Tutte le partite, i gironi, le protagoniste che si giocano la Coppa del mondo 2022

 

GRUPPO A

 (a cura di Francesco Gottardi)

 

 

ECUADOR

Lo scampato pericolo. Perché fino a qualche giorno fa la nazionale di Quito rischiava una clamorosa estromissione dalla Coppa del mondo. Tutto risale all’impiego di Byron Castillo durante le qualificazioni: secondo Cile e Perù, eliminate eccellenti, il calciatore sarebbe in realtà di nazionalità colombiana. Il Tas di Losanna ha respinto l’accusa, sanzionando però l’Ecuador per alcune irregolarità nella vicenda con tre punti di penalizzazione da scontare alle qualificazioni per i Mondiali 2026 più 100mila franchi svizzeri di multa. Insomma, non l’atmosfera più distesa alla vigilia di un grande torneo. Il ct Gustavo Alfaro, che ha condotto la Tricolor fino ai quarti di finale dell’ultima Coppa America, è chiamato ad allestire una bolla di serenità attorno ai suoi ventitré – in fin dei conti, tra 1982 e 2006, noi ci ricordiamo bene quanto la pressione esterna possa contare poco. E l’Ecuador è una squadra che sa giocare a calcio, nel cammino verso il Qatar ha fermato Brasile e Argentina fra le mura amiche per poi strappare il pass con due partite d’anticipo. Tranne la stella 33enne Enner Valencia, attuale capocannoniere del campionato turco, tutti gli altri sono giovani di belle speranze (età media 23 anni) militanti fra Europa, Messico e Major league soccer. Senza paura, per sognare in grande come la generazione che centrò gli ottavi a Germania 2006.

 

OLANDA

Il grande ritorno. Assenti come l’Italia in Russia nel 2018, almeno gli Oranje sono di nuovo ai Mondiali. Con prudenza e consapevolezza: lontani i tempi di Robben e Sneijder, non basta una rampante nuova generazione per tornare ai vertici. L’ha dimostrato l’Europeo itinerante, dove la nazionale allora allenata da Frank de Boer – fuori agli ottavi per mano della modesta Repubblica Ceca – si squagliò alla prima difficoltà. Da allora, anche per questo, la federcalcio ha deciso di puntare sull’esperto comando di Louis van Gaal come filo conduttore tra l’ieri e il domani. A sua disposizione c’è una rosa di talento – da van Dijk a de Jong – ma ancora acerba e con importanti voragini di reparto: la mancata convocazione di Jasper Cillessen, fuori forma, lascia la porta nelle mani di Remko Pasveer, 39enne debuttante. Aspettiamoci dunque un 4-3-3 a viso aperto, capace di esaltare le fiammate di Memphis Depay – insieme a Kane, miglior marcatore delle qualificazioni con 12 gol – e divertire un pubblico in astinenza da grande calcio. Obiettivi: superare il girone è il minimo sindacale, centrare i quarti di finale restituirebbe competitività all’intero movimento. Andare oltre, per de Ligt e compagni, sarebbe un’impresa. O un’altra magia di van Gaal, dopo il bronzo del 2014.

 

QATAR

L’incognita. Lasciamo perdere tutte le controversie attorno al paese che ospiterà il Mondiale d’inverno: sul profilo sportivo il Qatar non è una nazionale da sottovalutare. Ormai da vent’anni, l’ambizioso emirato investe nel calcio ben oltre i grandi eventi da copertina. E sta iniziando a raccogliere i dividendi dell’Aspire, l’accademia sportiva fondata ex novo – come tutto, dalle parti di Doha – nel 2004 per forte volontà della famiglia sovrana Al-Thani. Meccanismo semplice: individuare talenti in giro per il mondo, portarli qui e naturalizzarli. Così è arrivata la storica Coppa d’Asia nel 2019, battendo il Giappone in finale contro ogni pronostico. Il trionfo porta la firma dello spagnolo Felix Sanchez, che da cinque anni allena il Qatar dopo una lunga militanza fra selezioni giovanili, gestione dell’Aspire e formazione professionale nella cantera del Barcellona. A Doha tutti stravedono per lui. E per i suoi ragazzi, ormai veterani: ben nove giocatori della rosa attuale contano più di 80 presenze – il capitano Al-Haydos addirittura 169 – e Almoez Ali, nato in Sudan, è un attaccante da 40 gol in Nazionale. Oggi si presentano al grande appuntamento con modesti mezzi tecnici, ma tatticamente ordinati come chi si conosce da tempo: in estate, le amichevoli italiane contro Lazio e Fiorentina sono terminate 0-0. Vittoria per 2-1 invece sull’Udinese. Si attende lo scalpo eccellente sul fronte internazionale, nel momento che conta davvero. E nella storia dei Mondiali, soltanto il Sudafrica nel 2010, tra chi giocava in casa, non è riuscito a passare il primo turno.

 

SENEGAL

Basta rimpianti. La squadra di Aliou Cissé è il fiore all’occhiello del calcio africano: campione continentale in carica, spot di bel gioco già ai Mondiali russi dove arrivò una cocente eliminazione ai gironi – parità assoluta con il Giappone, premiato per il minor numero di cartellini gialli. Questo, insomma, dev’essere l’anno buono. Peccato però che Sadio Mané, il fuoriclasse, si sia infortunato nel corso dell’ultimo match con la maglia del Bayern Monaco: trauma al perone e alle aspirazioni di tutto il Senegal. “Faremo ricorso agli stregoni”, i vertici della Nazionale non hanno nascosto la disperazione del momento. E infatti Mané figura comunque nell’elenco dei convocati: “La sua presenza è troppo importante per noi”, ha ammesso il ct Cissé. “Le proveremo tutte per recuperarlo, e intanto stringeremo i denti”. I gialloverdi ora dipendono dalla leadership difensiva di Kalidou Koulibaly, vecchia conoscenza del nostro calcio, e dall’estro di Boulaye Dia, che la Serie A ha imparato a conoscere in queste ultime settimane – già 6 gol in campionato. Il reparto vulnerabile è invece il centrocampo: eccetto Idrissa Gueye, ex Psg che in Qatar festeggerà le 100 presenze in nazionale, regna l’inesperienza. Ma se il Senegal riuscirà a farsi squadra anche nelle difficoltà, potrà davvero candidarsi a sorpresa del torneo. Senza scomodare gli sciamani: che Mané torni a disposizione dall’ultima partita del girone in poi, è uno scenario clinico concreto. E gli uomini di Cissé, a suon di imprevisti, si sono fatti i calli.

 

 

Se tutto va come deve andare...

Sulla carta l’Olanda ha una marcia in più su tutte le altre. Più un regalo del calendario: affronterà il Senegal al debutto, quando gli africani dovranno prendere le misure al proprio gioco senza Mané. Il cui infortunio rende la corsa per il secondo posto più aperta che mai. Perché il Qatar ha dalla sua il fattore campo e l’Ecuador una buona dose di talento. Se alla vigilia dell’ultima giornata – Ecuador-Senegal e Olanda-Qatar – sarà ancora tutto da decidere, non dovremo stupirci. E a quel punto l’esperienza del Senegal potrebbe valere il secondo pass per gli ottavi.

 

Non succede, ma se succede....

Come sta Sadio Mané? Un girone con o senza di lui, o con lui a mezzo servizio, fa tutta la differenza. Soprattutto per rincorrere l’Olanda, dietro cui l’equilibrio regna sovrano. E se pure gli uomini di van Gaal dovessero toppare, il gruppo A diventa davvero un terno al lotto.

Gruppo B

(a cura di Andrea Trapani)

 

 

GALLES

Obiettivo secondo posto nel girone per una Nazionale che torna a giocare un Mondiale dopo un’assenza durata ben 64 anni, vista che l’ultima esperienza fu quella del 1958 quando furono sconfitti solo dal Brasile di Pelé. Seconda presenza assoluta, entrambe in due edizioni senza l’Italia, una coincidenza che si somma al fatto che – a meno di ripensamenti – questa sarà l’ultima volta in cui leggeremo il nome del Galles: l'idea della Federazione è di modificare la denominazione delle rappresentative nazionali in Cymru. Superando le curiosità di un girone stracolmo di incroci geopolitici, la nazionale gallese è tutta sulle spalle degli esperti Gareth Bale e Aaron Ramsey che dovranno supportare con la loro anzianità una rosa che comprende anche giocatori che militano nella League Two inglese. Infatti, nonostante sia la diciannovesima forza del ranking Fifa, è difficile ipotizzare un obiettivo che vada oltre il raggiungimento degli ottavi di finale. Una sfida peraltro non facile dato che l’esito dei due match di “spareggio” contro Usa e Iran dipenderanno tutto dalla forma dei più estrosi, a partire dall'ala del Fulham Harry Wilson fino ad arrivare a Neco Williams, Kieffer Moore e Dan James. Attenzione infine a Joe Rodon, difensore del Tottenham che si sta facendo valere in prestito a Rennes. Intanto per il tecnico Robert Page non ci saranno prove di appello nel match contro l’Inghilterra: è un derby che vale più di una qualificazione.

