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In vasca corta è un altro nuotare, ma Gregorio Paltrinieri è sempre campione del mondo

Francesco Caligaris

Chi non sopporta la vasca di 25 metri dice che è inutile, chi la apprezza risponde che è nuoto per puristi, è il trionfo della tecnica. Il nuotatore emiliano non la apprezza, ma oggi è riuscito a fare quello che non era mai riuscito a nessun italiano: conquistare due volte un titolo mondiale nella stessa gara

Un altro tassello nella longeva e meravigliosa carriera di Gregorio Paltrinieri. Dieci anni fa, nel 2012, vinceva l’oro europeo e l’argento mondiale in vasca corta a Chartres e Istanbul, oggi è di nuovo campione del mondo nella vasca da 25 metri dopo il trionfo del 2014 a Doha: è il primo nuotatore italiano a conquistare due volte un titolo mondiale in vasca corta nella stessa gara.

  

Nella prima giornata della rassegna di Melbourne (in cui l’Italia è anche medaglia d’oro con tanto di record del mondo con la staffetta 4x100 stile libero maschile composta da Alessandro Miressi, il quasi omonimo Paolo Conte Bonin, Leonardo Deplano e Thomas Ceccon, più Manuel Frigo schierato in batteria) Paltrinieri approfitta delle assenze dei suoi principali avversari di questi anni e tocca in solitaria con il tempo di 14’16’’88. Senza lo statunitense Bobby Finke, l’ucraino Mychajlo Romančuk e il tedesco Florian Wellbrock l’unico brivido lo provoca il norvegese Henrik Christiansen fino a metà gara, ma è solo un solletico ai piedi, poi Gregorio accelera e se ne va. Sabato cercherà la doppietta negli 800 stile libero inseriti per la prima volta nel programma dell’evento.

 

Per uno che ormai nuota quasi più in mare aperto, nelle acque libere, che in piscina, chissà che strano trovarsi di nuovo compresso nella vasca da 25 metri. Gregorio Paltrinieri non l’ha mai amata, con tutte quelle virate e subacquee che non rappresentano certo un fondamentale in cui eccelle. Forse anche per questo negli ultimi anni si è dedicato sempre di più al nuoto di fondo. “La vasca corta è un’altra cosa”, ha detto al Corriere dello Sport, “per me non ha mai rappresentato un vantaggio, non essendo un grande specialista delle virate che qui sono il doppio. Però ho imparato a cavarmela discretamente”.

 

La vasca corta è veramente un altro sport. Converte atleti e appassionati al manicheismo: chi non la sopporta dice che è inutile, chi la apprezza risponde che è nuoto per puristi, è il trionfo della tecnica. Le virate e le subacquee o le sai fare o non le sai fare. Nel libro-bibbia di Claudio Rossetto Totalmente nuoto. Metodologia, tecniche ed esperienze del nuoto italiano (Calzetti Mariucci, 2022) Lorenzo Marugo, medico federale e responsabile del settore sanitario della Federnuoto, scrive che “la posizione più favorevole all’avanzamento in acqua si ha con il corpo immerso a una profondità di circa un metro”. È quello che accade nelle fasi di subacquea successive al tuffo e alle virate. Nel nuoto in vasca corta si passa sott’acqua il 60% della gara, contro il 30% della vasca lunga: e naturalmente i tempi sono più veloci, in tutte le specialità.

 

Michael Phelps ha vinto 28 medaglie olimpiche (di cui 23 d’oro) e 33 ai Mondiali in vasca lunga (di cui 26 d’oro), ma il suo bottino ai Mondiali in vasca corta recita un misero 1-0-0. Partecipò all’edizione del 2004, a Indianapolis, o meglio dire fu costretto a partecipare, secondo le malelingue: timbrò il cartellino nei 200 stile libero e poi sparì. Viceversa Ryan Lochte, con 21 ori, è il primatista di successi nella manifestazione, ma in generale molti atleti degli Stati Uniti d’America sono soliti snobbare la vasca corta. In autunno oltreoceano esistono quasi solo le gare collegiali in yards, e pochi giorni fa, con i Mondiali di Melbourne all’orizzonte, si sono disputati serenamente i campionati americani open… in vasca lunga.