Qatar 2022
Piano con le pinte per i risultati della prima giornata dei Mondiali
La prima partita è sempre quella in cui i nani giocano da giganti. La storia del calcio, e della Coppa del mondo in particolare, è piena di sbronze tristi
Signori, calma. Posate la pinta, e magari aspettate un po’ prima di farvela riempire di nuovo. E’ bastato il primo turno di partite dei gironi per fare emettere sentenze definitive sulle grandi in difficoltà, le sorprese, i destini ultimi di ogni Nazionale presente in Qatar. Ora è certamente meglio fare questo tipo di esercizio piuttosto che continuare a parlare dei diritti degli omosessuali dicendo che non se ne può parlare, ma ripeto: calma. La storia del calcio, e dei Mondiali in particolare, è piena di sbronze tristi e rutti trattenuti all’esordio. Dovreste saperlo, voi che nel 2014 (l’ultima Coppa del Mondo a cui vi siete qualificati, sembra passato un secolo, Gianni Riotta aveva appena cominciato a parlare di Big Data e Beppe Severgnini era commendatore della Repubblica da soli tre anni) avete esordito con un 2-1 all’Inghilterra: caroselli, pagine di giornali umide e poi sberle e morsi contro Costa Rica e Uruguay.
Calma, la Francia campione nel 2018 iniziò così così, battendo faticosamente Australia e Perù per poi pareggiare con la Danimarca, agli Europei di due anni prima il Portogallo vinse dopo essere stato ripescato (un brindisi a Ronaldo, da ieri il primo di tutti a segnare in cinque Mondiali: è ora di ritirarsi). Limitiamoci a godere per le sconfitte di Argentina e Germania, che tra l’altro anche quattro anni fa erano state inguardabili.
La prima partita del Mondiale è quella in cui i nani giocano da giganti, in cui ci si esalta per i gol di qualche sconosciuto che dimenticheremo in fretta, in cui ci si stupisce che le squadre asiatiche non siano le seghe cosmiche che pensavamo fossero e si sottolinea che alle squadre africane manca sempre qualcosa per essere fortissime (se fossi un collaboratore di Domani direi che c’è del razzismo in tutto ciò, e anche un po’ di appropriazione culturale e di omofobia, per non sbagliarsi).
Calma, quindi, ora bisogna solo trattenere il fiato e far passare questi gironi inguardabili arbitrati da incompetenti che usano il Var come io uso l’acqua, per farmi il bidet, e sopportare ancora l’ipocrisia di Alan Shearer, che sulla Bbc fa la predica sui diritti negati dagli emiri qatarioti e durante l’anno esulta per le vittorie del suo Newcastle, di proprietà degli emiri sauditi, che vietano ai tifosi di vestirsi da arabi sugli spalti. Poi, si spera, si inizierà a parlare di calcio e non di mani sulla bocca, di risultati e non di gesti, di assist e non di sensibilizzazione, di gol e non di lezioni di superiorità. Grazie, Dio, che non mi hai fatto progressista: in queste ore avrei parecchio mal di testa a districarmi tra neocolonialismo culturale europeo, rispetto della millenaria cultura islamica, rispetto dei diritti degli omosessuali, vacanze a Doha già prenotate per Natale, accuse di corruzione alla Fifa, investimenti personali in qualche fondo gestito dal Qatar. Oggi torniamo in campo noi, ci tocca battere quelli della colonia oltreoceano, che meritano di uscire dal Mondiale anche soltanto per la pettinatura di McKennie (prossima volta si mete le extension bionde?). L’obiettivo è sopravvivere agli interminabili minuti di recupero. E iniziare la battaglia dura contro l’introduzione del tempo effettivo nel calcio. Piuttosto divento astemio, maledetti.