 

INGHILTERRA

Non sappiamo mai cosa aspettarci dagli inglesi. Senza vittorie dal 1966, sono tra le favorite d’ufficio ma è difficile immaginare come si comporteranno nella fase finale dopo la (presunta) vittoria in questo girone. Giocare come spina nel fianco riesce bene però ai Leoni di Gareth Southgate che, dopo la finale di Euro2020, ha riconfermato molte delle sue idee anche per il mondiale. Anche se è stata snobbata la Serie A - nei 26 convocati dell'Inghilterra non ci sono Abraham, Tomori e Smalling - non manca certo il talento. Dietro al capitano Harry Kane, sono pronti a conquistarsi un ruolo da protagonista in tanti, a partire dal giovane Bellingham, uno dei più attesi assieme ai briosi Foden e Grealish. Tutto dipenderà dalla forma di una squadra titolare che potrà scegliere tra giocatori come Mount, Rashford, Saka e Sterling. Se i pronostici della vigilia verranno mantenuti, l’ambizione rimane quella di entrare nelle quattro semifinaliste ma occhio agli incroci: se da una parte appare scontato il primo posto in un gruppo per tre quarti anglofono, nei quarti di finale c’è il rischio concreto di incrociare la Francia. Un’opportunità per riscrivere la storia, ma anche il rischio di rivivere un nuovo dramma sportivo dopo la sconfitta di Wembley nell’europeo casalingo. Il primo ostacolo intanto sarà quello emotivo: quattro anni fa in Russia l’esordio fu al cardiopalma, una vittoria contro la Tunisia firmata Kane nel recupero, stavolta l’onere di non considerare una formalità la partita iniziale con l’Iran.

 

IRAN

Rappresentano il convitato di pietra di questa edizione dei mondiali. Non serve nascondersi dietro a un dito, la nazionale iraniana sta facendo parlare di se più per questioni politiche che per il bel gioco: le pressioni internazionali, esplose dopo le manifestazioni per Mahsa Amini, non hanno allontanato però Qatar e Iran che - condividendo il più importante giacimento di gas naturale al mondo – sono giocoforza alleate per non far esplodere ulteriormente gli equilibri internazionali. Un vero peccato relegare il calcio in secondo piano perché la nazionale guidata dal portoghese Carlos Queiroz potrebbe essere la sorpresa di questo raggruppamento. Se nella scorsa edizione ha tenuto testa a Spagna e Portogallo, stavolta punta a raggiungere gli ottavi di finale per la prima volta nella sua storia. Le possibilità tecniche ci sono tutte, basti pensare che in fase offensiva farà affidamento a un tandem che farebbe comodo a nazionali ben più blasonate: il duo Azmoun-Taremi promette scintille, l’Inghilterra è già avvisata. Altrettanto carica di interesse, politicamente parlando, sarà la sfida contro gli USA. Se il governo di Teheran tenterà di farla passare alla stregua di una sfida tra bene e male, lo sport ha una peculiarità quasi unica: una portata mediatica in grado di veicolare una miriade di messaggi, anche quelli più inaspettati. Gli occhi del mondo saranno incollati sui giocatori dell’Iran anche per questo.

 

 

STATI UNITI

La mancata qualificazione agli scorsi mondiali è ancora una ferita aperta per gli statunitensi che tornano al mondiale con l’obiettivo di raggiungere gli ottavi di finale. In realtà il tecnico Gregg Berhalter si trova tra le mani una doppia scommessa da vincere con la sua nazionale: far crescere un gruppo che deve pensare ai prossimi mondiali casalinghi e, allo stesso tempo, non sprecare l’occasione di superare il primo turno un girone dove sia l’Iran che il Galles sembrano essere alla portata. Proprio la prima gara contro i gallesi sarà la cartina di tornasole per raggiungere quel secondo posto che, se i pronostici verranno rispettati, dovrebbe regalare un’affascinante sfida contro gli orange olandesi. Un risultato che può essere raggiunto solo se il mix di gioventù che gira intorno al veterano della squadra, l’attaccante del Chelsea Pulisic, troverà l’equilibrio necessario. Da seguire due calciatori classe 2022, Reyna e Musah, che vorranno essere protagonisti al fianco di Brenden Aaronson, in gran spolvero nel Leeds, e di Joe Scally, nuovo fulcro della difesa Borussia M’gladbach. Tra le curiosità, è presente nella lista dei 26 convocati anche Tim Weah, figlio di George, presidente della Liberia e grande ex del Milan: suo padre non è mai riuscito a giocare un mondiale, mentre lui - grazie allo ‘ius soli’ - ha la possibilità di realizzare il sogno di famiglia.

 

Se tutto va come deve andare...

Tutti a inseguire l’Inghilterra. La trama di questo raggruppamento sembra essere già scritta, poche sorprese e i rapporti sul campo ribaltati rispetto a quelli geopolitici. Gli americani, almeno nel gioco del calcio, non sono i più forti e questo girone regala al massimo la possibilità di giocarsi un secondo posto che vale gli ottavi di finale. Se uscirà una vincitrice nell’inedita sfida mondiale tra Galles e Usa, chi avrà conquistato i tre punti avrà messo una serie ipoteca sul passaggio del turno. Non solo. Se tutto andrà come previsto, bisognerà prestare attenzione anche alla differenza reti: contenere le sconfitte, quasi scontate, contro gli inglesi aiuterà non poco in un gruppo che, alla vigilia, sembra promettere molti pareggi in partite in cui un semplice punto potrebbe essere decisivo per la fase finale. Menzione particolare ai due “derby” dell’ultima giornata: se a Cardiff il risultato di Inghilterra-Galles vale più della stessa qualificazione, quello tra due visioni del mondo - Usa e Iran - dovrebbe essere il vero spareggio il passaggio del turno. A spese dei gallesi.

 

Non succede ma se succede...

Per cambiare gli equilibri e rimettere tutto in gioco, l’Inghilterra deve fare un passo falso. Solo se non arrivasse una vittoria inglese nella prima partita contro l’Iran, il Girone B avrebbe la possibilità di diventare il più teso di tutta la prima fase. L’obbligo di fare risultato storicamente ha sempre messo in crisi gli inglesi che, nelle partite clou, spesso hanno fallito l’obiettivo. Una storia che tutti conoscono bene e la possibilità di un ulteriore sgambetto motiverebbe non poco avversari storici come gli statunitensi e i gallesi: tra l’altro, in casa USA, non vedono l’ora di replicare il “miracolo di Belo Horizonte” del 1950 quando, al suo esordio mondiale, contro ogni pronostico, l'Inghilterra perse contro i dilettanti americani. Avere tutti contro di solito sortisce l’effetto contrario, ma è l’unica speranza per evitare a questo raggruppamento un finale già scritto. Paradossalmente proprio l’Iran, la nazionale che viene indicata dai più come possibile ultima classificata, ha le maggiori possibilità di rovesciare il banco: starà a loro mantenere le premesse e tenere lontane dal campo di gioco le tensioni che arrivano dalla patria. Il calcio non è solo un semplice gioco, è una cosa seria per tutti. A Teheran perfino troppo.

Gruppo C

(a cura di Enrico Veronese)

 

ARABIA SAUDITA

La pronosticata vittima sacrificale del gruppo C ha due assi nella manica per sfuggire al proprio destino. Il primo è la disputa del torneo per la prima volta nelle proprie vicinanze, in un contesto ambientale, climatico e sociale abbastanza simile. Il secondo è la quasi assoluta mancanza di notorietà dei propri giocatori, che puntualmente staccano il biglietto per la qualificazione nei gironi asiatici, ma ben di rado si affacciano nel proscenio occidentale. Infatti la rosa dei convocati dal ct francese Hervé Renard pesca dal danaroso campionato interno, con Al-Shabab, Al-Nassr, Al-Ahli e Al-Hilal a fornire il maggior numero di uomini alle (suggestive) divise verdi. Più che il pallone quindi è la geopolitica a tener banco nelle cronache di una kermesse che non può essere solamente agonismo, quanto accordi commerciali, energia, sforzi diplomatici e promesse di collaborazione. A complicare le già risicate chance, si aggiunge l’indisponibilità di Fahad al-Muwallad, autore di 17 reti nelle 60 presenze in Nazionale: squalificato per doping lo scorso marzo, il ventottenne trequartista dell’Al-Ittihad è stato escluso dai 26 proprio in extremis, nonostante la benevolenza federale. Chissà, avrebbe potuto essere l’al-Owairan dei Mondiali americani: allora lo sconosciuto funambolo saltò come birilli metà del Belgio e depositò la palla in rete, guadagnando al suo Paese la clamorosa qualificazione agli ottavi. A rigore, oggi non dovrebbe andare così: ma in un Mondiale anomalo per spazio e tempo, tutto può succedere. Certo che l’esordio contro l’Argentina rischia di ripetere l’8-0 della Germania di Klose, vent’anni fa…

  

ARGENTINA

Ogni volta, da quando Maradona si è ritirato (e poi è scomparso), il leitmotiv è sempre lo stesso. Come faranno i sudamericani, che sulla carta contano - quasi sempre - la miglior rosa dell’intero torneo, a perdere anche questo campionato mondiale? E dire che ci erano andati vicini nel 2014, quando l’invasione degli hinchas a Rio de Janeiro non fu premiata dagli errori di Higuain nella finale contro la Germania. C’erano allora Messi e Di María, e ci sono ancora: titolare inamovibile il primo, lo juventino dipende dalla salute. E nel frattempo sono cresciuti Lautaro Martinez, Dybala, De Paul, difensori come Romero… insomma, le solite grandi aspettative, che però si scontrano fin da subito con un girone tosto: Polonia e Messico non sono certo avversarie arrendevoli, e l’Arabia conosce meglio il clima. Però, con tutta la buona volontà, l’Albiceleste di Lionel Scaloni – una meteora nella Lazio – è favorita d’obbligo e accreditata di un percorso che, tabellone alla mano, potrebbe vederla poi opposta alla Danimarca e quindi all’Olanda. Come dire, c’è di peggio. La vittoria ottenuta in Copa America nel 2021 dovrà essere solo un ricordo, martedì 22 alle ore 11 italiane, quando la Selección scenderà in campo contro i sauditi: Scaloni preferirebbe partire a luci spente, ma se la rosa che lascia a casa vale quella che schiera, non si può esimere dal ruolo di favorito d’obbligo, con gli onori ma anche gli oneri. Date le individualità che si ritrova, forse è la volta buona. Come sempre.

