Dialoghi mondiali /19
Ai Mondiali ha vinto la Fifa
Polemiche, critiche, proteste, poi tutti hanno cominciato a pensare solo al campo. Piano a dare Ronaldo per finito e a dare per iniziata l'era post-Cristiano
“Dialoghi mondiali” accompagnerà ogni giorno di Qatar 2022. Un dialogo quotidiano tra il calcio e il faceto tra Fulvio Paglialunga e Giuseppe Pastore sui temi di giornata, o forse no, dei primi Mondiali invernali della storia.
Giuseppe – Che hai fatto ieri? Ti sei rivisto una replica del primo tempo di Argentina-Arabia Saudita per non lasciare che la trappola del fuorigioco progettata da Hervé Renard si perdesse troppo presto nell'oblio?
Fulvio – In realtà mi sono riletto il quadro dei quarti e devo dire che continuano a piacermi moltissimo. Ci aspettano belle partite, grandi inquadrature di Infantino. Ecco, ieri un po’ mi mancava Infantino, mentre immaginavo il funzionario Fifa in regia che quando vede una buona inquadratura dice “vai vai, vai ora con la camera”. Credo che esista davvero un tipo del genere, che dice anche “non inquadrare Neuer con quella fascia!” “Attento, c’è un invasore, stacca!”. Un uomo tristissimo, in un Mondiale bellissimo.
Giuseppe – Bellissimo, dici. Posso essere d'accordo. Notavo che siamo solo a un Benzema da una situazione mai avvenuta prima in un Mondiale: un Pallone d'Oro in ogni quarto di finale, ovvero Modric (Brasile-Croazia), Messi (Argentina-Olanda) e Ronaldo (Portogallo-Marocco). Certo, in Francia-Inghilterra c'è Mbappé che sembra il Pallone d'Oro in pectore... Vuol dire che questo Mondiale si è riservato il meglio per il finale, un'infinità di cartucce da sparare nelle ultime otto partite, e non è una cosa che capita spesso nei tornei così spasmodicamente attesi. Anzi, oserei dire che è capitato molto di rado.
Fulvio – Attenzione, perché non è detto che sia un caso, perché Mbappé ha la forza e la voglia di battere tutti i record. Lui potrebbe essere capocannoniere del torneo e prossimo Pallone d'oro e se dovesse vincere il Mondiale replicherebbe un'impresa che non riesce dai tempi di Paolo Rossi, nell'82. Soprattutto finora, a parte Messi, i giocatori che hanno brillato nelle squadre arrivate ai quarti sono quelli che non hanno ancora vinto premi individuali, cosa che non sempre in automatico vuol dire premi di squadra. Però i quarti potrebbero cambiare anche questa narrazione, perché sono imprevedibili e perché sono partite che mettono paura, quindi l'esperienza e l'essere grandi giocatori può aiutare. Solo il Marocco è un autentico collettivo: nel senso che gli altri hanno in squadra chi può tirare fuori dalla spazzatura il tiro della vittoria, il Marocco o gioca di squadra o non è. Ma finora ha giocato così meravigliosamente di squadra che mi sento di scommettere su un'altra loro grande partita.
Giuseppe – Sì, il Marocco mi ha sorpreso almeno tre volte. Non pensavo che dopo l'ottimo esordio contro la Croazia potesse fare ancora meglio contro il Belgio, e invece. Pensavo che dopo il 2-0 contro il Belgio potesse risentire della pressione del match point contro il Canada, e invece no. Pensavo che la Spagna presto o tardi avrebbe prevalso, e invece no. Allo stesso modo non penso che possano addirittura spingersi là dove l'Africa non è mai arrivata, ma sono pronto a essere ancora smentito: è una squadra di astuzia, organizzazione, polmoni e cuore, tutte doti in cui eccelle Sofyan Amrabat, ampiamente uno dei migliori 5 giocatori di quest'edizione. C'è solo da capire quanto possano essere stanchi, dopo tutto questo tour de force: appagati no, non credo proprio.
