Bruno Pizzul (Ansa)

qatar 2022 - il foglio sportivo

“All'Italia è mancata la scopa d'assi”. Parla Bruno Pizzul

Matteo Rivarola

Intervista alla storica voce della Nazionale: “Con le carte si faceva gruppo. Quante partite con gli Azzurri. Mondiali in Qatar? Io penso vivamente che avrebbero potuto risparmiarseli"

"I Mondiali in Qatar? Io penso vivamente che avrebbero potuto risparmiarseli”, confessa sorridendo Bruno Pizzul, voce storica dal 1986 al 2002 della Nazionale italiana di calcio. “Non si rendono conto che un Mondiale giocato in inverno perde completamente il suo fascino. Una competizione storica, che ha visto protagonisti i più grandi interpreti del pallone, destabilizzata ancora una volta dal tintinnio del vile denaro”. Ma non era solo una scelta legata esclusivamente alle temperature estive, ritenute proibitive? “Ah giusto dove li fanno? – in Qatar diciamo – ma per favore dai, non esiste proprio. Speriamo almeno di vedere delle partite di livello” 

Il primo Mondiale invernale della storia del calcio deve ancora cominciare eppure le perplessità sono tangibili. Sarà l’ultima edizione del torneo a prevedere la partecipazione di 32 nazionali, poiché dal 2026 la competizione verrà estesa a 48 squadre. Tra le 32 partecipanti l’Italia di Mancini non sarà presente, un colpo inaspettato per gli Azzurri. “Non ci potevo credere al fischio finale della gara contro la Macedonia, pensavo di aver visto tutto dopo quell’eliminazione contro la Svezia, eppure… Peccato, perché abbiamo giocatori di qualità, che avrebbero meritato di giocare una competizione simile. La vittoria dell’Europeo avrebbe dovuto regalare una linfa positiva che non è mai sbocciata. Nel calcio di oggi purtroppo manca spesso l’ingrediente principale, il gruppo. Mancini, come i giocatori, vivono uno stato di continuo isolamento, che non aiuta a creare armonia. Ai miei tempi era diverso, si entrava nei ritiri della Nazionale. Ti sentivi parte di qualcosa, imparavi anche i cibi preferiti dai calciatori per quanto tempo trascorrevi insieme”. 

 

Un’occasione per qualche partita a carte per stemperare la tensione. “Sai quante volte… e spesso anche la mattina, prima della partita. Ho visto allenatori cambiare la formazione perché un giocatore gli faceva vincere la partitina di scopa d’assi. Mi ricordo Donadoni, era furbo e vinceva sempre contro chiunque”. I ricordi vissuti insieme non si scordano mai, specie se l’obiettivo finale è la vittoria di un Mondiale. Nel bene o nel male, la storia resta indelebile. Una sensazione provata da Pizzul già in giovanissima età, in occasione del Campionato del mondo di Messico 1970. “Sono le partite che nella mia carriera da giornalista, mi sono rimaste più incise nella memoria. Se chiudo gli occhi percepisco ancora suoni e immagini di quei tempi. Ero appena stato assunto in Rai, mi mandarono a sorpresa a fare la quarta voce. Non avevo nessuna esperienza. Era un calcio fatto di emozioni e sano tifo. I calciatori giocavano per divertire e divertirsi, non c’era spazio per procuratori o agenti, ma solo campo. Prevaleva la meritocrazia”. 

Di quella Nazionale faceva parte anche Dino Zoff, amico di Bruno, fin dai tempi delle scuole superiori. “Eravamo compagni di scuola a Cormons. Lo aspettavo la mattina davanti all’ingresso, lui arrivava con la sua bicicletta da Mariano del Friuli. Non salutava nessuno, era timido, mi dava un cenno e salivamo in classe. Mi ricordo che spesso giocavamo a pallone, lui non era tra i più forti. Eppure, ha fatto una carriera straordinaria. Ha avuto un grande merito rispetto a tanti nostri coetanei, ovvero la determinazione. Ogni volta provava a migliorarsi, lavorava con serietà e una compostezza nei comportamenti da far invidia ai professionisti. Ha vissuto il suo modo di essere campione un po’ come Scirea, entrambi straordinari esempi di correttezza e umiltà in campo e fuori”. 

 

Tutti e due protagonisti dell’indimenticabile notte di Madrid, l’11 luglio 1982. “Che squadra quella di Bearzot, ho solo il rammarico di non averlo vissuto più da vicino quel Campionato del mondo. C’era sintonia in quello spogliatoio. L’Italia non era la squadra più forte del torneo, eppure ha vinto con merito. La bellezza della Coppa del mondo è stata da sempre quella di essere spesso una competizione imprevedibile dal fascino intramontabile. Oggi, quel senso di appartenenza alla maglia della Nazionale si è perso. Il calcio attuale è ricco di personalità molto forti che ne hanno stravolto il significato romantico. Questo mi rattrista”

 

Bruno Pizzul nonostante vent’anni da protagonista a seguito degli Azzurri quell’urlo “Campioni del Mondo”, non è mai riuscito a sprigionarlo dalla tribuna. Un’occasione mancata anche nel suo ultimo Campionato del mondo in Corea e Giappone. “Era il 2002, avevo promesso a me stesso che sarebbero state le ultime telecronache per la Nazionale. Certo non mi aspettavo un epilogo simile. L’arbitro Byron Moreno fece un disastro nell’ottavo di finale contro la Corea del Sud, condannandoci all’eliminazione. Mi ricordo Trapattoni a fine gara. Era fuori di sé gridava e urlava contro chiunque. La colpa, se vogliamo dirla tutta non fu solo di Moreno. Vieri a pochi istanti dal termine, con il portiere a terra, tirò fuori. Lo ricordo bene, diedi un pugno contro il monitor, era più facile fare gol che sbagliare. Peggio di lui, fecero solo alcune trasmissioni locali, che dopo quella vergognosa sconfitta, contattarono Moreno per invitarlo come ospite in trasmissione, offrendogli anche dei soldi. Ecco, in quell’occasione ho capito che forse era arrivato il momento di passare il testimone”. 

Sono passati oltre 20 anni da quella sconfitta e il calcio ormai è in piena evoluzione. “C’è tanta tecnologia attualmente, troppa. Preferivo gli anni Novanta’. La figura del calciatore, come atleta si è persa, è di fatto un istituto di credito, che possiede come obiettivo principale il guadagno personale. Anche il tifo è cambiato. I nostri giorni sono pesantemente contaminati. La violenza è spesso eccessiva in qualsiasi manifestazione sociale. Il rischio è che possa esserci disaffezione nei prossimi anni da parte delle nuove generazioni”. Bruno Pizzul, nostalgico protagonista di un passato, mai così tanto rimpianto.