Gran calma #13
Una Serie A tornata bellissima da vedere
Il Napoli guida un campionato, almeno in questa settimana, diventato spettacolare. Intanto si assiste alla battaglia campale dei “senatori” pronti al rinnovo di contratto disposti a tutto pur di non cedere il campo a coloro che vorrebbero il loro posto
I risultati della 13esima giornata di Serie A
Udinese-Lecce 1-1 (33° Colombo, 68° Beto)
Empoli-Sassuolo 1-0 (64° Baldanzi)
Salernitana-Cremonese 2-2 (3° Piatek, 12° Okereke, 38° Coulibaly, 89° Ciofani)
Atalanta-Napoli 1-2 (19° Lookman, 23° Osimhen, 35° Elmas)
Milan-Spezia 2-1 (21° Hernandez, 59° Maldini, 89° Giroud)
Bologna-Torino 2-1 (26° Lukic, 64° Orsolini, 73° Posch)
Sampdoria-Fiorentina 0-2 (4° Bonaventura, 58° Milenkovic)
Monza-Verona 2-0 (68° Carlos Augusto, 90° Colpani)
Roma-Lazio 0-1 (29° Felipe Anderson)
Juventus-Inter 2-0 (52° Rabiot, 84° Fagioli)
La classifica della Serie A dopo la 13esima giornata
Napoli 35; Milan 29; Lazio e Atalanta 27; Juventus e Roma 25; Inter 24; Udinese 23; Salernitana e Torino 17; Fiorentina e Bologna 16; Sassuolo 15; Empoli 14; Monza 13; Lecce e Spezia 9; Cremonese e Sampdoria 6; Hellas Verona 5
Perché il calcio giocato e il calcio percepito sono fondamentalmente due cose diverse
Come nei mesi estivi, quando nei media regna il concetto di caldo percepito (“sai, l’umidità”), nella narrazione della Serie A 2022-2023 vige il calcio percepito. Un esempio? Il ruolo di Miretti nelle ultime due partite, con gli estensori delle probabili formazioni che lo situano da solo a ridosso di Milik - a significare che la Juve si presenta al cospetto dell’Inter con il solo polacco di punta - mentre poi, all’atto pratico, il talento piemontese non è altro che un ingranaggio dello stuolo di mediani chiamati a vagare per il campo in tutto il primo tempo in cerca d’ispirazione. Un altro esempio? Giroud a cui tutti vogliono bene per lo sportivo che è, fino al momento liberatorio in cui si toglie la maglia dopo un gol decisivo all’ultimo minuto, e il sentiment diventa di colpo negativo anche tra i beneficiati (e i fanta-beneficiati) dalla sua rete. Là dove la gran calma è un concetto obsoleto nel calcio liofilizzato, qui e ora stiamo con chi ancora non è, ma presto (o tardi) potrebbe essere, magari passando per le sconfitte. Stiamo con la Cremonese che gioca sempre e trascina tutti a giocarsela contro di lei, fino ai 2-2. Stiamo con i Montevago cui viene data una chance e coi Trimboli che devono ancora aspettare. Col sarrismo, ma anche col sarrismo che esce da se stesso per vincere il derby. Con gli eterni incompiuti come El Shaarawy e con i Felipe Anderson che avrebbero potuto avere molto di più, vogliamo gli slanci e gli affondi di Kouamé riemerso dall’oblio, Vicario tra i pali e non in uscita, e tutte le altre storie di un campionato tornato bellissimo da vedere.
Perché il Napoli non fa notizia per il vero motivo dei suoi successi, fondati un anno fa
In tante e tanti aspettavano il Napoli al varco di Bergamo, di fronte all’avversaria fin qui più continua, e privo del genio sfregato dalla lampada georgiana. Con qualche difficoltà, ma non senza merito (ah, il merito), Spalletti sfanga anche questa e sposta ancora più in là i limiti di un complesso che oggi appaiono infiniti. C’è chi si lamenta che di questa squadra straordinaria si stia parlando troppo poco: semmai succede per i motivi più evidenti - la strapotenza offensiva di Osimhen, i subentranti che non fanno rimpiangere i titolari iniziali, Zielinski ai sui livelli, Mario Rui in overperformance - e non per quella che, giorno dopo giorno, risulta la pietra angolare del progetto post Mertens e Insigne. Ovvero l’attività di scouting che ha consentito, ben prima di altre eventuali concorrenti e senza che i prezzi lievitassero, di scovare Kim Min-Jae nel campionato turco e appunto Kvicha Kvaratskhelia nel marasma della stagione russa. Un coreano e un caucasico, provenienti da scuole calcistiche e campionati di seconda-terza fascia, entrambi alla prima esperienza assoluta in Serie A, assieme agli altri (ma eccellendo nel proprio specifico contesto) dettano le regole a un intero campionato. Il Napoli del ds Giuntoli azzecca i campioni mentre lo stanno diventando: né troppo presto, quando potrebbero riservare precoci bruciature, né troppo tardi quando gli emiri del Psg o del City possono mettere sopra il piatto cifre inarrivabili. Che sia nei mesi di appostamento, modello Hemingway in laguna, la gran calma che fa vincere lo scudetto?