 

MESSICO

A differenza delle precedenti competizioni, quando la Tricolor carezzava sogni di gloria – e, addirittura, eliminava la Germania campione uscente dai Mondiali di Russia – stavolta si percepisce minor fiducia dalle parti del Tata Martino, chiamato a condurre la propria sapienza calcistica dalla panchina centroamericana. Il motivo è abbastanza semplice, ovvero il mancato ricambio dei giocatori di vertice: alfieri della maglia verde saranno, ancora una volta, il leggendario portiere Ochoa alla sua quinta partecipazione, il quasi coetaneo Guardado, il giovane veterano Lozano del Napoli. Niente “Chicharito” Hernandez in Qatar, e pure Jesús Corona detto il Tecatito deve dare forfait per motivi fisici. Al tecnico argentino il compito di plasmare un complesso solitamente fornito di tecnica deliziosa quanto pari all’indolenza, fatalista nel modo in cui pervicacemente esce agli ottavi (spesso per mano delle favorite finali) e poco incline alla collettivizzazione di profitti e perdite. Le previsioni lo vogliono duellare con la Polonia dei tanti italiani verso il secondo posto nella classifica di girone, dietro naturalmente l’Argentina: ma se appare difficile che stavolta lo scherzetto alla testa di serie possa riuscire come quattro anni fa, anche il duello con Lewandowski e compagni vede sfavoriti i messicani. Un incontro, peraltro, che arrivando all’inizio (sempre martedì 22, ma alle 17 italiane) sarà come uno spareggio: o, quanto meno, dirà sùbito molte cose del campionato che le due squadre potranno giocare.

 

POLONIA

La nazionale più “italiana”, in assenza degli azzurri di Mancini. Il commissario tecnico Michniewicz ha deciso di affidarsi a ben undici protagonisti del campionato di Serie A (e B, con l’eterno Glik) per lanciare in gol il fenomeno Lewandowski e portare, dopo molto tempo, la Polonia ai fasti che le competono: per esempio, ben due portieri su tre – Szczęsny e Skorupski, col povero Drągowski immolato al Bentegodi – militano nella Penisola, dove i calciatori polacchi mostrano spesso e volentieri un facile adattamento. Non può quindi costituire una sorpresa la selezione biancorossa, tradizionalmente arcigna in difesa, organizzata a centrocampo ed essenziale in attacco: nomi quali Zieliński, Milik, Piątek, il giovane romanista Zalewski, l’astro nascente Kiwior, l’affidabile Bereszyński e uno Żurkowski in cerca di riscatto dalle panchine alla Fiorentina aiutano già lo spettatore “neutrale” a collocare la squadra come favorita per il passaggio del turno, e forse addirittura in grado – in partita singola – di bloccare la corazzata argentina. Il fatto è che, negli ultimi quindici anni, più volte i presupposti a Varsavia erano analoghi, e tranne i quarti di finale agli Europei del 2016 non vi è stato riscontro nel terreno di gioco. Anzi, sono state più le delusioni (anche per faide interne) che gli exploit: a tutto detrimento di un centravanti micidiale e infallibile come il 9 del Barcelona. Non vi è dubbio, intanto, che la Polonia sarà tra le più tifate da chi vi ritrova un convocato della propria squadra del cuore: difficile schivarli.

 

Se tutto va come deve andare...

A differenza di altri gironi, in tutto definiti (salvo cataclismi) oppure in piena bagarre sulla carta – almeno per il secondo posto – il gruppo C vede l’Argentina nettamente favorita, l’Arabia Saudita praticamente spacciata, Polonia e Messico a giocarsi il passaggio del turno. Peraltro il loro scontro sarà quello iniziale, destinato quindi a determinare sùbito l’andamento delle prossime partite. Detto che l’Argentina ha tali e tante frecce al suo arco, da sopperire ad eventuali cali di forma di qualche stella, sarà interessante vedere chi Scaloni sceglierà assieme a Lautaro Martinez e verosimilmente Messi: il Dybala visto l’ultima partita di campionato, prima della sosta, si candida di prepotenza a un ruolo da titolare, ma anche un Nico Gonzalez rimesso a lucido farebbe molto comodo alla Selección. Di contro, l’assenza certa di al-Muwallad riduce di molto le già velleitarie mire dei sauditi: pertanto Polonia e Messico faranno all-in fin dall’avvio, puntando poi a massimizzare il numero delle reti contro l’Arabia (la differenza conta) e a bloccare l’Argentina. Gli europei, in questo, hanno la rosa più qualitativa e un centravanti come pochi altri, in grado di determinare lo scarto con i leziosi centroamericani: agli ottavi i polacchi affronterebbero presumibilmente la Francia, e lì il loro mondiale rischierebbe seriamente di terminare. I biancocelesti invece sarebbero poi opposti alla Danimarca: match dall’esito non scontato, per quanto i favoriti siano chiari.

  

Non succede, ma se succede...

La palla è rotonda e il calcio si gioca undici contro undici, ma francamente è da escludere un’uscita precoce di Messi e compagni. Affinché succeda, i meccanismi argentini dovrebbero incepparsi almeno in una delle due partite contro Polonia e Messico, e i gol non dovrebbero essere copiosi contro l’Arabia Saudita (in caso di arrivo a pari punti fra tutte). D’altro canto, solo l’esplosione di qualche inopinato talento nascosto potrebbe spalancare ai mediorientali scenari da mille e una notte: assai improbo prevederlo e soprattutto individuarne, a meno di essere specialisti della Saudi Football League. Cosa potrebbe invece accadere? Che Gerardo “Tata” Martino infonda il suo carisma sopra la Tricolor messicana, facendone una squadra in luogo di un’accozzaglia di esteti e narcisi; che il Chucky Lozano assimili lo stato di grazia del Napoli e lo trasfonda ai suoi pari; che i senatori a vita Ochoa e Guardado prendano per mano i più giovani, ricevendone fame di vincere. E soprattutto che, come accade non di rado ai mondiali, la Polonia si senta già agli ottavi per via dello schierare Lewandowski, Zieliński, Milik e gli altri alfieri, ben noti da queste parti. Un loro possibile appannamento, dovuto anche ai carichi di lavoro inediti per questo periodo, potrebbe far saltare il pronostico e corroborare le istanze dei chicanos: “Aiùtati che il ciel t’aiuta”, insomma, fermo restando che difficilmente chi avverte il passaggio del turno farà magheggi per evitare la Francia.

GRUPPO D

(a cura di Francesco Gottardi)

 

 

AUSTRALIA

Al fotofinish. I Socceroos sono volati in Qatar per il rotto della cuffia, battendo il Perù ai rigori nello spareggio interzona. È arrivata così la quinta qualificazione consecutiva ai Mondiali, anche se sono lontani i fasti della prima, quando Kewell e Viduka trascinarono l’Australia fino agli ottavi. Nel 2006 in Germania, da vice di Guus Hiddink, c’era anche Graham Arnold che dal 2018 è l’attuale commissario tecnico. Da quando cioè Tim Cahill, top scorer di sempre con 50 gol, ha deciso di dire addio alla nazionale. Un vuoto complicato da colmare, anche per la leadership in spogliatoio: ci sta provando Mathew Leckie, capitano e fantasista del Melbourne City. È il meglio che possa esprimere quest’Australia: gli unici dei 23 convocati a giocare nei principali campionati europei sono Ajdin Hrustic, centrocampista dell’Hellas Verona, e l’attaccante Awer Mabil, partito da un campo profughi del Kenya e arrivato fino alla Liga spagnola con la maglia del Cadice. Il portiere Matthew Ryan milita nel Copenaghen, Aaron Mooy fa il mediano nel Celtic. Per il resto, onesti mestieranti ben allenati: le chance dell’Australia in questo torneo passano tutte dalla sua tenuta difensiva. Battere la Tunisia alla seconda e giocarsi il tutto per tutto contro la Danimarca è la via del sogno. O del miracolo.

