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Il Foglio sportivo

Le curve non sono tutte da buttare

Umberto Zapelloni e Fulvio Paglialunga

Dialogo sugli ultrà dopo i fatti di San Siro: cacciamo i delinquenti, ma salviamo riti e colori

Quello che è capitato la scorsa settimana a San Siro durante Inter-Sampdoria con la curva nerazzurra che ha lasciato lo stadio per onorare il suo capo, il pluripregiudicato Vittorio Baiocchi, ucciso in un agguato sotto casa, costringendo tutti i tifosi normali a lasciare il settore non può passare inosservato. Colpa delle curve o no? Se ne sono già dette e scritte di ogni, la Digos ha aperto l’inchiesta e i primi colpevoli sono stati identificati, le denunce sono arrivate via social e non in Questura, ma il fatto non poteva passare inosservato perché purtroppo rischia di non restare isolato.

 

Stiamo parlando della curva Nord di San Siro, quella nerazzurra, ma sappiamo che non si tratta di una a caso. Le curve di tutta Italia sono popolate da soggetti che hanno poco a vedere con il tifo. Sull’argomento si è espresso anche un gruppo di tifosi vip nerazzurri da Giacomo Poretti, dall’architetto Stefano Boeri, interisti follemente innamorati di origini, culture politiche, fedi diverse: “Crediamo che la misura sia colma”, hanno detto in sintesi.

 

Abbiamo pensato di tornare sull’argomento con un racconto a quattro mani, quasi un botta e risposta per approfondire un argomento che continuerà a farci parlare. Fulvio Paglialunga e Umberto Zapelloni si sono confrontati sul tema. Ecco la trascrizione del nostro dialogo.


Fulvio: Io lo so, che questo è il momento ciclico dell’anno in cui bisogna dare addosso alle curve. Ma mi chiedo: cosa sta succedendo di diverso? Scopriamo che le curve hanno le loro regole? Che sono un settore in cui esiste un codice comportamentale e, persino, solidale? Lo so che detta così può sembrare un’adesione alla vita dissoluta di chi ha passato diversi anni in carcere, ma mi continuo a chiedere cosa c’entrino le vicende private con il governo di una curva. Cioè, siamo ancora in grado di censurare un fatto senza censurare tutto?

