Qatar 2022
Non c'era niente di magico nel tentativo di far giocare Sadio Mané in Qatar
L'attaccante del Senegal non giocherà i Mondiali a causa di un infortunio: è stato operato al perone e vedrà i suoi compagni giocare dalla televisione. Ma nessuno stregone è stato chiamato per tentare il "miracolo"
Da piccolo lo chiamavano ‘Ballonbuwa’, mago della palla, ma Sadio Mané si è sempre sentito di più un ‘Gaynde’, un leone; a caccia di trofei da conquistare, soprattutto per il Senegal. Non sarà così questa volta, perché l’attaccante dei ‘Leoni della Teranga’ e del Bayern Monaco ha dovuto dare forfait causa l’infortunio alla testa del perone destro, subito durante Bayern Monaco-Werder Brema dello scorso 8 novembre. A un primo riscontro medico era stato chiamato fuori dal Mondiale, ma nei giorni successivi lo staff del Senegal ha sperato fino all’ultimo di recuperarlo, attendendo il definito esame strumentale che avrebbe deciso il suo destino; non sarebbe stata la prima volte che un calciatore rimanda un intervento sperando di giocare, con tutti i rischi del caso. E poi sono arrivati gli sciamani, stregoni, o così è stato scritto, ma non è vero. Tutto, infatti, è nato da un’intervista rilasciata dal Segretario generale della Fifa a Europe 1, la senegalese Fatma Samoura, che di fronte alla notizia dell’infortunio della stella indiscussa del Senegal ha risposto così: “We are going to use our marabouts”, useremo i marabutti, sperando in un miracolo, che non si è avverato.
Marabutto è un termine islamico utilizzato nell’Africa occidentale che indica una figura al confine tra la sfera religiosa e quella olistica, che a seconda del paese ricopriva ruoli diversi, anche sociali e amministrativi. In Senegal, per esempio, il lavoro dei guaritori è stato riconosciuto dalla medicina scientifica, così come alcuni metodi curativi che sono applicati sui pazienti negli ospedali, soprattutto quelli psichiatrici. Un misto di magia, preghiera, rito e sacralità, in una visione animistica del mondo. Niente di tutto questo è stato utilizzato per guarire Sadio Mané e niente di tutto questo sarebbe servito, tanto che l’attaccante senegalese si è dovuto operare per poi iniziare recupero e riabilitazione; intervento, per quello che sappiamo, perfettamente riuscito. Perché, al di là delle differenze culturali, che vanno sempre rispettate, non si può mai confondere la medicina ufficiale con il resto, soprattutto con lo sguardo italiano di chi nell’epoca del Covid-19 ha dovuto leggere di tutto e di più, in un paese, l’Italia, dove la medicina omeopatica avanza a scapito di quella scientifica e ufficiale.
Sadio Mané è un calciatore che tra Salisburgo, Liverpool e Bayern Monaco ha vinto sei trofei nazionali e tre internazionali, tra cui la Champions del 2019, portando il Senegal a vincere la Coppa d’Africa del 2021 giocata in casa da gennaio a febbraio di quest’anno, causa pandemia. Un uomo che non si è mai dimenticato del suo paese d’origine e delle sue radici, cercando di fare qualcosa di concreto per chi ha meno di lui, a volte niente. Giocare in Qatar il suo secondo e, probabilmente, ultimo Mondiale, considerato che ha trent’anni, era il suo sogno, l’obiettivo di una stagione, forse di una vita, con una squadra attesa da molti a un risultato storico. Più leone che mago, poiché in quello che ha fatto e in come l’ha fatto di magico non c’è proprio niente, semmai c’è il sacrificio, l’impegno, la determinazione, il talento di un ragazzo di Sédhiou, la città dov’è nato. Qualcosa che relegare alla sfera della magia somiglia molto al razzismo che spesso ammanta le nostre parole quando parliamo di Africa e di calcio africano.