Qatar 2022 - il Foglio sportivo
I Mondiali e quella maledizione da Pallone d'oro
Nessuna nazionale con il detentore in squadra ha mai vinto la Coppa del Mondo. Riuscirà a farlo la Francia in Qatar? Numeri, statistiche e curiosità
Fatti strani, numeri notevoli e record sensazionali che potrebbero essere infranti, migliorati o peggiorati durante la ventiduesima edizione del Mondiale di calcio, di scena in Qatar fino al 18 dicembre.
Se metteranno piede in campo anche per un minuto, Lionel Messi (Argentina), Cristiano Ronaldo (Portogallo) e Andres Guardado (Messico) avranno disputato il loro quinto Mondiale in carriera: nella storia è capitato solo a Lothar Matthäus e ad altri due messicani, il portiere Antonio Carbajal e il “Gran Capitan” Rafa Marquez. Quest'anno a quota 5 ci sarebbe anche un quarto messicano – il portiere Guillermo Ochoa – che però aveva trascorso in panchina tutta l’edizione di Germania 2006: stessa condizione di Gigi Buffon, cinque Mondiali da convocato, solo quattro da giocatore (nel 1998 si limitò a fare la riserva di Pagliuca). Se segnerà anche una sola rete contro Uruguay, Ghana o Corea del Sud, il divo Cristiano Ronaldo diventerà il primo a uomo a segnare in cinque Mondiali diversi e consecutivi. Quattro anni fa, in Russia, aveva affiancato Pelé, Miroslav Klose e Uwe Seeler: sono loro gli unici calciatori ad aver segnato in quattro edizioni diverse. In Qatar anche Luis Suarez, Edinson Cavani e Messi potrebbero raggiungerli.
Sulla Francia campione in carica grava una potente maledizione che potrebbe impedirle di confermarsi: la Nazionale che schiera il Pallone d'Oro in carica non vince mai. Quelli ad andarci più vicino furono Gianni Rivera (1969), Johan Cruijff (1973), Karl-Heinz Rummenigge (1981), Roberto Baggio (1993) e Ronaldo (1997), tutti sconfitti in finale nel Mondiale dell’anno dopo. A Karim Benzema, che negli ultimi dodici mesi ha fatto a pezzi qualunque teoria sulla longevità di un centravanti, l’arduo compito di ribaltare anche questa statistica.
Sull’Olanda possibile rivelazione grava, per colpa di Max Verstappen, un’altra potente maledizione che potrebbe impedirle di vincere il suo primo titolo: un paese non ha mai vinto il Mondiale di calcio e di Formula 1 nello stesso anno. Ad andarci più vicino la Germania, che nel 2002 festeggiò il terzo Mondiale consecutivo sulla Ferrari di Michael Schumacher ma non la Coppa del Mondo, persa in finale a Yokohama contro il Brasile di Ronaldo.
Tra i 26 ghanesi convocati da Otto Addo c’è anche Iñaki Williams, attaccante dell’Athletic Bilbao che di recente ha completato l’iter burocratico per giocare con il paese d’origine dei suoi genitori. Tra i 26 spagnoli convocati da Luis Enrique c’è anche Nico Williams, compagno di squadra e fratello di Iñaki. I Williams saranno dunque la seconda coppia di fratelli presenti allo stesso Mondiale in due squadre diverse dopo i Boateng nel 2010, che addirittura si affrontarono nella fase a gironi: Jerome nella Germania, Kevin-Prince nel Ghana. Tra i 26 statunitensi convocati da Gregg Berhalter c’è anche Timothy Weah, 22enne attaccante del Lille e figlio del grande George, Pallone d’Oro 1995 e attualmente presidente della Repubblica liberiana. George Weah è dunque il primo capo di Stato della storia ad avere un figlio che partecipa ai Mondiali, peraltro con un paese diverso da quello che lui comanda.
