tasse e palloni
Le rate non sono un regalo. Ma il calcio è davvero fuori budget
L’inutile campagna populista contro la rateizzazione per i club. Quali sono i veri problemi del sistema calcio in Italia (e non solo in Italia)
Dice il ministro dello Sport Andrea Abodi, mostrandosi equanime, “non amo il giustizialismo”. Però non nasconde il brivido di un avviso ai naviganti: “Per quanto riguarda il caso Juventus si tratta di un club che probabilmente non rimarrà il solo. Ci permetterà di fare pulizia”. Tralasciando il caso torinese, a tema è ancora una volta lo stato di salute, non buonissimo, del calcio italiano: inteso come un sistema più finanziario che capitalistico, non di rado ancora familistico, nel complesso mal governato e con numerosi sprofondi di bilancio che si cerca fin che si può di tenere nascosti.
Il governo, però, è alle prese con un’altra grossa grana, di tipo fiscale, con i club di Serie A. L’antefatto è la sospensione decisa lo scorso anno (dicembre 2021) dei versamenti fiscali per le società, in ragione della crisi di liquidità dovuta alla chiusura degli stadi per il Covid – di fatto l’unico vero “ristoro” per il calcio, mentre per lo spettacolo e il turismo, comprensibilmente, i ristori sono stati cospicui: del resto un teatro chiuso è chiuso e basta; invece il calcio ha continuato a funzionicchiare in tv, sebbene con severi tagli di introiti e sponsor. Nel 2019 pre Covid, il calcio professionistico (in gran parte la Serie A) aveva pagato circa un miliardo di imposte. Ora il nuovo governo, interessato a limitare gli ammanchi di cassa, ha pensato di far rientrare tutti e subito quei contributi sospesi. Panico. Le società hanno lanciato l’allarme: tutti e subito è un disastro di liquidità, la proposta è rateizzare fino cinque anni. E’ allora che è iniziata una campagna forzata, di sapore populista, contro le malefatte (presunte, che sono diverse da quelle vere) del calcio. Con persino politici insospettabili come Renzi a tuonare: “Dare dei soldi alle società professionistiche di calcio, dopo tutte le schifezze che hanno fatto, sarebbe una vergogna”. Non è esattamente così.
Anche Renzi s’è fatto tradire dalla passione. Il punto non è infatti di fare regali, ma di consentire un rientro sostenibile a un sistema tuttora in difficoltà (e questo è un diverso problema), senza però finire stritolato da un meccanismo che voleva essere d’aiuto. Riassunto. Lo stop deciso nel dicembre 2021 valeva fino a marzo ’22. A quel punto i club chiedono di poter avviare a una rateazione; il governo invece opta per una proroga ad agosto ’22. In vista della quale ancora i club chiedono di rateizzare, ma il governo, nel bailamme del cambio della guardia, preferisce rimandare tutto a dicembre per poi rivedere il tutto nella legge di bilancio 2023. Soltanto che il nuovo governo si dimentica di intervenire: bisogna pagare tutto entro il 22 dicembre. E, per le società che non riuscissero a farlo, scatterebbe un piano di rateizzazione sì, ma con una penale che potrebbe arrivare al 10 per cento.
Da qui la proposta, avanzata anche in sede di audizione alla commissione Bilancio dal presidente della Lega di Serie A, Lorenzo Casini, di una rateizzazione in 5 anni ma senza l’applicazione di sanzioni e, inoltre, evitando le penalizzazioni di legge e le altre sanzioni amministrative o sportive che, a legislazione vigente, rischierebbero di scattare per le squadre considerate inadempienti. Quindi non ha molto senso dire che “con l’avvicinarsi della scadenza di dicembre, sono iniziate le solite pressioni per ottenere una proroga”, come scrive il Fatto. Tutto questo senza nascondersi che l’intero sistema del calcio va rivisto e al più presto. Ma conviene farlo tenendo ben divisa la questione delle tasse sospese provvisoriamente e per un preciso motivo da quella di mettere ordine in un sistema fuori controllo. E in cui il Covid ha solo aggravato situazioni debitorie ingestibili. Va anche detto, questo sì, che non sono stati gli stadi chiusi a colpire a morte i club. Certo, si parla di un 30 per cento di fatturato in meno; ma la Juventus, la squadra che incassa di più da stadio, nel 2019 aveva incassato 69 milioni, l’Inter 40 e il Napoli solo 17. Insomma non è stato solo il lockdown. I buchi finanziari c’erano già, i club di C che falliscono sono numerosi, tante le cattive gestioni. Poi stipendi folli e acquisti peggio, le plusvalenze usate come palliativi di carta. E un calcio mal gestito, costretto indebitarsi e a svendere, alla fine finisce per essere il meno appetibile anche per le tv e i grandi sponsor. Servono regole e controlli, ma a proposito di aiuti legittimi, c’è ad esempio il tema di trovare il modo di far arrivare una parte degli introiti da scommesse sullo sport anche al calcio. Ma sulle tasse da pagare, il governo dovrebbe riflettere con attenzione.