponibile a capire come migliorare ciò che non funziona. Senza più diktat”.
Ed ecco il ruolo conciliante di Reichart, broker incaricato fra club e Uefa. Qarantotto anni, originario della Germania meridionale “a due passi dal villaggio di ‘Kalle’ Riedle, ex attaccante di Lazio e Borussia Dortmund: mi sono avvicinato al calcio grazie a lui e al Milan di Capello. Poi ci ho giocato a livello universitario negli Stati Uniti. Al mio ritorno in Europa è iniziato tutto”. Il marketing sportivo, l’esperienza al Real Madrid come consulente delle sponsorizzazioni. “Quindi l’industria televisiva e dell’intrattenimento: dal 2019 al 2021 sono stato ceo di Rtl Deutschland”, tra le principali emittenti private del continente. Prossima fermata Superlega, appunto. Con l’obiettivo di archiviare la stagione delle porte in faccia, Agnelli-Ceferin docet. “I feedback dopo l’annuncio di A22 sulle nuove fasi del progetto? Molto incoraggianti: da parte di club e giocatori, ma anche la Uefa stessa ha risposto positivamente alla lettera che le abbiamo mandato”.
La grande sfida è centrare una proposta condivisa. Qualche caposaldo, in ordine sparso: “Curare la solidità finanziaria, perché il calcio deve vivere di reddito proprio e non di iniezioni esterne di capitali. Spingere su format avvincenti, per coinvolgere le nuove generazioni. E garantire più voce ai club, che sono i soli risk-taker del settore: nelle leghe nazionali decidono loro, a livello europeo non capisco perché la governance debba essere prerogativa esclusiva del comitato esecutivo Uefa”. Ma rispetto alla Superlega originaria, qualcosa si chiede anche ai presidenti. “Quelli di Juve, Barça e Real denunciarono problematiche reali, trovando un crescente consenso: tuttavia, il grande torneo del domani si dovrà basare sui meriti sportivi e non su un assetto di membership a numero chiuso. Ormai è un concetto pacifico”.
Una data cerchiata in rosso, per capire il punto d’incontro. “Marzo 2023”, dichiara Reichart, “quando arriverà la sentenza della Corte di giustizia europea sulla legittimità del monopolio Uefa sulle competizioni continentali per club”. A22 figura come ricorrente congiunto nel processo in corso. “Intanto aspettiamo la raccomandazione non vincolante dell’avvocato generale, il prossimo 15 dicembre: c’è in ballo l’egemonia del colosso di Nyon, la normativa sul conflitto d’interessi. Tutto questo definirà il potere contrattuale fra le parti. Siamo fiduciosi, perché il nostro modello rappresenterebbe l’Europa molto più di quanto avviene oggi”. Si pensi alle grandi piazze di un tempo, ridotte a periferie del pallone. “Atene, Vienna, Belgrado. Le loro squadre sono impantanate in campionati locali scarsamente competitivi e così fanno sempre più fatica a trovare spazio internazionale. Mentre la passione dei tifosi è inalterata: ci dev’essere un sistema che la favorisca. Rispettando la tradizione e assicurando al tempo stesso match di cartello ogni settimana, da un paese all’altro”.
Suggestioni, finora. Con la fanbase pronta a puntare il dito contro il vile denaro in ambo gli schieramenti. “Ma il calcio è un fenomeno talmente radicato nell’identità europea che non può tramontare”, l’appello di Reichart. “Ci si evolve per sopravvivere, rilanciarsi. La mia vera preoccupazione è avere abbastanza tempo per far sedere al tavolo tutti i diretti interessati: club e istituzioni, ma anche media, aziende e community. Sarà un lungo lavoro”. Meglio farlo alla luce del sole, stavolta.