 

DANIMARCA

Qui per stupire. I danesi sono un gruppo di giocatori nel pieno della maturità calcistica, reduci da un bronzo europeo che è il miglior risultato della loro storia dai tempi del leggendario 1992 e hanno strappato il pass per Doha a ritmo di record (9 vittorie nelle prime 9 gare di qualificazione, con 30 gol fatti e uno solo subito). Logico concludere che la Danimarca in Qatar cerca il definitivo salto di qualità. Merito di Kasper Hjulmand e della sua collaudata filosofia, che esalta il gioco sugli esterni e non dà punti di riferimento: nell’ultimo biennio di gare ufficiali sono andati a segno ben venti calciatori diversi. Fa un gran piacere vedere Christian Eriksen nell’elenco dei convocati, dopo lo spavento di due estati fa. Oltre al dieci, capitan Kjaer e Kasper Schmeichel sono le colonne di esperienza della rosa. Mentre colpisce la doppia personalità dei vari Maehle, Damsgaard e Skov Olsen, che in Italia hanno faticato a trovare la consacrazione, eppure vivono da beniamini in patria. Passando in rassegna le scelte di Hjulmand, non c’è alcun nome da primo della classe. Ma la forza della Danimarca è il collettivo e l’autentico affiatamento dei suoi interpreti. Se in Russia i rigori non avessero premiato la Croazia, la rivelazione avrebbe potuto essere lei: batoste che fanno esperienza. E sanno di conto in sospeso. Anche per questo, trovare i biancorossi sul proprio cammino, in qualunque fase del torneo, sarà una rogna per tutti.

 

FRANCIA

La squadra da battere. Perché è campione del mondo in carica e perché sfoggia fuoriclasse a gogo. Al timone c’è sempre Didier Deschamps, forse all’ultimo valzer dopo dieci anni sulla panchina della Nazionale. Ed evitando l’effetto riconoscenza in cui spesso chi vince incappa, il ct ha deciso di portare in Qatar soltanto 10 dei 23 pretoriani che conquistarono Mosca. È dunque una Francia ringiovanita, che rispetto a quattro anni fa ha cambiato modulo (dal 4-2-3-1 al 3-4-1-2: così ha alzato anche l’ultima Nations League) e fa i conti con nuove gerarchie di spogliatoio. Kylian Mbappé si sta avvicinando agli anni d’oro di una carriera da top player, Olivier Giroud è nel pieno di una seconda giovinezza, Karim Benzema è l’uomo in missione che ha fatto pace coi Bleus (lui in Russia non c’era) e punta a centrare un grande slam fantascientifico (il Mondiale, dopo la Champions e il Pallone d’oro). La Francia ha superato in scioltezza il proprio girone di qualificazione e gode di una profondità di soluzioni, tra difensori e attaccanti, che le altre corazzate non hanno. Il punto debole? In mezzo al campo, dove spiccano le pesanti assenze degli infortunati Kanté e Pogba. Deschamps si è così dovuto inventare un blocco inedito (lo juventino Rabiot, con 29 gettoni, è l’elemento più esperto) e con rari picchi di talento: tutti confidano nell’esplosione di Eduardo Camavinga, versatile ventenne del Real Madrid. Un po’ pochino. E tra i pali Lloris, al suo quarto Mondiale, non è più una garanzia. Se il mostruoso potenziale offensivo riuscirà a sopperire a tutto questo, sarà difficile non vedere i Bleus almeno tra le semifinaliste. O il generale fortunato avrà trovato la sua Waterloo.

 

TUNISIA

Per l’orgoglio. Les Aigles de Carthage non hanno mai passato la fase a gironi di un Mondiale nella loro storia. E soprattutto, questa volta troveranno la Francia al debutto. “È tutto quello che speravamo al sorteggio”, ha dichiarato Wahbi Khazri, leader tecnico della nazionale e attaccante del Montpellier: “Sono nato in Corsica e so quanto questa partita possa significare per la nostra gente. Se riusciremo a tenere testa a Mbappé e compagni per 90 minuti, sarà un’impresa epocale”. Per la Tunisia la suggestione è replicare il precedente del Senegal, che nella prima partita del Mondiale 2002 superò a sorpresa i campioni in carica ed ex colonizzatori. In effetti di quel match ancora si parla, e le analogie con l’attualità non mancano a partire dall’abisso fra le due rose. Delle cinque nazionali africane giunte in Qatar, quella biancorossa è probabilmente la meno attrezzata: gran parte dei convocati da Jalel Kadri gioca tra Egitto, Golfo persico e campionati europei minori. Oltre a Khazri, spiccano Youssef Msakni, il capitano, Dylan Bronn, difensore della Salernitana, e Ellyes Skhiri, centrocampista in Bundesliga con la maglia del Colonia. A Tunisi ci credono, anche perché c’è ben poco da perdere. E fare la partita della vita contro la Francia metterebbe il resto del girone in discesa.

 

Se tutto va come deve andare...

Curiosità annalistica: il gruppo D di Qatar 2022 è per tre quarti identico al gruppo C di Russia 2018. Oggi c’è la Tunisia al posto del Perù, che non altera le gerarchie di un quartetto comandato quattro anni fa dalla Francia, seguita dalla Danimarca e con l’Australia fanalino di coda. Potrebbe finire di nuovo così: salvo suicidi sportivi, si tratta di uno dei raggruppamenti in cui il divario tecnico fra le prime e le ultime due è maggiore. Più incerta la palma simbolica per il terzo posto. Dove alla Danimarca conviene tifare Tunisia: se dopo due partite l’Australia non sarà ancora eliminata, la pressione dello scontro diretto in partita secca è pur sempre uno scenario scomodo.

 

Non succede ma se succede...

E se a vincere il girone fossero invece Eriksen e compagni? Non è un’ipotesi da sottovalutare: le grandi come la Francia spesso partono in sordina e la Danimarca sa bene come sorprendere l’armata Deschamps. Quest’anno ci è già riuscita due volte, vincendo il duello in Nations League sia all’andata (1-2 a Parigi, doppietta di Cornelius dopo Benzema) sia al ritorno (2-0 a Copenaghen, gol di Dolberg e Skov Olsen). Certo, la Coppa del mondo è ben altro palcoscenico. Ma i fari saranno tutti puntati sulla sfida del 26 novembre: l’eventuale sgambetto danese spariglierebbe le carte anche sul tabellone a eliminazione diretta. E allora ci sarà da divertirsi.

GRUPPO E

(a cura di Giovanni Battistuzzi)

  

COSTA RICA

Ogni quattro anni, più o meno, e sempre nella stagione dei Mondiali, la geografia calcistica scopre che c’è un lembo di terra tra l’oceano Pacifico e quello Atlantico, o meglio, il mar dei Caraibi, che è sottoinsieme d’acque oceaniche più o meno costiere, capace di giocare a calcio, e ogni tanto stupire. È ondivago il calcio costaricano. E lo è perché generazionale. Funziona quando gli astri genetici si allineano e permettono la discesa in campo di un manipolo di giovinetti che corrono, tanto, e occupano l’intero campo quasi giocassero in tredici e non in undici. A San José e dintorni però si è rimasti a otto anni fa. La generazione dei miracoli di allora, così lagiiù la chiamarono, chiamano, è ancora in buona parte in campo. Le alternative a Keylor Navas, Oscar Duarte, Yeltsin Tejada, Celso Borges, Bryan Ruiz e Joel Campbell, i protagonisti dei quarti di finale raggiunti in Brasile (e che l’allora Italia di Prandelli ricorda bene) scarseggiano, ma qualche bagliore di novità c’è. Due su tutti: Jewison Bennette, diciottenne del Sunderland, attaccante o ala mancina potente e dribblomane, e Anthony Hernández, altra ala, ma destra, meno forte forse, ma molto scaltro. E poi c’è Brandon Aguilera. Ha diciannove anni, è un trequartista con un’ottima visione di gioco, ha piedi bene educati e, cosa da non sottovalutare, pressa, rincorre, lotta e se c’è da menare mena.

Il punto forte però è la panchina. Luis Fernando Suárez è un allenatore pratico, che sa cosa si deve fare in certe situazioni. Prima regola: rendere difficile la vita agli avversari; seconda regola: giocare bene non porta punti; terza regola: prendi palla e corri il più veloce possibile verso l’area avversaria.

 

GERMANIA

C’è più Joachim Löw, rimangono i ricordi, parecchio tristi, degli ultimi due trofei internazionali (Mondiali 2018 e Euro 2020). C’è ancora parecchio di quelle due uscite nella Nazionale guidata da Hansi Flick, eppure c’è più niente in realtà. Molto, quasi tutto è cambiato, anche se parte degli interpreti sono sempre quelli. A partire da Joshua Kimmich. Il centrocampista del Bayern Monaco ha iniziato a fare il centrocampista pure nella Mannschaft e non più a occupare i buchi scoperti dagli altri. Kimmich è uno di quei calciatori che non si vedono, che difficilmente occupano il proscenio, ma che sono indispensabili e riescono, silenziosamente e invisibilmente, a cambiare il volto di una squadra. Perché Kimmich, assieme a Ilkay Gündogan, è il direttore d’orchestra che deve far suonare al meglio quel manipolo di violini solisti che affollano la trequarti e l’attacco della Germania. Jamal Musiala, Kai Havertz, Serge Gnabry, Leroy Sané e Julian Brandt sono talenti purissimi, giocatori capaci di vincere da soli, ma hanno bisogno di un cane da guardia alle spalle per sentirsi sicuri, e qualche bacchettata sulle mani, oltre a palle col contagiri per permettere loro di fare quello che sanno fare meglio: accelerare per diventare irresistibili.