Umberto: Ammetterai anche tu che quanto abbiamo visto a San Siro la settimana scorsa però è un fatto che non può passare inosservato. Una curva che si svuota per onorare un delinquente costringendo famiglie e tifosi normali a lasciare lo stadio dopo aver pagato il biglietto e pure in un giorno in cui l’Inter li stava divertendo... Posso capire che le curve abbiano delle regole, ma non accetterò mai che queste regole debbano seguirle, per evitare di essere malmenati, anche dei tifosi normali. Non sono contro gli ultrà, sono contro i violenti…
Fulvio: Ma essere contro la violenza è quasi normale, direi. Quello che contesto è la semplificazione: la curva onorava uno dei suoi fondatori, uno dei “capi”, non un delinquente. L'essere delinquente esula dall'appartenenza. E si chiedeva un comportamento che, in curva, è normale. Non codificato, ma normale. Prima delle partite non si fa un minuto di raccoglimento solo per la persona che si conosce, ma per quello che è previsto. Cambia che il codice della curva è tramandato oralmente e non stabilito. E c'è una cosa fondamentale, per me: i reati vanno puniti, esistono le leggi. Un reo in curva non rende una curva criminale.
Umberto: Ma è normale che una curva risponda a una persona condannata a 26 anni di pena? Se sì, significa che in curva non si va soltanto per tifare per la propria squadra, ma perché dietro alla bandiera c’è un sottobosco di commerci più o meno leciti che non hanno nulla a che fare con lo sport. D’altra parte è stato proprio Baiocchi a raccontare che incassava 80 mila euro al mese… Non è normale che Milano lasci i parcheggi di San Siro in mano agli ultrà, che le squadre regalino biglietti a chi poi li mette in vendita, che una società seria come l’Inter ci metta 48 ore a dissociarsi… Mi piacciono le coreografie, gli stadi che tifano (anche contro gli avversari) con il cuore, l’anima e la voce, ma ancora oggi dietro ogni curva, non solo quella nerazzurra, c’è nascosto un lato illegale che va cancellato.
Fulvio: Benissimo, cancelliamo il lato illegale. Perché se Milano lascia i parcheggi di San Siro in mano a delinquenti, il problema è lì. E lo sarebbe anche senza stadio. Se le società regalano biglietti, il problema è lì. E oltre che non riesco ad arrivare, all'equivalenza della curva con i delinquenti. Io non posso credere che si sia scoperto ora in mano a chi sono i parcheggi di San Siro. Se è stato scoperto solo ora perché la curva si è svuotata domenica, abbiamo un problema molto più grosso. Ecco perché dico che è un concetto ciclico: una volta all'anno, ci si alza dicendo che vanno chiuse le curve e arrestati gli ultrà. Quest'anno abbiamo solo fatto prima, perché poi c'è il Mondiale e il calcio deve fare festa laddove non si rispettano nemmeno i diritti umani.
Umberto: Tu quindi credi sia possibile una curva senza pregiudicati, senza commerci illeciti, senza spaccio? Una curva che possa reggersi soltanto sul tifo, sulla voglia di stare assieme per sognare una vittoria, sostenere i propri idoli? Il collante può davvero essere solo il tifo? Senza che sotto bandiere, striscioni e fumogeni (ecco quelli li eviterei) ci sia nascosto altro?
Fulvio: Io credo che se vai con un bambino in curva (per citare una delle storiacce di domenica) non vai perché il bambino possa seguire meglio le diagonali difensive. Vai perché quella roba lì, la curva, le bandiere, gli striscioni, i cori, sono la cosa che lo cattura e lo catturerà dello stadio. E lo creano le persone, con le loro storie fuori dalla curva, qualunque storia sia. Quindi dico che le curve sono da salvare. Sì, possono reggersi solo sul tifo, se non si usa il tifo come modo per non perseguire i reati. Lo spaccio, per dirne una, avviene anche nelle case, nelle strade, e non chiudono le case. E chiudere le curve è chiudere il calcio come lo penso io. Altrimenti, ci sono le partite a Dubai per ricchi turisti degli stadi. Ma è un'altra cosa.
Umberto: Chissà se in futuro con stadi più piccoli, biglietti sempre più cari, sempre più zone riservate a sponsor, vip e finti vip, ci sarà ancora posto per le curve. Uno stadio senza bandiere e coreografie non mi piacerebbe. Ma una curva che non sia ostaggio di un manipolo di delinquenti la vorrei sempre. Temo però sia come pretendere un rave party senza musica, alcol e fumo… Tu invece ci credi ancora. E io un po’ invidio questa tua fiducia.
Fulvio: Non è fiducia. È un’idea di calcio che resiste all’indignazione temporanea. Lo stadio per le famiglie esiste se lo stadio ha i colori. E vedo nell’obiettivo di chi grida allo scandalo ogni volta come se si scoprisse il nulla proprio quello di togliere i colori. A questo voglio arrivare: non esiste il reato di curva e, anzi, sarebbe ora di togliere la responsabilità oggettiva come criterio per gestire questi episodi. Siamo in grado di riconoscere chi fa. Così si spezza la catena, così si salva la curva. Ma un pregiudicato in curva è un uomo libero di tifare, non giudicabile dal curriculum. Questo è un concetto che troviamo nella Costituzione e nella funzione della pena.
Umberto: La tecnologia, le telecamere, la collaborazione delle società può aiutare a ripulire gli stadi da chi travestito da ultrà si dedica a ben altro. Salvare la curva per salvare il calcio potrebbe diventare un bello slogan. Ma serve la collaborazione di tutti. Viva quei dirigenti che non scendono a patto con i delinquenti travestiti da tifosi.

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