Qatar 2022
Cari spagnoli, a fare i furbi nel girone finisce sempre male
Il Marocco vince dopo una partita in cui la Spagna ha confermato il suo essere una squadra fuffa, attaccando per 120 minuti senza sfiorare mai davvero il gol, ed è stata punita ai rigori. Purtroppo adesso bisognerà sorbirsi le letture sociologiche e geopolitiche
Lo avevo detto che il Marocco mi avrebbe smentito sui quarti con le solite, anche se dovrei dire che la Spagna ha confermato il suo essere una squadra fuffa allenata da un finto profeta che ha vinto solo una partita su quattro, che ha attaccato per 120 minuti senza sfiorare mai davvero il gol, ed è stata punita dall’Allah del calcio. Era scritto (e io lo avevo scritto, ispirato dal brandy): a fare i furbi calcolatori nel girone, perdendo apposta per incontrare il Marocco, la si prende dove piaceva a Infantino il giorno dell’inizio dei Mondiali. Adesso bisognerà sorbirsi le letture sociologiche già iniziate da qualche ora, quando Repubblica ha presentato la sfida con un molto sobrio “un millennio di tensioni su un campo di calcio”.
Per l’occasione la geopolitica ha lasciato spazio alla storia: “L’ottavo di finale di oggi pomeriggio è l’espressione di una rivalità tra popoli iniziata circa 1.300 anni fa con l’invasione della penisola iberica da parte del Califfato Omayyade”. Vi ricordate quando, solo la scorsa settimana, avevano caricato di seghe geopolitiche Iran-Stati Uniti? “Molto più di una partita di calcio”, “Attesa e tensione (non solo in campo)”, “Quando la politica scende in campo”, e così via. La partita è poi finita 1-0 per gli americani, l’Iran è stato eliminato, gli Stati Uniti sono andati a avanti e poi agli ottavi si sono dimenticati di difendere e hanno preso tre cannoni dagli olandesi. Fine.
Nella corsa a trasformare il Mondiale in un perenne qualcos’altro si è inserito alla grande il Corriere della Sera, che non potendo raccontare per ovvie ragioni di baci gay a bordocampo si fa conservatore e ci fa due palle buoniste così sul “Mondiale formato famiglia”: il bacio di Hakimi alla madre, l’abbraccio tra Szczesny e il figlio in lacrime per l’eliminazione della Polonia (ma che ovviamente trae una lezione dalla sconfitta del papà, ci rassicura l’inviata del Corriere), la corsa di Gvardiol dalla mamma, quella di Sterling in Inghilterra dopo l’assalto armato a casa sua, i complimenti dei ct per come le mamme hanno educato i figli, un bel minestrone di buoni sentimenti da famiglia tradizionale che piaceranno moltissimo ai pasdaran delle fasce arcobaleno.
Fatemi brindare ancora all’eliminazione del Giappone che, oltre a confermare il fatto che le prime due settimane del Mondiale sono una inutile passerella di squadre che non verranno ricordate, ci ha liberato dagli elogi per come lasciano in ordine lo spogliatoio e puliti gli spalti. Tutti emozionati in Italia per l’inchino dell’allenatore giapponese di fronte ai suoi tifosi, però, con decine di “prendiamo esempio!”, “ah se fossero tutti così”, “quanto abbiamo da imparare” a commento. Ora, io capisco la vostra mania di dire sempre che gli altri sono migliori di voi, ma non mi risulta che solitamente allenatori e commissari tecnici mandino a fanculo i propri tifosi salutandoli a fine partita (ma capisco che dato l’andazzo di questo Mondiale vi piaccia di più uno che si piega di uno che applaude).
Saluto la fine degli ottavi di finale (e mi prendo un giorno di pausa da questi inutili articoli che scrivo rotolandomi nel letto) segnalando la polemica – se fossi a Raisport la definirei “esplosiva” – che in Germania sta montando attorno al secondo Mondiale pietoso di fila. Troppo impegnati a fare gli impegnati per difendere il diritto di mettere i würstel in tutti i tipi di panino, i tedeschi hanno dimenticato cosa erano andati a fare in Qatar. “Cosa vuole la Germania dai suoi calciatori?”, si chiede in un editoriale la storica rivista sportiva Kicker. “Devono, loro che per professione devono impegnarsi sul campo, salvare il mondo con i loro messaggi politici e un atteggiamento virtuoso? O dovrebbero difendere la loro porta e segnare agli avversari?”. Sapete come la penso (non verrò mai invitato come ospite al Circolo dei Mondiali, temo), e faccio un appello: amici tedeschi, avete la birra più buona del mondo. Fatene buon uso.