Poi c’è Thomas Müller. L’attaccante del Bayern Monaco può essere l’uomo decisivo, la punta che non è punta perfetta per non far capire nulla alle difese avversarie, ma c’ha una lista di problemi fisici lunga quanto la sua carriera in Nazionale (ha debuttato nel 2010). Senza Müller la Germania potrebbe essere più bella ma meno efficace, anche perché di panzer vecchia scuola non ce sono, c’è più la Germania che fu. A eccezione della difesa. Dietro le sicurezze sono tante e, a eccezione della fascia sinistra, c’è un ricambio che potrebbe giocare in quasi tutte le nazionali di questo Mondiale, per ogni titolare. Qualche certezza in meno ci sarà tra i pali. Ma con Neuer si può mai dire.

 

GIAPPONE

Sembra impossibile che lo storico punto debole del Giappone sia ora il punto di forza, ma è così. In difesa i nipponici sono solidi e hanno giocatori affidabili, gente che gioca in pianta stabile, e parecchio bene, in Europa. Ko Itakura e Hiroki Ito sono centrali apprezzati in Bundesliga, Takehiro Tomiyasu all’Arsenal è applauditissimo e capolista. I problemi sono a sinistra, fascia nella quale scorrazza ancora Yuto Nagatomo, o vengono adattati, male, Hiroki Sakai e Maya Yoshida. Davanti molto dipenderà da Daichi Kamada. Il centrocampista dell’Eintracht Francoforte ha talento, molto, disciplina, parecchia, e colpi a sorpresa da gran giocatore, a tal punto che a Tokyo e dintorni sono sicuri che il suo posto nella storia calcistica giapponese sia al fianco di Kunishige Kamamoto, Kazu Miura, Keisuke Honda e Shunsuke Nakamura, ossia tra i migliori giocatori della storia del pallone nipponico.

Il resto lo faranno le rincorse e il pressing di Wataru Endo e le accelerazioni di Takumi Minamino, ex Liverpool. Avesse il Giappone un attaccante capace di segnare con facilità sarebbe avversario assai più pericoloso. Non ce l’ha e rischia soltanto di essere rognoso da affrontare.

 

SPAGNA

O tantissimo o pochissimo. La Spagna di Luis Enrique sovrabbonda in talento tecnico, tattico, d’insieme. Ma è talento sbilanciato, offensivo, anzi centrocampistico e trequartistico. In mezzo al campo e sulle fasce avanzate ci sono poche squadre che possono competere con gli spagnoli. Pedri, Gavi, Carlos Soler, Ferran Torres, Ansu Fati, Dani Olmo. E poi Pablo Sarabia, Nico Williams, Yéremi Pino. C’è un problema: contemporaneamente giocheranno in quattro, forse in cinque se il commissario tecnico dovesse rinunciare ad Alvaro Morata, l’unica punta-punta in rosa, sebbene Alvaro Morata sia una punta-punta fino a un certo punto. E nessuno di loro ha il peso specifico in squadra del vero centro gravitazionale delle Furie rosse, ossia Rodri, l’unico uomo veramente indispensabile affinché il gioco offensivo della Spagna possa realizzarsi. Senza di lui la squadra fatica ad avere equilibrio, nonostante la sua controfigura sia un calciatore meravigliosamente efficace e efficiente: Sergio Busquets. Il resto è un problema, a tratti un enigma. Perché al centro della difesa giocano due difensori eccellenti come Aymeric Laporte e Pau Torres, ma che si fanno forza soprattutto nelle sicurezze dei compagni di reparto: bravissimi quando si fanno guidare, un po’ meno efficaci quando devono prendere loro la guida. A sinistra come José Gayà ce ne sono pochi in Europa, ma soffre ogni tanto di amnesie e se inizia male fatica a riprendersi. La fortuna di Luis Enrique è che c’è César Azpilicueta, uno che viene considerato sempre troppo poco, ma che, quando gioca, è capace di sistemare le cose, indipendentemente dalla posizione nella quale gioca (a destra, al centro, a sinistra).

 

Se tutto va come deve andare…

Germania e Spagna sulla carta sono di un’altra categoria e si giocheranno il primo posto con una certa facilità. Troppi sono i giocatori di talento superiore rispetto a Costa Rica e Giappone. E poi entrambe sono animate da una gran voglia di riscatto dopo le ultime edizioni di Mondiali e Europeo finite non esattamente come federazioni, commissari tecnici e giocatori pensavano potessero finire. Nella seconda giornata del girone, si deciderà probabilmente chi tra le due passerà come prima e, probabilmente, al termine di una gran bella partita, perché entrambe sanno giocare bene e offensivamente. A Costa Rica e Giappone dovrebbe rimanere solo l'orgoglio di finire al terzo posto del girone. Che è poco, ma è meglio che quarti.

 

Non succede, ma se succede…

Se a Luis Fernando Suárez riesce quello per cui è notorio, ossia rendere ostico alle avversarie giocare, la Costa Rica potrebbe creare grossi problemi alle due favoritissime, soprattutto alla Spagna che ha bisogno di spazi e non può contare sul vecchio schema, sempre utile in situazioni di difficoltà, del occupa il centro-sfrutta le fasce-spera in un colpo di testa. E in uno scenario del genere, tanto, non tutto, diventa possibile. Anche che il Giappone possa sfruttare il suo movimento da formicaio per sgretolare le incertezze di chi era pieno di certezze. Ai nipponici serve però qualcuno capace di segnare quei due o tre gol che trasformerebbero un’improbabilità in una realtà. E tanto, tutto?, dipenderà da Daichi Kamada. È lui l’uomo di maggior talento, lui l’uomo capace di diventare eroe nazionale, di permettere ad attaccanti appena discreti di evolversi in uomini gol. E la Germania in tutto questo? Hansi Flick è un allenatore eccellente, uno che sa fare giocare le sue squadre in modo brillante ed efficace. Ma è una Nazionale e non ci sarà quasi ritiro. Il rischio è che si ritrovi a cercare di recitare un soggetto senza sapere cosa prevedano le parti dei protagonisti. Sette giocatori del Bayern Monaco e cinque del Borussia Dortmund dovrebbero rendere meno percorribile questa ipotesi.

Gruppo F

(a cura di Giovanni Battistuzzi)

 

 

BELGIO

La “generazione magica”, quella “dei fenomeni”, “la squadra più bella d’Europa” per ora non ha racimolato nulla se non delusioni e addii anticipati dalle grandi competizioni. In Russia quattro anni fa doveva essere finale, venne battuta in semifinale dalla Francia poi campione del mondo. Agli Europei finì parecchio peggio: fuori ai quarti per mano dell’Italia. Quattro anni fa si diceva che probabilmente era troppo presto per una grande vittoria. Ora rischia di essere troppo tardi. E questo nonostante il centrocampista, probabilmente, più forte al mondo, Kevin de Bruyne, uno tra i portieri più affidabili a livello globale, Thibaut Courtois, e una punta capace di segnare e giocare intelligentemente per la squadra, Romelu Lukaku (tra le altre cose un po’ acciaccato ora). Sia chiaro, la squadra guidata dal commissario tecnico Roberto Martínez è ancora valida, validissima, è affidabile in ogni reparto, è un mescolio di giovani dal gran futuro (il difensore Zeno Debast e il centrocampista Amadou Onana su tutti) e vecchi lupi da stadio, ma la sensazione è che il meglio si già alle spalle e che un posto tra le prime quattro sia assai difficile da riconquistare.

Il problema di questo Belgio infatti è che non è il Belgio del ciclismo. Perché ci sono i capitani, e sono capitani eccezionali, fuoriclasse come Remco Evenepoel e Wout van Aert, ma i gregari non sono della stessa tempra degli Stan Dewulf, Quinten Hermans, Pieter Serry, gente bestiale per indole e dedizione, pronta a tutto per far vincere gli altri. Potrebbero non servire, ma di Evenepoel c’è solo De Bruyne. E si gioca in undici.

 

CANADA

Se il Canada si è qualificato al Mondiale in Qatar non è per caso. Anzi. Si è qualificato perché John Herdman, il commissario tecnico dei nordamericani, è un maniaco della preparazione delle partite, con una cultura calcistica pressoché infinita, e soprattutto ha il dono di convincere i suoi atlete, o le sue atlete, a non essere inferiori a nessuno. Già perché Herdman prima di allenare la Nazionale maschile, ha guidato per anni quella femminile, conquistando due bronzi olimpici. La sua prima regola è sempre stata: si gioca in undici ma si deve essere un corpo solo. Seconda regola: si è gruppo ma i più forti è meglio che siano messi nelle migliori condizioni possibili di giocare, quindi gli altri devono fare in modo di sfruttare al massimo le abilità dei migliori. Puro razionalismo socialista. E di forti, ma forti davvero, ce ne sono due in questo Canada: Alphonso Davies e Jonathan David. Il primo gioca al Bayern Monaco e sulla fascia sinistra sa svoltare le partite. Il secondo è una punta, ma all’occorrenza esterno e trequartista, che sa segnare e sa mettere in difficoltà i marcatori facendosi difficilmente prendibili. Il resto è un insieme di discreti e buoni giocatori che sanno benissimo che senza quei due il Canada sarebbe periferia della periferia del calcio e che quindi si sbattono per tre, perché così vuole Herdman, per permettere loro di fare la differenza. La cosa buona è che spesso ci riescono.