Fulvio – Voglio portare un velo di malinconia a questa discussione, perché si comincia ad avvertire l’aria da “la musica è finita, gli amici se ne vanno”, e in Qatar non mi pare stiano perdendo tempo. Lo stadio 974, quello dove il Brasile ha ballato l’altro giorno mentre batteva la Corea del Sud, è già in fase di smontaggio. Una roba incredibile, se ci pensi. È costruito con container e verrà rimontato chissà dove. Ti dà però l’idea di come questo Mondiale, oltre l’esaltazione delle questioni sportive che merita, sia stato un sorso e via, non lascerà niente. Però forse è anche la fine di un’illusione romantica che portare il Mondiale da qualche parte serva a far radicare il calcio lì. Una storia che ci raccontano da anni, e della quale la rappresentazione migliore continua a essere quella degli Usa, dei quali - come abbiamo detto - aspettiamo nel 2026 la consacrazione annunciata nel 1994. Nel frattempo uno nato nel 1994 ha compiuto 32 anni, è un adulto, e se gioca a pallone e a poche stagioni dal ritiro.
Giuseppe – Non lascerà nulla di concreto in Qatar, ma non che avessimo dubbi: è un paese di plastica, senza storia e senza cultura, e lo dimostrerà fino in fondo. Ieri mi hanno colpito i fischi poderosi al ct Santos perché non faceva entrare Ronaldo: a fischiarlo non erano certo i tifosi portoghesi, ma un pubblico locale incolto e calcisticamente maleducato, tanto da mancare di rispetto a un allenatore che stava vincendo 5-1 un ottavo di finale Mondiale. Altra cosa è il mondo arabo, dove invece rimarrà il ricordo di un torneo memorabile e non solo grazie al Marocco. Dispiace, ancora una volta, che il punto di vista dei media occidentali - che in teoria dovrebbero essere quelli evoluti - sia stato mobile qual piuma al vento: dopo un'indignazione di maniera nei primi 3-4 giorni, ogni questione sui diritti civili è stata educatamente riposta nel cassetto. Noi compresi, tra l'altro.
Fulvio – Sul lungo periodo ha vinto la Fifa, tutti hanno cominciato a pensare al campo. Però finora sono stati dei Mondiali molto politici per quello che è successo all’inizio, l’attenzione è stata altissima e poi anche la cronaca è scemata. Sul pubblico mi spingi a due riflessioni. La prima è ancora sul Marocco, che praticamente è diventata la squadra di casa per la quantità di tifosi che sono arrivati in Qatar. La seconda è che i fischi a Santos del pubblico “neutro” per Ronaldo in panchina potevano essere cavalcati solo dallo staff di Ronaldo. Infatti la compagna li ha usati su Instagram per dire come Santos abbia rinunciato al miglior giocatore al mondo (parole sue), come se il risultato non contasse. È importante quello che dice Georgina Rodriguez in un’analisi di un Mondiale? No, ma volevo portarti a dire la tua su Ronaldo, che rischia di essere la storia più forte di questi giorni.
Giuseppe – Io ci andrei cauto a dare Ronaldo per finito e a dare per iniziata l'era post-Cristiano, come fanno in queste ore alcuni giornali (anche italiani). Intanto perché di tutto si può dubitare, tranne che dell'orgoglio di Cristiano Ronaldo; e poi perché un Mondiale moderno è per natura risolto da episodi e sfumature la cui probabilità aumenta esponenzialmente con l'avanzare della partita. In altre parole, più una partita del Portogallo va avanti e magari sfocia ai supplementari o ai rigori, più è probabile che la decida Ronaldo. Nel bene e nel male: grandi poteri, grandi responsabilità. Mi affascina molto il pensiero che queste siano le ultime partite "vere" della carriera di tanti campioni, da Messi a Ronaldo, e ci metto anche Modric che ha già annunciato che lascerà la Nazionale. C'è un'aria da Zidane 2006, che nelle ultime tre partite della sua vita (Francia-Brasile, Francia-Portogallo, Francia-Italia) fu letteralmente angelo e demone. E noi ce lo ricordiamo bene.
Fulvio – Diciamo che la storia personale di Cristiano Ronaldo è piena di lui incazzatissimo per qualche motivo che improvvisamente fa cose gigantesche. Quindi sì, ci andrei cauto anche io. Mi hai dato lo spunto per parlare di un altro aspetto di questo Mondiale: che ha dei grandissimi all’ultimo passo e nel frattempo sta facendo emergere dei giovani di cui parleremo in tutti i prossimi tre Mondiali. Parlo di Bellingham dell’Inghilterra (19 anni), proprio Ramos del Portogallo (21), Gavi (18) e Pedri (20) della Spagna… puoi continuare, se vuoi.
