il personaggio
Anvedi Provedel, il portiere arrivato "tardi" che risolve i problemi a Sarri
Da piccolo non lo facevano nemmeno giocare in porta. A Roma è già l’idolo che non ti aspetti. E ha risolto una propensione cronica al gol subito: ora la Lazio non ne prende più
Come spiegava lui il suo primo giorno a Formello, “non c’è un’età o un momento giusto o sbagliato per arrivare”. A volte ci vuole una carriera intera. Poi basta un mese per diventare un mito. I tifosi della Lazio ci avevano visto lungo. Dapprima per slancio di fede, sfoderando il tormentone di fine estate sulle note del ‘Capello’ di Edoardo Vianello: “Che finimondo per quel portiere biondo, si chiama Provedel”. Oggi a ragion veduta. Perché il numero 94, dopo l’ennesimo clean sheet contro l’Atalanta, è entrato nella storia del club. 569 minuti di imbattibilità. Soltanto Luca Marchegiani (745) e Felice Pulici (606) fecero meglio in Serie A. Ed entrambi vinsero lo scudetto.
La storia di Ivan da Pordenone è di quelle che ringalluzziscono i campetti di provincia. Ha iniziato dalle giovanili del Treviso, ma da attaccante, perché fino ai 16 anni nessuno voleva nemmeno farlo giocare in porta. Mentre lui, papà friulano e mamma russa, non faceva altro che sognare i guantoni. Un po’ per i racconti del nonno, che nell’esercito sovietico strinse amicizia con il leggendario Lev Yashin. Un po’ per le parate di Francesco Toldo agli Europei di Belgio e Paesi Bassi, praticamente un battesimo del brivido fra i pali per chiunque sia nato nel 1994. Così Provedel pensa perfino di lasciare il calcio. Ma l’occasione arriva, sia pure fra i dilettanti: nel 2009 il Liapiave, piccola società di San Polo nel Trevigiano, organizza uno stage per arruolare giovani numeri uno. E il preparatore dei portieri Renzo Zanet decide di dare una chance a quel ragazzone che va verso il metro e 94.
Provedel non chiedeva altro. Gli basta una sola stagione per ricevere la chiamata dell’Udinese, stavolta nel ruolo giusto. Poi la Primavera del Chievo e una lunga serie di prestiti. “Ognuno ha il proprio percorso”, si presentava lo scorso agosto ai biancocelesti, “e il mio è fatto di tanta gavetta”. Dimensione Serie B: Pisa, Perugia, Modena, Pro Vercelli. Con l’Empoli di Andreazzoli, nel 2018, centra la promozione in A e arriva pure a debuttarvi, trovando una certa regolarità. Ma sul più bello si frattura la tibia. Come nel gioco dell’oca, tocca tornare indietro di parecchie caselle. Provedel sale alla ribalta della cronaca nel febbraio 2020, per aver segnato di testa – non aveva tutti i torti, chi lo impiegava da bomber – nei minuti di recupero di Ascoli-Juve Stabia. Ma a fine stagione la sua squadra retrocede in C. Dura risalire, quando gli anni sono già 26.
Eppure così va il calcio. Infortunio che toglie e infortunio che dà. Quello di Jeroen Zoet, soltanto pochi mesi dopo, restituisce a Provedel un’insperata maglia da titolare nello Spezia che si affaccia per la prima volta alla Serie A. Ivan era arrivato in Liguria per fare il secondo, ma a suon di prestazioni non lascerà più il campo: 60 presenze e due salvezze nelle due annate seguenti. È affidabile, ha coraggio. E soprattutto para: 116 interventi riusciti nel campionato 2021/22, quarto su venti in questa classifica. Nel frattempo, alla Lazio, porta e difesa sono da anni un rebus capace di vanificare una sontuosa macchina da gol. Per la sua seconda stagione in panchina, Sarri vuole garanzie dietro. E vuole Provedel.
Ai nastri di partenza, il numero uno è Luis Maximiano. Portoghese, ex Sporting e Granada, arrivato in pompa magna dalla Liga spagnola. Alla prima contro il Bologna però fa cilecca: follia tecnica dopo cinque minuti e rosso diretto. Tocca al biondo, tutta un’altra musica. La Lazio vince in dieci contro undici e si riscopre solida. Il figliol prodigo Romagnoli guida la retroguardia, lo schieramento a quattro funziona, perfino Patric sembra rinvigorito. Ma il simbolo del nuovo corso che piace a tutti è il più inatteso: quel ragazzo qualunque che si fa trovare pronto, zitto e vola.
Morale: dopo undici giornate, la Lazio è terza in classifica con 23 gol fatti e 5 subiti. 0,45 a gara. Fra i biancocelesti del passato bisogna risalire al 2007, con Delio Rossi in panchina, per ritrovare una squadra capace di incassare meno reti delle partite disputate. Allora furono 33 in 38: tra i pali si alternavano Angelo Peruzzi e ‘nonno’ Ballotta, l’ultimo estremo difensore del club a far parlare di record. Dalla longevità di Marco alla ‘tardività’ di Ivan. Tutto finalmente gira. Il 3 settembre (contro il Napoli capolista) raccoglie il pallone in fondo alla rete per l’ultima volta. Il 16 arriva la prima convocazione in Nazionale. E anche quando lui non viene chiamato in causa – domenica, a Bergamo, è bastato l’egregio lavoro della difesa – la sua porta resta inviolata. Sette volte in stagione, cinque consecutive in Serie A. In giro per l’Europa, soltanto Ter Stegen (Barcellona, 9) e Donnarumma (Psg, 8) stanno facendo meglio. Praticamente il gotha del mestiere. Dice bene quel coro dell’Olimpico, che prosegue così: “Sarà volato, anvedi che ha parato, Dio vede e Provedel”.