 

CROAZIA

Sapere che questo sarà l'ultimo Mondiale di Luka Modric mette una certa malinconia. E non solo alla Croazia. Probabilmente non sarà il solo a giocare l'ultima Coppa del mondo di quella meravigliosa squadra che arrivò in finale quattro anni fa in Russia. C'è ancora molto di quella formazione, a partire dal centrocampo ancora sorretto da Brozovic e diretto da Modric, con Kovacic al posto di Rakitic, Vlasic sulla fascia in sostituzione di Rebic e con a sinistra il solito Perisic, ma ben più maturo e capace di sacrificarsi. Certo non c'è più Mandzukic e questo sarà un problema, perché in attacco qualcosa manca. Budimir, Petkovic, Livaja e Kramaric sono giocatori che fanno più squadra che gol ed è difficile inventarsi goleador da un giorno all'altro. I gol oltre a farli bisogna anche non prenderli. E qui forse andrà meglio al commissario tecnico Zlatko Dalic. Perché la Croazia dietro sta bene, parecchio bene, molto meglio che quattro anni fa. Josko Gvardiol a vent'anni è già un difensore parecchio affidabile, Borna Sosa (se recupera dall'infortunio, dovrebbe) è un terzino sinistro bravo sia ad attaccare che a difendere, di Josip Stanisic l'allenatore del Bayern Monaco, Julian Nagelsmann, ha detto che è “una garanzia di ordine e movimenti ben eseguiti”, e il vecchio Dejan Lovren è uno che sa mettere in riga tutti e dettare i tempi difensivi.


 

MAROCCO

C'è niente di meno africano nel calcio in Africa del Marocco. Che pensa, sta in campo e gioca all'europea ben di più di certe squadre europee. Il commissario tecnico Hoalid Regragui è nato e cresciuto calcisticamente in Francia, in Francia è diventato allenatore e ha come maestro Rolland Courbis, uno dei più discussi allenatori francesi, tattico tanto raffinato quanto irregolare nella vita. Il Marocco di Ragragui è una versione aggiornata e cinica delle squadre di Courbis: bello e assetato di vittoria. E con parecchi giocatori di alto o altissimo livello, in quasi ogni reparto. In difesa sulle fasce ci sono Achraf Hakimi e Noussair Mazraoui, in mezzo al campo il gioco lo dirige Sofyan Amrabat e tra centrocampo e trequarti si muovono senza soluzione di continuità quattro uomini di sostanza e fantasia, gente che mena e poi costruisce: Hakim Ziyech, Armine Harit (sempre che si riprenda dall'infortunio al ginocchio), Abdelhaimid Sabiri e Sofiane Boufal. Manca una punta, manca un po' di sostanza al centro della difesa e un portiere affidabile. Non poco, ma è squadra che concede poco a centrocampo, che aggredisce e riparte velocemente, soprattutto quando gioca a quattro dietro.

 

Se tutto va come deve andare...

Il Belgio fa divertire il Qatar e finisce il girone a punteggio pieno e colmo di sicurezze e buone vibrazioni, come sa fare e, soprattutto, come vuole dimostrare di saper fare. E nel farlo Kevin de Bruyne dimostra a tutti, ancora una volta, quanto è bello disegnare traiettorie che solo lui vede in mezzo al campo. La Croazia batte Marocco e Canada con tranquillità e si prepara per quello che le riesce meglio, ossia farsi bella quando una partita vale la continuazione nel torneo.

 

Non succede, ma se succede...

La Croazia capisce che il futuro è ormai alle spalle già dalla prima partita con il Marocco. Gli africani dominano le fasce e dimostrano che si può segnare tanto anche senza un attaccante da più di venti gol a stagione. Questione di spazi e la squadra di Regragui li sa creare, sfruttare, moltiplicarli. E con questa certezza creano problemi anche al Belgio, a tal punto da instillare il dubbio che questa generazione che credevano eccezionale, ed eccezionale lo è davvero, sarà una bellissima cosa che non porterà a nulla. E mentre dubbi chiamano dubbi e accrescono paure e senso di inadeguatezza pure il Canada saprà dimostrare che ai Mondiali ci sa e ci può stare, lasciando il Qatar con qualche rimpianto di troppo.

GRUPPO G

(a cura di Andrea Trapani)

   

BRASILE

Rispettare le aspettative. Come se fosse facile, ci risponderebbe il ct Adenor Leonardo Bacchi, ben più noto come Tite. Sappiamo già che è l’obiettivo più difficile da raggiungere: un ottimo piazzamento può essere vanificato da partite drammatiche, ogni riferimento al mondiale brasiliano non è casuale, come al contrario una serie fortunata di incroci potrebbe regalare una facile semifinale. Infatti, se la vittoria del girone appare scontata – troppo ampia la differenza tecnica con gli avversari – ottavi e quarti di finale sono ostici prima di iniziare: la seconda del girone H potrebbe essere una degli outsider negli ottavi, mentre ai quarti ci sarà quasi sicuramente la vincente del gruppo di Spagna e Germania. Insomma, se il Brasile rimane, almeno nelle quote degli scommettitori, la favorita numero uno, la finale sarà tutta da conquistare. I 26 convocati rispecchiano il lavoro di Tite che ha fatto bene in questi anni, costruendo la Nazionale come fosse un club grazie alla certezza data da uno “zoccolo duro” a cui sono stati aggiunti solo pochi innesti necessari per mantenere inalterato l’equilibrio tecnico. L’unico assente di valore sarà Matheus Cunha, l’attaccante dell’Atletico Madrid, che è stato sostituito da una vera meteora della Serie A, ovvero quel Pedro, fresco vincitore della Libertadores, che ha giocato appena 59 minuti con la Fiorentina. Per lui nessuna maglia da titolare in Qatar, l’attacco ha già le sue stelle con un Neymar che, da otto anni, attende la sua rivincita: vincere la finalissima.

 

CAMERUN

Gli appassionati hanno in mente Italia 90 quando il Camerun sfiorò le semifinali rappresentando, per decenni, il simbolo della squadra sorpresa di un Mondiale. Quello che doveva essere un titolo onorifico, da allora è diventato una specie di stigma che ha penalizzato i Leoni indomabili. La fase a gironi non è stata più superata e quest’anno il ritorno alla fase finale della Coppa del mondo era l’obiettivo minimo per Rigobert Song, l’attuale tecnico che è tuttora il giocatore più presente di sempre della storia della Nazionale. In realtà, almeno fino a febbraio, sulla panchina camerunense sedeva il portoghese Toni Conceição, reo di non aver vinto la Coppa d’Africa e per questo esonerato su esplicita indicazione del Presidente della Repubblica. Insomma, non è facile la realtà con cui dovranno confrontarsi i 26 convocati, tra cui quattro note conoscenze italiane: Onana dell’Inter, Ebosse dell’Udinese, Hongla dell’Hellas Verona e Zambo Anguissa dal Napoli. Giusto per capire lo spirito, lo scorso settembre, l'ex attaccante nerazzurro, Samuel Eto'o, ora presidente della Federcalcio camerunense, ha detto che l'obiettivo è la finalissima. Sarà stata sicuramente una provocazione, ma la sensazione è che le pressioni non facciano bene a questa squadra. Se nello spareggio mondiale contro l’Algeria hanno funzionato, nel resto dei casi hanno regolarmente stroncato le ambizioni di una nazionale che da troppo tempo sembra essere sul punto di diventare grande. Chissà se sarà la volta buona.

 

SERBIA

La nazionale serba, troppo spesso, ha mancato gli obiettivi che sembravano alla sua portata tanto che il miglior risultato è stato un ottavo di finale nei mondiali del 1998. Da allora i gironi sono diventati un ostacolo insormontabile: eliminati al primo turno nel 2006, 2010 e 2018, il tecnico Dragan Stojković sembra essere pronto ad andare oltre, coniugando la classe dei tanti giovani cresciuti nei campi di mezza Europa alla voglia di risultati che si respira intorno a lui. La Serbia è la nazionale più “italiana” del Mondiale, in tutti i sensi. Il faro è Dusan Vlahovic che ha al suo fianco uno dei più bravi sotto le luci della ribalta della Serie A, Sergej Milinkovic-Savic. Una presenza tanto importante, quella del nostro paese, che in Nations League si sono registrati ben 11 giocatori provenienti dalla massima serie. Ad affiancare l’attaccante bianconero ci saranno Mitrovic e Tadic che dovrebbero superare nelle gerarchie il “fiorentino” Jovic. Molto più spazio dovrebbero trovare invece gli altri italiani, a partire da Kostic che, dopo aver scalato la concorrenza in casa Juve, sembra essere pronto a sfruttare il palcoscenico qatariota per affermarsi. Con lui Milenkovic, perno della difesa assieme a Pavlovic, e soprattutto il già citato centrocampista laziale, vera congiunzione tra centrocampo e attacco, i reparti di maggiore qualità a disposizione di Stojković che, nell’esordio contro il Brasile, potrà già conoscere il valore della propria squadra.

