qatar 2022 - facce da mondiale
Wojciech Szczęsny è risparmio energetico
Il portiere della Polonia e della Juventus è la quintessenza dell'essenzialità, tutto in lui è calcolato per essere il meno appariscente possibile. Per questo spesso non ci si accorge della difficoltà di certe sue parate. Fino a quando ai Mondiali para due rigori
Il grande problema di chi decide di indossare i guantoni e usare le mani in uno sport che si gioca con i piedi è che è impossibile far capire perché si ha deciso, un giorno, di usare le mani in uno sport che si gioca con i piedi. Ti guarderanno sempre con sospetto, a volte ti esalteranno, ti applaudiranno, ma sempre con sospetto, con un certo fastidio. D’altra parte il portiere, quando gioca contro la nostra squadra, è quello che rovina gol potenzialmente meravigliosi, rimanda o cancella le esultanze; e quando invece difende la “nostra” porta non è mai all’altezza della perfezione che a lui si chiede. Ed è solo colpa sua, perché un giorno, quel giorno di parecchio tempo prima, decise di usare le mani in uno sport che si gioca con i piedi.
Ci sono portieri a cui va meglio e portieri a cui va peggio. I primi sono quelli che si tuffano, si lanciano, rendono la difesa della porta teatro, forma e intrattenimento. È sintomo di furbizia il far sembrare un intervento più difficile di quanto lo è davvero. Ci si deve pur salvare, no?, si deve pur sopravvivere in qualche modo, è affatto detestabile il desiderio di essere apprezzati, amati, per quel che si fa.
Sono mica tutti buoni a farlo però, c’è chi si affida, si è affidato, al risparmio energetico ed emotivo, al basso profilo. Non è molto diverso il ruolo di un portiere da quello di un intellettuale, entrambi analizzano situazioni complesse e le interpretano al meglio per renderla comprensibile ai più. Alcuni fanno i fenomeni in tv e sui social, altri preferiscono fare il loro lavoro e basta, in modo compìto ed essenziale, fregandosene di frizzi e lazzi. Ai primi arrivano gli applausi curiosi ed emotivi, gli uau che fanno coppia con le maledizioni e gli improperi di chi la pensa in modo opposto; ai secondi un po’ di stima, ma parecchio solida, pochi encomi, una certa indifferenza e parecchie critiche quando sbagliano.
Wojciech Szczęsny non sbaglia spesso, quasi mai. A volte però capita e quando accade non è mai una botta e via, ci ricasca e così va a finire che dicono di lui che è finito, che ha preso la sbandata e la parabola della sua carriera sia ormai irrimediabilmente calante. Non è tipo da voler sentire parlare di lui. Anche perché parlano mai di un portiere quando tutto va bene, non di almeno uno come lui, uno che va a risparmio energetico: se per prendere un pallone posso stare fermo, sto fermo; se deve fare un passo ed evitare il tuffo, faccio un passo ed evito il tuffo. S’è mai arruffianato nessuno Wojciech Szczęsny con balzi e parate a favor di pubblico e telecamera. Tipo Dino Zoff, ma meno elegante.
Sa benissimo Wojciech Szczęsny che se si parla di lui è per qualche errore che ha fatto. Va sempre così: sbaglio chiama sbaglio che chiama critiche, che chiamano le luci del palcoscenico. E lui sa benissimo di non avere la presenza scenica del danseur étoile, gli interessa nemmeno averla, gradirebbe solo una tranquilla penombra.
È per questo che Wojciech Szczęsny passa inosservato e quando ci si accorge di lui è perché l’ha combinata grossa. O forse solo non ha fatto un di più per evitare un gol. Non va mai bene nulla a nessuno di quello che fa Wojciech Szczęsny, salvo poi fare i conti a fine stagione, o a fine partita, rivedere la partita e capire che certi palloni non hanno superato la linea di porta, non perché erano loffi o poco pericolosi, ma perché Wojciech Szczęsny si era posizionato magistralmente e aveva anticipato i pensieri dell’attaccante di quel tanto che bastava per arrivare al pallone facendo sembrare tutto parecchio semplice. Poi arriva in Qatar e in tre partite il portiere della Polonia para due rigori e contribuisce, e parecchio, al passaggio agli ottavi della Nazionale polacca ed entra negli annali della Coppa del mondo: a parare due calci di rigore in un torneo (e non dopo i supplementari) c'erani riusciti solo l'americano Brad Friedel nel 2002 e il polacco Jan Tomaszewski nel 1974. Non i due più forti della storia certo, ma nessun record è perfetto.