Olive #11
I tremori del (non) più giovane Dessers
La Cremonese ottiene più lodi per come gioca che punti. Ora è ultima in classifica dopo la sconfitta contro la Sampdoria alla quale ha contribuito anche il rigore sbagliato del suo attaccante
Lo si vedeva dagli occhi che sarebbe andata male, che quel pallone non sarebbe mai entrato in rete. Poteva andare alto, a lato di un palo qualsiasi, tra le braccia del portiere, ma non sarebbe di certo mai entrato in porta.
Cyriel Dessers non sapeva dove guardare, gli occhi vagavano come ossessi come le gambe di chi cerca di scappare da qualcosa che non vuole. E quando è così va mai a finire bene. Avere un buon tiro, magari forte e preciso, può non bastare per fare gol dal dischetto di rigore. Ciò che è richiesto soprattutto è fregarsene del contesto, far vincere il menefreghismo: è un atto di egoismo calciare un rigore. C’è posto per nient’altro che per se stessi. Nemmeno la squadra conta. Si tira un rigore per gloria personale, perché è l’unico momento nel quale un calciatore può accaparrarsi la scena da solo, senza nessuno attorno, senza alcuna intercessione di uomini che vestono la stessa maglia.
Ce l’ha fatta mica Cyriel Dessers. Il suo tiro si è spento tra i guantoni di Emil Audero, uno che già di suo è bravo a leggere occhi e movimenti degli attaccanti che ha di fronte, figurarsi quando chi ha di fronte è terrorizzato come un bambino davanti a It.
Non poteva sbagliare Cyriel Dessers, ha sbagliato. Non poteva sbagliare perché la Cremonese da quando è in Serie A, undici partite con quella persa 0-1 in casa contro la Sampdoria, ottiene più lodi per come gioca, per come affronta a testa alta le avversarie, pure quelle che stanno in alta classifica (contro Inter e Atalanta ha giocato bene e “con spavalderia”, glielo concedono sempre i cronisti sportivi), che punti. Ne ha quattro, quattro pareggi, nessuna vittoria, ultimo posto in classifica.
E non poteva sbagliare quel rigore Cyriel Dessers perché la Cremonese contro la Sampdoria doveva vincere. E si è capito mica come non sia riuscita a vincere la Cremonese, anzi come sia riuscita a perdere una partita che in pratica l’ha vista attaccare spesso e andare in difficoltà mai. I blucerchiati hanno conquistato i tre punti, i grigiorossi si sono dovuti accontentare di un altro zero. Hanno dovuto fare i conti soprattutto con le gambe molli di chi invece avrebbe dovuto essere l’uomo in più, quello con le spalle abbastanza ampie per sopportare il peso della ricerca della via della salvezza.
Perché è mica uno sprovveduto Cyriel Dessers. Ha talento, ha tocco di palla e movimenti da attaccante navigato, è soprattutto uno che ha anche dimostrato di saper segnare. Certo non valanghe di gol, ma quelli sufficienti sì. Non si fanno per caso dieci gol in Conference League, non ci si improvvisa decisivi dalle ultime partite del girone alle semifinali in Europa per intercessione divina o per allineamento planetario. Certo la Conference League non è la Champions, ma il Feyenoord in finale con la Roma ce lo ha portato anche lui.
I gol, quei gol, latitano, la buona volontà no, nemmeno il piglio di chi vorrebbe essere trascinatore. Fa tanto il nigeriano in campo, naviga ai lati dell’attacco, memoria di un passato all’ala, si accentra e al centro sta, prende calci e li dà, tira e sa far di sponda. E pure con una certa raffinatezza.
La Cremona calcistica ha sempre avuto a che fare con la raffinatezza: la desidera, la brama, la cerca, la ottiene, poi se ne pente. Afferra la bellezza dell’attimo, si dispera nel trovarlo effimero. Fu Emiliano Mondonico a dire che Alviero Chiorri, una delle ali sinistre più affascinanti e talentuose del calcio italiano tra i Settanta e gli Ottanta aveva solo un difetto: la consistenza. Non se ne privò mai, perché in fondo “Alviero rappresenta meglio di altri, di tutti, il mistero di questa città”.
Voleva bene alla Cremonese il Mondo. C’era nato calcisticamente, è ancora il miglior marcatore della storia del club, lì è diventato allenatore. Sapeva coglierne lo spirito. Sapeva soprattutto, “che è faticosa la Cremonese, serve azzannare quel che si ha, sperare che non vada troppo male, perché in un modo o nell’altro andrà male. Conquistò la Serie A godendosi i primi vagiti calcistici di Gianluca Vialli. Disse: “Gianluca è forte, potrebbe diventare un campione, ma deve imparare a non tremare. Marco Nicoletti (il suo compagno d’attacco, ndr) è uno che non trema mai. In provincia il fallimento o meno di una stagione dipende da quanto trema l’attaccante”.
Cyriel Dessers è forte, non diventerà mai un campione. Poco male. Ma se la Cremonese vuole avere qualche possibilità di salvezza dovrebbe trovare il modo di non far tremare il suo attaccante.
Olive è la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Nella prima puntata si è parlato di Khvicha Kvaratskhelia, nella seconda di Emil Audero, nella terza di Boulaye Dia, nella quarta di Tommaso Baldanzi, nella quinta di Marko Arnautovic, nella sesta vi ha invece intrattenuto Gabriele Spangaro con Beto, nella settima di Christian Gytkjær, nell'ottava Armand Laurienté, nella nona Sergej Milinkovic-Savic, nella decima Sandro Tonali.