Giuseppe – Continuo volentieri: Gvardiol della Croazia, difensore 2002 che varrà intorno ai 100 milioni nel prossimo futuro. Vinicius, che non ha bisogno di presentazioni. Tchouameni, che si sta sobbarcando il peso di un centrocampo francese orfano di Pogba e Kanté con una calma da spavento. È la storia dei Mondiali ed è il suo bello: ancor più di questo Mondiale di cesura, non casualmente ospitato dallo sciagurato Qatar, come se il calcio avesse bisogno di mondarsi dei propri squilibri economici andando a ricevere l'elemosina dai nuovi "ricchi scemi" del football.
Fulvio – Dai ricchi scemi possiamo passare ai simpaticoni del Mondiale? Ti ricordi i tifosi del Senegal con le lettere sul petto? Avevo detto che avrei voluto capirne di più su come si preparano, chi sono, quanto ci impiegano per il trucco. Una giornalista britannica ha vissuto una giornata con loro e hanno un’organizzazione pazzesca: la preparazione dura un paio d’ore e arrivare a essere una delle lettere di vernice è una conquista in un gruppo folto che viaggia dal 2002 al seguito del Senegal. Devi essere promosso per entrare tra i sette che comporranno la scritta e devi avere anche certe caratteristiche fisiche, compresa la forza fisica di ballare per novanta minuti. Nel grigio di alcuni stadi di questo Mondiale (a proposito: non mi fido di alcuni dati di affluenza) sono una storia che voglio continuare a seguire.
Giuseppe – Ma che meraviglia! La mia personale simpatia, invece, al professor Tite che balla la danza del piccione con Richarlison, capendo bene che in questi momenti è fondamentale assecondare l'euforia del suo Brasile. E poi Cheddira che in quattro anni passa dal dilettantismo al sogno di una semifinale Mondiale, battendo la Spagna proprio nel giorno di San Nicola, ovvero il suo stadio italiano.
Fulvio – Dall'ultima parte di quello che dici mi astengo dal commentare, perché devo tenere da parte il mio animo tifoso. La prima, invece, mi fa pensare perché ne avevi già accennato tu a caldo e in questi giorni è tornato a essere argomento di discussione: l'esultanza del Brasile. Ne ha detto un po', ovviamente gli altri, di questa esultanza: non dovevano farla, è offensiva. E qui si accende una parte di me che non sopporta la morale in campo: se segno, esulto come mi pare; se sto vincendo di quattro gol, provo a segnare il quinto, il sesto, e pure il settimo. Che non vuol dire essere arrogante, perché poi il calcio va avanti per conto suo (guarda la Spagna, dopo i sette gol all'esordio), ma rispettare il pubblico e persino l'avversario. Io se subisco un gol e vedo l'avversario che va via in silenzio perché ne ha segnati altri tre prima, che magari fa la faccia finto contrita, mi sento preso in giro. Anche se l'avversario si ferma. Che vuol dire? Avrei potuto fartene sette, ringraziami? Fammeli, sette. Il Brasile ha rischiato un po' con qualche numero di Vinicius, al massimo, perché quello può generare frustrazione, però fa parte del suo gioco, non è irridente. Insomma, il calcio è un divertimento o dev'essere vissuto come una gran rottura di scatole?
Giuseppe – A sostegno di questa tesi, avrei voluto vedere i brasiliani a comportarsi in quel modo per un Brasile-Uruguay. Ma per il resto la tesi degli anti-brasiliani fa acqua da tutte le parti: il Brasile è così, oppure non è. Polemiche da salone di parrucchiera che lasciano davvero il tempo che trovano, un po' come quelli che se la prendono coi marocchini che festeggiano per strada. Tiremm innanz.
Fulvio – Tirando avanti arriviamo ai quarti, che in fondo già domani dobbiamo presentare. Ti ricordo che l’ultimo investimento in simpatia rimasto in piedi dai nostri dialoghi iniziali è rimasto la Croazia. Poi certo se ne sono aggiunte altre e forse ho un motivo per essere contento per qualunque squadra vada avanti. Comunque nei confronti della Croazia abbiamo un obbligo, volevo ricordatelo prima di salutarci.
Giuseppe – Stai scherzando? E l'Olanda? Van Gaal ha detto che non è preoccupato da Messi perché nel 2014 in semifinale l'Olanda non gli ha fatto toccare palla... come si fa a non volere bene a uno così?
Fulvio – Pure oggi hai detto Van Gaal.