pagine di Qatar 2022
I Fratelli Qatarazov. Il Mondiale spiegato con Dostoevskij e Battiato
L’autore che meglio di tutti potrebbe incarnare il senso profondo, quasi insondabile, della più controversa Coppa del mondo della storia del callcio, è il mistico, teologo, prima vescovo e poi eremita del cristianesimo orientale Isacco di Ninive
Ma se questo così tanto vituperato Mondiale di calcio lo giocassero i libri, invece dei calciatori, come andrebbe a finire? Intendo proprio un torneo in cui le 32 nazioni, invece di schierare una rosa di giocatori, mettessero in campo i libri, la tradizione letteraria o, quanto meno, la produzione editoriale del proprio paese. Chi vincerebbe se i gol li segnassero le pagine, le parole, frasi di romanzo o i versi di poemi? Ma, a parte vincere o perdere, chi scenderebbe in campo a “difendere i colori” della propria nazione letteraria?
Già, sarebbe facile mettere insieme una squadra di scrittori inglesi, o francesi, o tedeschi, o spagnoli, o brasiliani. Oppure difficilissimo, dal momento che un commissario tecnico-letterario vivrebbe terribilmente nell’imbarazzo della scelta, tanto che sarebbe costretto a lasciarne fuori moltissimi e la sua Nazionale sarebbe solamente una delle tante e, quale sia il criterio di selezione, alla fine scontenterebbe tutti. Discorso del tutto diverso per un selezionatore del Qatar o del Costarica… Dovrebbe probabilmente ingegnarsi e aprire frontiere e convocazioni a narratori, saggisti o poeti stranieri che in quel paese non ci sono nati, che però lo hanno attraversato, raccontato o, anche, magari solo immaginato nei loro libri: sarebbe il festival delle “penne oriunde”, e magari mica solo delle “penne”.
Prendete proprio, per esempio, la nazione ospite: il Qatar. L’intricata vicenda che dodici anni fa vide il comitato esecutivo della Fifa assegnare l’organizzazione della Coppa del Mondo 2022 al piccolo ma molto discusso emirato della Penisola arabica, con tutti le sue complesse implicazioni di contese geopolitiche, di gestione delle risorse energetiche, di poteri finanziari, mediatici e tecnologici, di terrorismo internazionale, di spregio dei diritti civili, viene raccontata da un reportage, Qatar 2022. Un mistero mondiale, scritto da Gianluca Mazzini, vicedirettore di Sport Mediaset, e pubblicato fin dal 2019 (Lupetti), ma passato quasi sotto silenzio da buona parte della stampa.
Sempre del 2019, e pubblicato da Rizzoli, è un altro libro-inchiesta di due reporter francesi, Claude Chesnot (Radio France) e Georges Malbrunot (Le Figaro), Qatar Papers. Tutti i documenti sui finanziamenti dell’Emirato in Italia e in Europa, che indaga le relazioni finanziarie e politiche che da anni legano l’emirato ad alcuni paesi europei, in particolare proprio l’Italia: un pervasivo soft power, in particolar modo nel campo immobiliare e dell’entertainment sportivo, con cui l’organizzazione non governativa Qatar Charity sta cercando di rompere l’isolamento in cui gli altri stati arabi hanno confinato l’emirato, accusato di sostenere in modo mascherato i movimenti islamisti internazionali.
Altri tre libri, non tradotti in italiano, ma che possono essere utili per avere qualche strumento in più per interpretare il complesso tessuto storico, culturale ed economico del Qatar sono: un recente reportage di viaggio, La perla del Golfo (Ediciones Peninsula, ottobre 2022), di due autori spagnoli, Ignacio Álvarez-Ossorio e Ignacio Gutiérrez de Téran, in cui si descrive la rapida evoluzione – poco più di un decennio – di un paese di pescatori e raccoglitori di perle alla nazione con il più alto reddito pro-capite mondiale; la biografia di Jassim bin Mohammed Al Thani (1825-1913), il fondatore dell’emirato, Jassim the Leader. Founder of Qatar (2012, Profile Books Ltd), scritta da Mohamed A. J. Althani, già ministro del governo qatariota; e, infine, Infomocracy (Tor.Com, 2017), romanzo distopico della scrittrice e ricercatrice americana Malka Older, ambientato tra Parigi, Tokyo e una futuristica Doha, in cui l’informazione è l’unica, potentissima moneta di scambio.
Guardando, invece, seppur di sghimbescio, le prime partite di questa Coppa del Mondo, l’autore che meglio di tutti potrebbe incarnare il senso profondo, quasi insondabile, della più controversa Coppa del mondo della storia del football, è il mistico, teologo, prima vescovo e poi eremita del cristianesimo orientale Isacco di Ninive, vissuto nel VII sec. d.C. e che, a dispetto del nome – Ninive si trova in Mesopotamia, sulle rive del Tigri – era di origini qatariote (o qatarine, chissà come si dice davvero). Isacco, detto anche Isacco il Siro, viene citato nientemeno che da Dostoevskij nel bel mezzo de I fratelli Karamazov . E quelli che se ne intendono di queste cose dicono che tutta l’opera del vecchio Fëdor è pervasa dal pensiero mistico di Isacco, soprattutto quando sostiene che per assistere alla luce divina bisogna penetrare il peccato, che dagli inferi è impossibile fuggire e quindi dobbiamo averli a cuore gli inferi, e accarezzarne il mostro, leccare il fango. Sempre Isacco, nei suoi discorsi ascetici, pubblicati nel 2019 (Edizioni San Clemente / Edizioni Studio Domenicano), scrive: "Senza conoscere la tentazione delle passioni non è possibile conoscere la verità. La tentazione è il luogo in cui noi conosciamo la verità".
Chissà se i qatarini (o qatarioti, quelli ricchi, intendo) la pensano davvero così. Ma siccome a citare i Karamazov, e Stavrogin ne I demoni, e il principe Myskin ne L’idiota, non basterebbero tutte le pagine del Foglio di oggi, ci rifugiamo nella sintesi sincretica, e canzonettistica, di un maestro. In un passo di Mesopotamia (canzone contenuta nell’album Fisiognomica, del 1988), Franco Battiato scrive: "Dormo spesso dentro a un sacco a pelo / perché non voglio perdere i contatti con la terra. / La valle dei due fiumi della Mesopotamia / che vide alle sue rive Isacco di Ninive. / Che cosa resterà di me? / Del transito terrestre? / Di tutte le impressioni che ho avuto in questa vita?". Ecco: cosa resterà del transito terrestre del Mondiale qatariota nelle nostre memorie abituate a scandirci gli anni, ormai in numero ragguardevole, di coppa in coppa? E pazienza se il nostro amato sufi etneo aveva pensato questa perla di saggezza mistica per farla cantare a Gianni Morandi, immortale asceta di Monghidoro.