meccanica celeste
Qatar 2022 ci ha concesso due partite in più di Luka Modric
La semifinale contro l'Argentina e poi la finale, sia essa per il terzo posto o per il titolo. Il Mondiale ha ancora due occasioni per poter osservare il calcio del numero 10 croato, semplice e geniale come una lezione di Richard Feynman
Il termine ultimo doveva scadere venerdì 9 dicembre 2022 prima delle sei di sera, a farla lunga poco prima delle sette. Il momento nel quale si sarebbe dovuta concludere l’ultima partita al Mondiale di Luka Modric. Quel giorno era sceso in campo per la diciassettesima volta nella Coppa del mondo. Il numero diciassette è il settimo numero primo, è palindromo se si considera il sistema numerico binario (10001), è soprattutto vittima della discriminazione della sfiga. Che i numeri possano portare sfortuna è una baggianata, ma c’è chi ci crede. E l’eliminazione della Croazia poteva essere l’ennesima dimostrazione di una credenza che si basa su ragioni tanto stupide quanto persuasive. Modric si è però fatto beffa dell’eptacaidecafobia e la Croazia ha eliminato il Brasile. Il momento degli addii si è dilatato, il calcio s’è concesso altre due partite – la semifinale contro l’Argentina (oggi alle 20) e la finale, che sia per il terzo posto o per la Coppa è indifferente – con Luka Modric in campo. Non era scontato, anzi: i verdeoro erano i favoriti, erano forti e spettacolari, barocchi in quel loro calcio fatto di finte, tocchi raffinati, esuberanza scenica. Era tutto pronto per la lode accademica del calcio divertimento, quello che colpisce l’occhio e scalda il cuore: dicono, dicevano, così. Non è lo spettacolo quello che cerchiamo e ci fa esaltare quando guardiamo il campo di gioco?
Pubblicità, trailer dei videogiochi, highlights delle partite sono pieni di finte, dribbling, acrobazie. C’è niente che colpisce di più di questo: un doppio passo, un elastico, una rabona, una ruleta o una veronica strappano battimani, regalano uau, fanno sgranare gli occhi. Ci fanno scordare però che il pallone è un corpo inerte sottoposto alla forza di gravità e all’attrito viscoso del mezzo fisico di propagazione. Ossia che il calcio è anche balistica, cioè fisica meccanica. E serve la matematica per poterlo spiegare.
Nel marzo del 1964, il fisico Richard Feynman, in una lezione-divertissement dimostrò che per ricavare le leggi di Keplero, quelle relative al moto dei pianeti intorno al Sole, non serviva nemmeno un’equazione differenziale, ma bastavano conoscenze liceali: ossia sapere cos’è legge di gravitazione di Newton e un abc di geometria. Tutto semplice, come quando che si constata che il modo più veloce per arrivare da un punto A a uno B è quello di seguire una linea retta. Tutto semplice, a patto di essere Richard Feynman.
A vedere una partita di calcio ci dimentichiamo sempre che anche il pallone sia, in fondo in fondo, fisica. E mentre ci dimentichiamo di questo, incantati da finte e controfinte, non cogliamo nemmeno la bellezza di certe giocate che rifiutano il superfluo e abbracciano l’essenziale. Scordiamo di concentrarci sulla meraviglia della linearità, del punto A e punto B uniti da una sola retta. Il calcio di Luka Modric è soprattutto questo: visione geometrica, sottrazione. E’ una dimostrazione del moto dei pianeti intorno al Sole senza equazioni differenziali, purissima meccanica celeste.