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Qatar 2022

Bono ha detto la verità su come si parano i rigori

Giovanni Battistuzzi

Come si respingono due rigori su tre alla Spagna? Il portiere del Marocco Yassine Bounou ha detto che serve “un po’ di intuito, molta fortuna e basta! I rigori sono solo questo!”, smontando così quarant'anni di ipotesi, teorie, speculazioni più o meno scientifiche. Finalmente qualcuno ha avuto l'onestà di dirlo (chi ha fatto il portiere lo sapeva già)

Asentire i suoi compagni della Nazionale marocchina e del Siviglia, Yassine Bounou è soprattutto un uomo intelligente, uno di quelli che quando parlano hanno qualcosa da dire, al quale frega poco o niente di dimostrare di essere una guida. Non ne ha bisogno. Quando parla, e parla poco, lo stanno ad ascoltare e basta, perché non dice fesserie, intuisce subito il fulcro della questione, sa indicare una strada se non giusta quantomeno plausibile, non fa mai il bauscia.

 

Di lui Alfredo Santaelena, il suo allenatore all’Atletico Madrid B, il primo che ha avuto in Europa, disse che aveva il dono della sintesi, “sia nella testa, sia in campo”, soprattutto “l’onestà di non cercare scuse”.

 

Per sintesi si chiama, si fa chiamare, Bono; sa che è meglio la sostanza che l’appariscenza, meglio un applauso in meno di un gol in più, per cui poca scena: essenzialità nei movimenti e attenzione estrema al posizionamento: se un portiere sa dove stare, para di più e più facilmente.

 

Per onestà di non cercare scuse dice le cose come stanno, senza ricamarci troppo su, soprattutto non esagerando mai e non attribuendo mai ad altre colpe che valuta sue. Uno su cui si può contare, a cui dare fiducia assoluta. Per questo i difensori che ha davanti sono sereni, “so di avere le spalle coperte”, disse a Marca il brasiliano Fernando, spiegando il motivo del suo rendimento, quell’anno, molto positivo. Era un anno fa e il Siviglia aveva appena pareggiato 1-1 con il Barcellona: Bono non aveva ancora ricevuto il premio Zamora per il miglior portiere della Liga.

 

Per onestà, martedì sera al termine del quarto di finale del Mondiale 2022 vinto dal Marocco ai rigori contro la Spagna, Yassine Bounou, per sintesi chiamato Bono, ha detto che per parare un rigore serve “un po’ di intuito, molta fortuna e basta! Non c’è molto da dire in realtà. I rigori sono solo questo!”. Ne ha parati due su tre. L’altro, il primo, ha colpito il palo. Con onestà avrebbe anche potuto dire che quei due rigori parati erano stati calciati parecchio male da Carlos Soler e Sergio Busquets, ma poteva essere frainteso, finire per far la parte del bauscia. Ha detto niente di questo, solo quello che in pochi hanno avuto l’onestà di dire: per parare un rigore “ci vuole un po’ di intuito e molta fortuna”. Ben più esplicito fu Paul Cooper: “Quando si è davanti al rigorista ci vuole un bel po’ di calma, molta concentrazione e tantissimo culo”. Aggiunse: “Quest’anno ne ho avuto parecchio”. Era il 1980 e nella stagione appena conclusa, all’Ipswich Town, aveva parato otto calci di rigore su dieci che gli avevano tirato contro. Alla faccia di tutti gli espertoni, dei filosofi del calcio che insistono sulla psicologia per spiegare come ci siano portieri più bravi degli altri a respingere i tiri dal dischetto.

 

Dagli anni Ottanta a oggi si sono susseguite ipotesi, teorie, speculazioni più o meno scientifiche. Ci sono impegnati psicologi, neuroscienziati, sociologi, filosofi, statistici e tutti hanno convenuto, sicuramente con loro stessi, che una ricetta c’era per parare un rigore. C’era chi diceva che tutto stava nel gioco di braccia; chi sosteneva che fosse una questione di sguardi, tipo canzone di Paola Turci; chi una questione di non sguardi; chi di nervosismo imposto; chi solo questione di studio perché sapendo verso dove un giocatore era solito si poteva facilmente intuire la direzione. In periodo di big data e data analyst Robert Lewandowski ha segnato settantadue rigori su ottantuno, spesso calciandoli bassi alla sinistra del portiere. Se ne è fatto parare uno in Qatar da Guillermo Ochoa: “Ho studiato per due settimane il modo di tirare i rigori di Lewa. E' sempre difficile quando guardi i video: vedi più di 50 rigori e non sai mai quale sia il lato giusto dove buttarsi. E’ andata bene”.

 

Ci vuole un po’ di intuito e molta fortuna. Perché un minimo di talento ci deve essere, serve decidere in un attimo dove è meglio buttarsi, lasciarsi guidare da un dettaglio dei movimenti di chi ti è a undici metri di distanza, scegliere il momento giusto per muoversi, battezzare il lato, soprattutto sperare di prenderlo. E soprattutto che chi si ha davanti calci in modo non impeccabile. Forse non è culo, ma ci va vicino.

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