 

SVIZZERA

Se ci sono squadre che vengono regolarmente sopravvalutate, ci sono altre che vivono la situazione opposta. Parliamo della nazionale rossocrociata che, nonostante un atavico scetticismo, è riuscita ad affermarsi come una presenza costante ai Mondiali con la quinta fase finale consecutiva. Merito di un movimento che ha saputo coniugare la tipica organizzazione elvetica con il talento dei giocatori che emergono, con incredibile regolarità, in tutti i cantoni: una caratteristica che si sposa assieme ai figli dell’immigrazione che, almeno in salsa calcistica, sono il vero motore di una squadra che è diventata una specie di “multinazionale” del pallone. Basta vederne i nomi: nella lista spiccano gli attaccanti Embolo, Okafor e un’altra meteora viola come Seferovic, a cui si aggiungono giocatori di qualità come Xhaka, Zakaria, Shaqiri, Freuler e Akanji. Tra i convocati c’è anche un pizzico di Serie A grazie a Ricardo Rodriguez, difensore del Torino, e Michel Aebischer, centrocampista del Bologna. Strada in salita per il tecnico Murat Yakın se vorrà migliorare i risultati delle ultime edizioni. Non è certo colpa della rosa, anzi, ma di un girone che nasconde diverse trappole: raggiungere e superare gli ottavi di finale significa far fuori Serbia e Camerun. Partite che appaiono come degli ottavi di finale anticipati per un raggruppamento altamente competitivo dove probabilmente passerà il turno chi sarà capace di perdere meno punti.

 

Se tutto va come deve andare...

Brasile primo con 9 punti, magari con tre clean sheet in tre partite, questo è quello che si aspettano i tifosi di tutto il mondo. Se è vero che Svizzera, Camerun e Serbia sono tre buone squadre che livellano verso l’alto la qualità di questo girone, altrettanto vero è che i verdeoro si presentano con una rosa che, tecnicamente, non teme nessuna delle altre nazionali. Qualunque risultato che non veda il Brasile a punteggio pieno, sarà una sorpresa. Difficile invece capire chi potrà arrivare secondo: Serbia, Svizzera e Camerun sono tanto competitive nelle qualificazioni quanto deludenti quando conta. Le ultime edizioni della Coppa del mondo parlano di tre squadre che hanno sempre ottenuto meno di quanto si sperasse all’inizio della spedizione. Come per altri raggruppamenti, anche in questo caso, sarà decisiva la prima giornata: chi vince tra Svizzera e Camerun costringerà la Serbia a inseguire. Non è sinonimo di passaggio del turno, ma poco ci manca. Specie per i rossocrociati che, nell’ultima giornata, hanno una montagna da scalare come il Brasile: per loro l’obiettivo è arrivarci già da qualificati.

 

Non succede ma se succede...

Sono trentadue anni che il mondo attende l’affermazione dei camerunensi. Arrivano in Qatar tra delusioni e difficoltà, ma possono essere una scheggia impazzita per due squadre ordinate come Svizzera e Serbia. Anche il Brasile, se amerà specchiarsi come di solito, potrebbe concedere qualcosa di troppo ai Leoni d’Africa. Insomma, gli occhi son tutti su di loro. La vera sorpresa, in un girone così complicato, potrebbe venire però dalla classifica avulsa: se da una parte è improbabile vedere pareggiare due volte il Brasile, dall’altra il rischio di un girone con tre squadre a pari punti è una possibilità concreta. A volte basta poco per imbrigliare i migliori, la Svizzera sa farlo bene - citofonare a Roberto Mancini - come del resto la Nazionale serba. Se questo gruppo finisce con una situazione di stallo ricordatevi di questa profezia perché, se si avverasse, bisognerà calcolare ogni dettaglio per sciogliere la parità: non solo la differenza reti, ma anche le reti segnate e financo i punti del fair play. Divertente, vero? Gli appassionati degli almanacchi calcistici non aspettano altro, le televisioni forse no, ma questo gioco diventa ancora più bello quando anche la matematica ci mette del suo.

GRUPPO H

(a cura di Enrico Veronese)

  

COREA del SUD

Altra presenza ormai tradizionale nel novero dei Mondiali, la Corea del Sud è guidata dal portoghese Paulo Bento (che derby per lui) e, come il Messico, è reduce dallo scherzetto ai danni dei tedeschi nell’ultima edizione. Allora, già eliminata, batté la Germania a tempo scaduto: segno di ammirabile etica sportiva e senso del dovere, qualità che – assieme alla preparazione atletica – non mancano mai nello sport di Seul. La nazione che sta dettando la linea alla musica pop, agli elettrodomestici e pure al cinema, ha da tempo il suo tutelare pure nel calcio: Son Heung-Min, trent’anni, stella del Tottenham Hotspur e uno dei più imprevedibili attaccanti di manovra in circolazione. Dai suoi piedi passeranno molte delle speranze coreane di rimontare il pronostico potenzialmente avverso. E se Son, peraltro non in perfette condizioni fisiche alla partenza, lascerà il suo segno, a difendere i risultati è chiamato Kim Min-Jae, colosso che il Napoli ha prelevato dal campionato turco e che si sta rivelando fra i migliori difensori della Serie A: è logico pensare che non siano i soli interpreti di qualità di un gioco solitamente calcolato, che vede protagonisti anche gli expat Lee Jae-Sung (Mainz), Lee Kang-In (Mallorca), Hwang Hee-Chan (Wolverhampton), Hwang Ui-Jo e Hwang In-Beom (entrambi all’Olympiakos). Il resto è tutto artigianato nei campionati coreano e giapponese: non sarebbero la prima volta se andassero oltre le proprie stesse aspettative. E ne sappiamo qualcosa.

 

GHANA

Un bacino calcistico potenzialmente infinito, una gestione altrettanto caotica delle proprie risorse umane, tante Coppe d’Africa gettate via, la costante rigenerazione che non passa più solo dall’Europa. È il calcio ghanese, da sempre tra i primi del Continente Nero, la Nazionale che più di ogni altra è andata vicina alla semifinale mundial (nel 2010, punita per mano dell’Uruguay): oggi il ct Otto Addo – finalmente un allenatore autoctono, dopo tanta scuola franco/tedesca – ha per le mani una rosa pletorica, indecifrabile, con tante ipotetiche stelline in cerca di consacrazione. Come Kudus dell’Ajax e Partey tra i protagonisti nell’ottima stagione dell’Arsenal, che vanno ad aggiungersi ai maturi fratelli Jordan Ayew e alla sorpresa Iñaki Williams: fratello di Nico, il quale ha scelto la Spagna come allora si divisero i due Boateng. Niente da fare, invece, per il “cremonese” Felix Afena-Gyan, che stupì tutti all’esordio nella Roma, e il capitano spezzino Gyasi. La storia dice che il Ghana è capace di tutto e di niente, di fiammate e di (auto)smentite: scommettere sopra l’esplosione di un nome fra gli altri è impegno improbo, ma chi avrebbe colto dal cilindro l’exploit di Kevin Prince dodici anni fa? Certo, Ghana e Corea del Sud partono un gradino dietro al Portogallo e all’Uruguay, ma se c’è un girone dove le gerarchie possono essere messe in discussione più convintamente è proprio questo. All’esordio di fuoco, giovedì 24 contro CR7, vedremo di che pasta sono fatte le Black Stars.

 

PORTOGALLO

A leggere i nomi dei 26 convocati di Fernando Santos, fanno paura. Ora o mai più: una generazione di talenti, già premiata dall’Europeo vinto in Francia sei anni fa, può arrivare a compimento e “vendicare” quella precedente, dei Figo e Rui Costa, fermatasi in semifinale contro la Francia nel 2006. A prima vista, al Portogallo non manca niente: esperienza, fantasia, solidità, corsa e pure un decente contributo in zona gol, pecca storica dei lusitani. Ma affinché succeda che la Praça do Comércio a Lisbona si riempia di tifose e tifosi festanti, devono succedere alcune circostanze per niente scontate: la prima, dolorosa, passa da Cristiano Ronaldo. Il fuoriclasse da due anni non è più se stesso, finisce spesso in panchina al Manchester United, non trova il modo di essere decisivo e anzi lascia la sensazione di essere quasi una palla al piede. Magari le giornate in Qatar smentiranno questo presupposto, certo è che il Portogallo è ben attrezzato per provare a farsi strada anche senza di lui: come nella finale del 2016, appunto. Bruno Fernandes, Rafael Leão, Bernardo Silva, i virgulti del Benfica (ma non Rafa Silva, lasciato a casa come Beto, Mario Rui, Renato Sanches e l’infortunato Diogo Jota) e lo stesso Rui Patricio, con il totem Pepe in difesa accanto a Ruben Dias parlano da sé. E dicono che i rossoverdi, in caso di passaggio del turno da primi in classifica, se la potrebbero vedere con Serbia o Svizzera, poi la Germania: sognare non è impossibile. Ma Uruguay, Ghana e Stati Uniti non sono formalità.

