qatar 2022 - facce da mondiale
Jonathan David, l'attaccante indie pronto a essere mainstream
Il canadese ha anticipato l'omonima canzone dei Belle and Sebastian di un anno ed è pronto a seguire la parabola della band scozzese
Di segni, oltre che di segnature, si nutre la mitografia del calcio. Cercandoli là dove si trovano, essi si rivelano: nel giugno 2001 la classifica settimanale Nielsen SoundScan, che trattava le vendite delle recenti uscite musicali in Canada, riporta che il nuovo singolo pop degli scozzesi Belle and Sebastian era filato dritto al numero 9. Il brano ha per titolo “Jonathan David”, è il primo cantato dal chitarrista Stevie Jackson, ed è ispirato alla storia biblica dell’amicizia tra l’eroe guerriero e il sovrano degli israeliti: altrove – anche nel natio Regno Unito, dove si piazza solo trentunesima – le chart non sono così munifiche con la canzone, una delle più belle del gruppo. Che, dopo quattro lp, pur essendo già carsicamente noto rincorreva sempre il grande successo di massa. Ma evidentemente il contesto particolare coglie lo spirito dei tanti indie dalla foglia d’acero, che si appuntano: Jonathan David, numero 9, Canada.
Un segno. Nove è il numero che Jonathan David, nato a Brooklyn (come Tim Weah) quattordici giorni dopo il Millennium Bug, indossa nella sua squadra di club, il Lille: nonostante la cittadinanza americana ottenuta appositamente per ius soli, avrà pensato che raggiungere un giorno il campionato mondiale di calcio assieme al Canada fosse sì più impervio rispetto agli Stati Uniti (i Canucks ci erano riusciti solo nel 1986, pieni di oriundi italiani, slavi, greci), ma anche più appagante. Tutto molto indie, certo. Però verosimilmente JD ha scelto di correre per quello che è diventato il suo paese a soli sei anni, dopo il trasferimento a Ottawa dei genitori haïtiani: quindi francofoni, come francese è il sodalizio che l’ha portato alla notorietà di centravanti indie, diventato mainstream grazie alla gavetta.
Peraltro “scontata” proprio in Belgio, nella bellissima Gand, dove ancora lo ricordano bene per i 26 gol in 50 partite e King David è lui, Jonathan. Segna di destro, di sinistro, di testa, da fuori, da centro area, in diagonale, di rapina, di classe; ha tecnica, fisico, velocità, cervello. A nemmeno vent’anni i suoi tredici gol, quasi tutti di pregevole fattura, portano il Lille a vincere la Ligue 1 nella stagione 2020-2021 (con Maignan, Ikoné, Botman, Çelik e appunto Weah jr.) davanti al favoritissimo Paris Saint-Germain, e nelle qualificazioni ai Mondiali realizza tre reti al Suriname, due al Salvador, una decisiva al Costa Rica: fino a raggiungere il disco di platino per ogni calciatore, la qualificazione al massimo torneo internazionale. La Premier League ai suoi massimi livelli ovviamente chiama, per ora JD si è dato il tempo per rispondere quando lo riterrà opportuno, e quel giorno potrebbe dipendere anche dalle sue performance in Qatar.
Eppure, come spesso accadeva nei testi della musica indipendente, “Jonathan David” parla di una sconfitta, anche se in amore: Jules e Jim che si scambiano cortesie, lo sfavorito cede il passo, ma alla fine “it's not as if I'm being sent off to war, there are worse things in the world”. I due saranno amici, come Gionata e il re Davide: sopra il cavallo del primo c’è ancora posto per due, un giorno verrà a capo della scelta di lei. Un giorno, ma non ora: restano solo immagini, visioni. Sono mai state vere? “It's all in the stones that you throw, I want you to know”: ovvero, “come ti fai il letto, così dormi” di prodiana memoria.
Jonathan David, nel calcio, il letto se lo è preparato da solo: gli avranno probabilmente detto di questa oscura filastrocca fiorita, cantata da uno che di solito la voce in musica la adoperava quasi mai. Uno che non era previsto: come la qualificazione del Canada dopo 36 anni, sugli scudi anche Alphonso Davies del Bayern Monaco e Stephen Eustáquio del Porto. La logica dice che non dovrebbe segnare il gol decisivo per vincere contro l’aristocratico Belgio, un re Davide al cospetto dell’outsider Canada, oltre che sua prima terra d’elezione europea. Ma magari il fresco esempio di Arabia Saudita e Tunisia può aiutare Jonathan David, già vice Osimhen, a diventare definitivamente ciò che in fondo è sempre stato: ghiaccio bollente, istantaneo vivere il momento. Anche se si dovesse presentare al centesimo minuto di un recupero ormai sconfinato, senza ritorno.