Perché è la gente che fa la storia, quando si tratta di scegliere e di andare
Il calcio viaggia con le gambe degli uomini. Il gol di Daniel Maldini a San Siro contro il Milan del padre leggenda (dirigente in tribuna) e del nonno capitano di coppa era scritto nel grande libro della Storia. Arnautović trascina i suoi acciacchi fino al 96° minuto, fisicamente e mentalmente in palla con corse e rabone nonostante il vantaggio lo esimesse. Roberto Pereyra spostato a sinistra è molto più pericoloso, rientrando al tiro, Ehizibue che scoperta, l’inedito tridente udinese in goal alla prima occasione (“eu estou aqui” in eredità lusitana). Lookman si è già preso tutta l’Atalanta, rigori compresi, Sernicola sulle tracce di Hakimi e Dumfries da attaccante mascherato, le olive di Krunić e Carlos Augusto maturate al momento opportuno. E poi c’è il povero Ibanez, nuovo Paolo Negro dalla parte opposta dei meme appiccicati per la vita. Adesso l’ipercompressa giornata infrasettimanale (al via già martedì) e il turnover si incaricheranno di smentire protagonisti e ribaltare le gerarchie, in perfetta logica gran calma, come quando Guardiola, Nagelsmann, la pallanuoto e l’hockey ghiaccio mandano avanti le retrovie mentre rientrano le avanguardie.
Perché il bel calcio di questa settimana è frutto di approssimazioni successive
Tante belle partite, si diceva, finalmente. Questa è la settimana dell’amore per il campionato, che sta per eclissarsi due lunghi mesi (ma all’eccezionale nessuno vorrebbe mai derogare): anche Monza-Verona, nel primo tempo scialba come la maglia giallina degli ospiti, nella ripresa si è aperta e riscattata. C’è voglia di giocare, di sfidarsi tatticamente, di portare fuori il braccetto e raddoppiare sul quinto: il 3-5-2 ridisegna la nomenclatura del calcio, come il metodo e il WM lanciarono il centr’half e il quadrilatero. Gli allenatori sono consapevoli che mai come quest’anno i risultati possono arrivare per prove approssimative, cadendo e rialzandosi, rivedendo le proprie stesse convinzioni in base alla rosa e alle sliding doors: chi mantiene gran calma aspetta e risolve, chi improvvisa -per quanto disperato e tentato dal ribaltare tutto - è rimandato al prossimo trimestre. Sperando che porti con sé lo stop alla solitudine del centravanti, pare solo a quella decantata del portiere (“della festa anch’io son parte”, conviene Saba): quanto più facile è arrivare in porta se due attaccanti giocano vicini tra loro, si cercano e scambiano la palla anche dentro l’area?
Perché dalla lotta campale tra Generazione Z e “senatori” si capirà il futuro del calcio italiano
I due incontri al vertice della domenica hanno fissato i loro responsi. La Roma non è ancora pronta, sviluppa ma non sfonda, e la Lazio si gode una serata epica senza Sergej Milinković-Savić e Immobile, legittimando la vittoria con una prova di notevole concentrazione e tecnica franca. La Juve ha subìto nel primo tempo le scudisciate dell’Inter, rattrappendosi dentro le maglie a fotocopia interrotta, ma l’Inter si è sfilacciata nella ripresa, palesando limiti nelle fasce e nei cambi, al di là degli episodi. Durante il Mondiale impazzerà il mercato toccasana, intanto tiene banco il tema dei debuttanti: da Volpato a Iling Junior, da Baldanzi a Colombo, questa settimana torna sugli scudi la nidiata bianconera. Che sconta la battaglia campale con i “senatori” pronti al rinnovo di contratto, disposti a tutto pur di non cedere il campo a coloro che non vogliono finire da expat. O almeno, non sùbito. Il discorso è suggestivo, perché dice molto della capacità del calcio italiano di rigenerarsi, dare fiducia, attribuire responsabilità come accade all’estero; o invece perpetuare tradizioni, vivacchiare di rendita, far pesare la seniority dei baroni. Sorteggi europei alla mano, passa da questi argomenti la capacità di far mangiare ancora pasta e Fagioli alle avversarie continentali, per non finire col diventare il gerontocomio di lusso dei Fàbregas a fine carriera.