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Il Foglio sportivo - storie di storie

Il calcio tra business e romanticismo

Mauro Berruto

Il calcio sembra ormai camminare su un doppio binario: quello della deriva economica, autoritaria, oligarchica che tratta i tifosi come clienti e, sempre più, come polli e quello che resta nel cuore, nella memoria e nel dna costruito in un cortile, in un oratorio o in un campetto di periferia. Due libri

Il Mondiale sta entrando nel vivo e, come sempre succede, le attenzioni sulla geopolitica, sulle violazioni dei diritti, sulle incongruenze che lo sport più amato e diffuso al mondo hanno generato, lasciano spazio al ritorno di fiamma della pura passione sportiva. Il calcio sembra ormai camminare su un doppio binario: quello della deriva economica, autoritaria, oligarchica che tratta i tifosi come clienti e, sempre più, come polli (nel senso di ingannabili e spennabili) e quello che resta nel cuore, nella memoria e nel dna costruito in un cortile, in un oratorio o in un campetto di periferia. Così mi sembra giusto rendere merito a due libri che descrivono bene queste due anime. Il primo saggio che analizza con rigore scientifico il calcio dei nuovi potentati economici e geopolitici è di Marco Bellinazzo, Le nuove guerre del calcio. Gli affari delle corporation e la rivolta dei tifosi (Feltrinelli, 2022). Attuale più che mai nella settimana dominata dal terremoto delle dimissioni del cda della Juventus e dalle nuvole più nere che bianconere che si addensano sul club, ha il suo prologo in quella che Bellinazzo chiama “La notte del golpe”, quel 18 aprile 2021 quando sui quotidiani apparve la notizia dell’imminente lancio di una Super League, formata dai top club europei. Golpe sventato (o forse rimandato?) proprio dall’azione genuina e passionale dei tifosi, in particolare quelli inglesi scesi in piazza a prendere, letteralmente, per la collottola i dirigenti dei loro club per impedire quel passo. Bellinazzo in 350 densissime pagine va oltre la punta di dell’iceberg Super League (e in effetti la faccenda del Titanic un po’ risuona) e analizza con lucidità e dettagli un universo calcistico che ha a che fare con Russia, Ucraina, recessione economica, assedio dei fondi di investimento ai club, crypto-football, diritti tv, sport entartainment, scommesse. Dato che, a leggere, a un certo punto verrebbe voglia di dimenticarsi per sempre di questo sport, Bellinazzo che è esperto di finanza, ma anche uno di quei fortunati napoletani che ha avuto modo di vedere con i suoi occhi Maradona, sa che sognare è un’attività necessaria alla salute e chiude con il capitolo “Calcio e democrazia” dove rivendica il tifo come esperienza di resistenza popolare. Nell’ultimo paragrafo (“da Maradona al meta-football”) c’è un’apologia della memoria, della nostalgia, dei legami emotivi che restano, scrive Bellinazzo, “una miniera inesauribile”, un immenso “patrimonio economico-sentimentale”.

 

Dunque, per piacere e necessità di risintonizzarsi con questo immenso patrimonio sentimentale ecco la scelta del secondo libro, un lavoro antiretorico, una specie di romanzo storico che si sviluppa in sedici capitoli fatti di storie note e vere chicche da intenditori: Federico Greco e Daniele Felicetti, Calcio (poco) romantico (Urbone publishing, 2016). Il sottotitolo del libro (“Il calcio romantico non è mai esistito. La passione, quella sì, è romantica di sicuro”) già chiarisce dove si andrà a parare. Citando Flaubert, in apertura, i due autori ricordano che “il ne faut pas toucher aux idoles: la dorure nous enreste aux doigts”  (“non bisognerebbe mai toccare gli idoli, perché la doratura rimane sulle nostre dita”). Greco e Felicetti, fortunatamente, contraddicono il loro stesso consiglio e quegli idoli calcistici li vanno a cercare nello spazio e nel tempo, toccano, li spogliano, li umanizzano. Ed è quella doratura che resta sulle nostre dita ad aumentare la nostalgia per un’idea di calcio che sentiamo da qualche parte nell’anima, con la quale siamo cresciuti e verso la quale vorremmo ritornare, non fosse per altra ragione che quella di rivivere la nostra adolescenza. Ecco spiegato il sottotitolo: romantico non è il calcio in sé, ma la nostra passione. Non esiste nessuna età dell’oro, suggeriscono gli autori, né il calcio degli anni Trenta né quello piegato da ragioni finanziarie e geopolitiche di oggi. Esiste soltanto la nostra voglia, senza tempo, di sognare correndo dietro a un pallone o incaricando un nostro idolo di farlo per noi. 

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