 

URUGUAY

Dopo decenni è scoccata l’ora del cambio della guardia a Montevideo. Oscar Washington Tabárez, in là con gli anni e le fatiche di un fisico provato, ha lasciato la guida della nazionale Celeste a Diego Alonso, ex attaccante del Valencia e dell’Atletico Madrid: l’intelaiatura è quasi la stessa delle ultime edizioni, Copa America inclusa, e perpetua la storica presenza della piccola nazione platense ai vertici del calcio mondiale. Non solo Cavani e Suárez, ormai nella parabola discendente: i nuovi prospetti si chiamano Darwin Núñez, in rotazione al Liverpool; Federico Valverde, titolarissimo al Real Madrid; Mathias Olivera, terzino del Napoli. Accanto ad essi, i fidati Torreira, Bentancur, Vecino, un Giorgian de Arrascaeta rinfrancato dai successi con il Flamengo, gli ottimi Coates e Giménez in difesa. Insomma, per non passare il turno con tanto ben di Dio deve succedere qualcosa. Ad esempio, è possibile non avere mai scovato un portiere migliore dell’ormai anzianotto Fernando Muslera, già responsabile dell’uscita contro l’Inghilterra in Russia? E poi, ovviamente, ci sono anche gli avversari: se il Portogallo è durissimo di per sé, e la Corea non può preoccupare oltre misura -esistono anche due precedenti a favore- la sfida col Ghana (2 dicembre, ore 16 italiane) vale come rivincita dello scippo sudafricano. “El feo” Luis Suárez c’è ancora, ad Accra non aspettano altro. Ma poi è difficile che il 47enne Alonso possa già avere lo stesso ascendente del predecessore, al quale si deve la rinascita di un intero movimento calcistico.

 

Se tuttova come deve andare...

All’apparenza, le rose a disposizione di Portogallo e Uruguay orientano alla loro partenza in prima fila entro tutti i pronostici più normali, mentre la Corea del Sud e il Ghana sarebbero costrette a sgomitare per un posto al sole, tutt’altro che impossibile. Ai nastri di partenza, la situazione è più fluida che altrove, ma con alcuni paletti: l’abbondanza di soluzioni e di individualità in mano a Fernando Santos fa dei lusitani non solo i primi favoriti al passaggio del turno, ma anche in lizza per la vittoria finale. In campo uruguayo, il declino di Cavani e Suárez è compensato dalla crescita di Darwin Núñez e da un centrocampo esplosivo, dove Bentancur sta togliendo le castagne dal fuoco del Tottenham, mentre Valverde ormai è stella di prima grandezza al Real Madrid. Qualche incognita in difesa, Muslera compreso: ed è tra queste pieghe che dovranno inserirsi le due presunte outsider. Ovviamente la Corea si affida in massima parte al fuoriclasse Son, araldo che manca a questo Ghana: ma va considerato come se c’è un Mondiale anomalo è proprio questo, pertanto anche atleti già avvezzi alle massime ribalte continentali come Sowah del Bruges potrebbe fare lo sgambetto alle “teste di serie”, non certo immuni da difetti. Sarà un girone combattuto dall’inizio alla fine: aprono Portogallo-Ghana e Uruguay-Corea, il big match cade alla seconda: chi passa dietro la capolista affronterà quasi sicuramente il Brasile, per questo vincere il girone -e trovare Serbia, Svizzera o Camerun- assume maggior importanza.
 

Non succede, ma se succede...

Essendo un girone aperto, nonostante le battistrada, la sovversione del pronostico è tutto meno che peregrina. Un Cristiano Ronaldo che si ammutina, il selezionatore uruguaiano che cede ai senatori e paga il prezzo di difensori logori, ed ecco che la Corea del Sud e il Ghana possono ribaltare il pronostico più banale: naturalmente, a patto di provarci e di farsi trovare pronte. Son Heung-Min giocherà con una maschera per proteggersi dalla recente frattura al volto, ma a trent’anni è nella piena maturità agonistica per diventare definitivamente uno dei grandi di questo sport. E con Lee Jae-Sung e il napoletano Kim Min-Jae negli altri reparti, entrambi al massimo livello di forma in questo periodo, il tradizionale atletismo e l’altrettanto proverbiale organizzazione di gioco sono doti adatte per fare lo sgambetto a europei e sudamericani. Più arduo il discorso per il Ghana, dove Iñaki Williams da esordiente tardivo, una difesa strutturata (Amartey, Salisu, Aidoo, Odoi calcano i massimi prosceni) e tanti carneadi in cerca di gloria possono rendere col minimo sforzo: da immaginare un paio di 1-0 al risparmio, e il più è fatto. Dopo ci sarebbe il Brasile, certo, ma per asiatici e africani sarebbe già un gran risultato lasciare a terra Cristiano Ronaldo o la Celeste: nessuna delle quali, giusto ribadirlo, è esente da pecche. Le amnesie che hanno costretto il Portogallo agli spareggi e i troppi galli nel pollaio (considerazione che vale anche per l’Uruguay) sono rischi non secondari, e già in passato si sono rivelati fatali.

Le partite della fase a gironi

domenica 20 novembre

17.00 Qatar-Ecuador (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play)

 

lunedì 21 novembre

14.00 Inghilterra-Iran (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

17.00 Senegal-Olanda (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Stati Uniti-Galles (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

martedì 22 novembre

11.00 Argentina-Arabia Saudita (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

14.00 Danimarca-Tunisia (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

17.00 Messico-Polonia (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Francia-Australia (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

mercoledì 23 novembre

11.00 Marocco-Croazia (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

14.00 Germania-Giappone (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

17.00 Spagna-Costa Rica (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Belgio-Canada (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

giovedì 24 novembre

11.00 Svizzera-Camerun (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

14.00 Uruguay-Corea del Sud (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

17.00 Portogallo-Ghana (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Brasile-Serbia (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

  

venerdì 25 novembre

11.00 Galles-Iran (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

14.00 Qatar-Senegal (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

17.00 Olanda-Ecuador (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Inghilterra-Stati Uniti (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

sabato 26 novembre

11.00 Tunisia-Australia (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

14.00 Polonia-Arabia Saudita (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

17.00 Francia-Danimarca (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Argentina-Messico (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

domenica 27 novembre

11.00 Giappone-Costa Rica (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

14.00 Belgio-Marocco (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

17.00 Croazia-Canada (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Spagna-Germania (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

lunedì 28 novembre

11.00 Camerun-Serbia (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

14.00 Corea del Sud-Ghana (diretta tv su Rai 2; diretta streaming su Rai Play) 

17.00 Brasile-Svizzera (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Portogallo-Uruguay (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

martedì 29 novembre

16.00 Ecuador-Senegal (diretta tv su Rai Sport; diretta streaming su Rai Play) 

16.00 Olanda-Qatar (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Iran-Stati Uniti (diretta tv su Rai Sport; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Galles-Inghilterra (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

mercoledì 30 novembre 

16.00 Polonia-Argentina (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

16.00 Arabia Saudita-Messico (diretta tv su Rai Sport; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Tunisia-Francia (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Australia-Danimarca (diretta tv su Rai Sport; diretta streaming su Rai Play) 

 

 

giovedì 1 dicembre

16.00 Croazia-Belgio (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

16.00 Canada-Marocco (diretta tv su Rai Sport; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Giappone-Spagna (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Costa Rica-Germania (diretta tv su Rai Sport; diretta streaming su Rai Play) 

 

venerdì 2 dicembre

16.00 Corea del Sud-Portogallo (diretta tv su Rai Sport; diretta streaming su Rai Play) 

16.00 Ghana-Uruguay (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Serbia-Svizzera (diretta tv su Rai Sport; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Camerun-Brasile (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

OTTAVI DI FINALE

sabato 3 dicembre

16.00 Ottavo di finale 1: Prima gruppo A vs Seconda gruppo B (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Ottavo di finale 2: Prima gruppo C vs Seconda gruppo D (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

domenica 4 dicembre

16.00 Ottavo di finale 3: Prima gruppo D vs Seconda gruppo C (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Ottavo di finale 4: Prima gruppo B vs Seconda gruppo A (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

lunedì 5 dicembre

16.00 Ottavo di finale 5: Prima gruppo E vs Seconda gruppo F (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Ottavo di finale 6: Prima gruppo G vs Seconda gruppo H (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

martedì 6 dicembre

16.00 Ottavo di finale 7: Prima gruppo F vs Seconda gruppo E (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Ottavo di finale 8: Prima gruppo H vs Seconda gruppo G (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

 

QUARTI DI FINALE

venerdì 9 dicembre

16.00 Quarto di finale 1: Vincitrice ottavo di finale 5 vs Vincitrice ottavo di finale 6 (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Quarto di finale 2: Vincitrice ottavo di finale 1 vs Vincitrice ottavo di finale 2 (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

sabato 10 dicembre

16.00 Quarto di finale 3: Vincitrice ottavo di finale 7 vs Vincitrice ottavo di finale 8 (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

20.00 Quarto di finale 4: Vincitrice ottavo di finale 3 vs Vincitrice ottavo di finale 4 (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

SEMIFINALI

martedì 13 dicembre

20.00 Semifinale 1: Vincitrice quarto di vinale 1 vs Vincitrice quarto di finale 2 (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

mercoledì 14 dicembre

20.00 Semifinale 2: Vincitrice quarto di finale 3 vs Vincitrice quarto di finale 4 (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

FINALI

sabato 17 dicembre

16.00 Finale per il terzo posto (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

domenica 18 dicembre

16.00 Finale (diretta tv su Rai 1; diretta streaming su Rai Play) 

 

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