Fino a Russia 2018, a un Mondiale avevano partecipato appena quattro giocatori stranieri nati in Italia: Ernesto Vidal (Uruguay 1950, nato a Buie d’Istria, oggi in Croazia), George Borba (Israele 1970, nato a Macerata), Martino Lettieri (Canada 1986, nato in provincia di Bari) e Thiago Alcantara (Spagna 2018), figlio del brasiliano Mazinho, nato a San Pietro Vernotico (Brindisi). A Qatar 2022 ce ne sono ben tre: il marocchino Walid Cheddira che gioca nel Bari ed è nato a Loreto (Ancona), il polacco Nicola Zalewski che gioca nella Roma ed è nato a Tivoli, il francese Marcus Thuram che è il figlio di Lilian ed è nato a Parma nell’agosto 1997, durante il soggiorno emiliano del papà.
Tra le grandi favorite di Qatar 2022 non si può sottovalutare l’Argentina, se non altro perché dal giorno della scomparsa di Diego Armando Maradona – di cui ricorrono i due anni venerdì 25 novembre – non ha più perso una partita. L’ultima sconfitta dell’Albiceleste risale al 3 luglio 2019 (Brasile-Argentina 2-0): da allora 35 gare utili consecutive e in mezzo anche una Coppa America vinta a casa dei brasiliani nel 2021.
Per la prima volta nella storia tutte le cinque Nazionali africane, per decenni preda di allenatori bianchi, europei e attempati finiti in Africa a svernare (o peggio), saranno allenate da cinque commissari tecnici africani, anzi cinque ct connazionali. Si tratta di Rigobert Song (Camerun), Aliou Cissé (Senegal), Jalel Kadri (Tunisia), Hoalid Regragui (Marocco) e Otto Addo (Ghana).
Dal 1982 in poi, l’Inter e il Bayern Monaco hanno avuto almeno un giocatore in tutte le finali Mondiali. Ecco il dettaglio nerazzurro: Altobelli, Bergomi e Oriali (1982), Rummenigge (1986), Brehme, Klinsmann e Matthaeus (1990), Berti (1994), Djorkaeff e Ronaldo (1998), Ronaldo (2002), Materazzi (2006), Sneijder (2010), Palacio (2014), Brozovic e Perisic (2018). Per conservare la tradizione, è necessario che arrivino in finale l’Argentina di Lautaro e Correa, il Belgio di Lukaku, la Croazia di Brozovic oppure l’Olanda di Dumfries e De Vrij – altrimenti, per chi ama le sorprese, il Camerun di Onana.
Dopo 72 anni l’Inghilterra tornerà a giocare un Mondiale introdotta dall’inno "God Save The King". Dal momento che gli inglesi avevano sdegnosamente snobbato le prime tre edizioni del torneo, era successo solo a Brasile 1950, quando furono clamorosamente eliminati già nella fase a gironi dopo una storica e umiliante disfatta alla seconda partita contro i dilettanti statunitensi. E quest’anno la seconda partita del loro girone è proprio Inghilterra-Stati Uniti.
Il Messico proverà per l’ennesima volta ad abbattere uno dei muri più resistenti della storia del calcio moderno: da sette edizioni “El Tricolor” si ferma puntualmente agli ottavi di finale, quasi sempre per mano di squadre più forti come la Germania (1998), l’Argentina (2006, 2010) o il Brasile (2018). Due grandi rimpianti: la sconfitta ai rigori contro la Bulgaria a Usa ’94, l'amaro 0-2 incassato dagli arci-nemici yankees nel 2002.
Se dopo tutti questi anni ancora vi state chiedendo che accidenti ci fa la Coppa del Mondo in uno “scatolone di sabbia”, come disse un secolo fa Gaetano Salvemini a proposito della Libia, vi ricordiamo infine il premio di ringraziamento versato dal Qatar alla Francia pochi mesi dopo la proclamazione del paese ospitante, avvenuta nel 2010: 14,6 miliardi di aerei da caccia. Lo ha rivelato pochi giorni fa l’ineffabile Joseph Blatter, proprio lui!, in un’intervista al quotidiano svizzero Tages-Anzeiger: “Platini mi disse che Sarkozy gli aveva chiesto di fare il possibile per assegnare il torneo al paese arabo”. Possiamo prendercela quanto vogliamo con il Qatar e con le loro sistematiche violazioni dei diritti umani, e se ci va possiamo anche chiamarli bifolchi cammellari trogloditi, tanto l’indignazione è gratis: ma ricordiamoci sempre che Qatar 2022 chiama in causa soprattutto la cattiva coscienza dell’occidente.
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