dialoghi mondiali/28
Forse Infantino non avrà ragione, ma ha vinto
Che la Coppa del mondo a dicembre sia brutta andatelo a raccontare agli argentini... Intanto tutti pronti per la finale per il terzo posto (l’ultima ai Mondiali di Modric), che al Marocco interessa più che alla Croazia. L'addio a Sinisa spegne la retorica
“Dialoghi mondiali” accompagnerà ogni giorno di Qatar 2022. Un dialogo quotidiano tra il calcio e il faceto tra Fulvio Paglialunga e Giuseppe Pastore sui temi di giornata, o forse no, dei primi Mondiali invernali della storia.
Giuseppe. Fulvio, siamo al penultimo giorno. Hai già fatto la valigia? Che ricordo hai voluto portarti dietro dal Duty Free del primo Mondiale ambientato in un non-luogo?
Fulvio. Nel film "Il mio amico Eric", a un certo punto Cantona dice al postino suo devoto che "il gol più bello è stato un passaggio". Te lo cito perché a quella frase sono affezionato, incarna il mio modo di guardare il calcio. Nel senso che ci sono gol bellissimi, ma mi incantano i passaggi, quelli belli, quelli che regalano la gloria agli altri, ma in realtà è gloria anche per chi ha dato il pallone. Quindi ho negli occhi l'assist di Messi a Julian Alvarez contro la Croazia e quello di Mbappé a Kolo Muani contro il Marocco. Ma forse, più semplice, ricordo le ultime cose perché me ne sono passate molte davanti agli occhi. Suggeriscene altri, mi piace il filone che hai aperto.
Giuseppe. Sempre percorrendo la stessa via, l'assist di Ziyech per il 2-0 di Aboukhlal in Marocco-Belgio, una delle azioni più belle del Mondiale. O Casemiro che raccoglie il pallone dalla rete dopo aver segnato il rigore contro la Croazia e lo porge all'amico Modric. E tutti i momenti di sorpresa e gioia imprevista di cui è da sempre disseminata la storia del calcio. Per esempio, io ho un debole per le telecronache dei paesi stranieri, specialmente quelle in arabo dove a un certo finiscono sempre a invocare istericamente Allah.
Fulvio. Se parli di telecronache devo dirti che sto passando parte delle mie giornate sull'account Twitter di Victor Hugo Morales (se qualcuno non sa che è quello del "Barillete cosmico" può non andare avanti nella lettura). Sulle azioni dell'Argentina è chiaro che recita una parte, ma recita anche poesie. Con la calma di chi le sta declamando, con la forza delle parole belle. Passo ore a sentirlo, che sono esattamente il tempo che non passo a scrivere questi dialoghi. Poi io non sono per le telecronache sobrie: devono raccontare la partita, ma anche un'emozione. Chi parla al microfono ha un pubblico che lo segue e che al calcio non chiede di essere come una messa, ma proprio una cosa passionale.
Giuseppe. Niente come il Mondiale giustifica certi toni un po' più alti, del tutto appropriati alle azioni che stanno succedendo - e chissà domenica... Ma invece, leggevo che la Fifa sta rilanciando l'idea del Mondiale per club a 32 squadre, ennesimo eco-mostro del pallone che si svolgerà per la prima volta nel 2025. Fino a qualche settimana fa Infantino sembrava prossimo a crollare sotto il peso degli scandali e delle polemiche, invece adesso sembra più vivo che mai.
Fulvio. Lo abbiamo detto l'altro giorno, tocca ripeterlo anche se non è proprio quello che vorremmo dire: Infantino ha vinto. Ha fatto giocare il Mondiale in un paese di plastica, con nessun rispetto per i diritti umani e con una enorme macchia di sangue per i migranti morti durante i lavori, d'inverno, e tecnicamente si è rivelata una delle edizioni migliori, cosa che gli ha permesso di allontanare le polemiche. Ha vinto, non sto dicendo che ha ragione. Ma lui è la prova di come il calcio sia uno strumento di potere, ma anche perché è debole la controparte, visto che questo Mondiale è stato assegnato nel 2010 e quindi andava osteggiato per tempo. Spero, però, che la Fifa prima o poi torni a essere etica, ammesso che lo sia già stato. E che il Mondiale per club lo butti subito via, perché troppe manifestazioni rendono inutili tutte le manifestazioni e perché l'appeal viene dalla storia, come insegna Qatar 2022, non si crea artificiosamente. Tradotto: non me ne fregherebbe niente di un Mondiale per club.
Giuseppe. Così il Mondiale per Club a 32 squadre si incastrerà con la Champions a 36 squadre dell'UEFA e così via, in un'eterna sfilata di cani che si mordono la coda senza che poi in realtà accada nulla di deflagrante a sovvertire lo status quo: certo, c'è qualche infortunio in più, qualche borbottio sempre più accentuato degli addetti ai lavori più riottosi, ma il resto del mondo e delle confederazioni sembrano procedere nella direzione della FIFA. Infantino oggi si è dato delle gran pacche sulle spalle permettendosi, agli occhi del mondo occidentale, di dichiarare che i comportamenti dei giocatori che manifestano contro le violazioni sui diritti civili non devono turbare i tifosi sugli spalti. E sai che ti dico? Che lui ragiona in questo modo perché sa che la gran parte del mondo la pensa come lui. In questo è un politico di discreta raffinatezza: il problema è tutto nostro, di noi europei.
Fulvio. Infatti dal suo punto di vista è tutto ineccepibile, il problema è il suo punto di vista e anche, come dici, la condivisione più larga di come immaginiamo che quel punto di vista ha. Però il problema è essere coerenti tutti, anche noi. Ad esempio: sono pronto a scommettere che, finiti i Mondiali, di diritti in Qatar ci dimenticheremo di parlare, se muore un migrante sul lavoro scrolleremo le spalle. La vittoria è che i Mondiali ci hanno almeno permesso di accendere una luce e, magari, capire che la battaglia a Infantino e al suo modo di pensare va fatta sempre, e - un ultimo appunto - fare titoli sull’ultima conferenza stampa mettendogli in bocca parole fortissime, ma che non ha detto, non è un modo di contrastarlo. Anzi, gli dà ragione.
Giuseppe. Non credo proprio che avverrà, ma è bello crederci. Com'è bello credere alle coincidenze come fanno gli argentini, anche perché se n'è aggiunta un'altra clamorosa: l'arbitro della finale, il polacco Szymon Marciniak, è nato il 7 gennaio esattamente come il brasiliano Arppi Filho, che diresse la finale Argentina-Germania 1986.
Fulvio. A proposito di argentini. Noi ci siamo beati dell’ultima partita alle 20, che insomma mi sembra un orario più che umano e lasciava anche un po’ di serata libera. Comoda, rapida persino se si andava ai rigori, anche se in Qatar si faceva notte. In Argentina, invece, gli orari erano improbabili e nei giorni pieni la prima era alle sette di mattina. Ora hanno la finale a un orario fantastico: a Buenos Aires sarà mezzogiorno, brutto per un lunch match di serie A, ma non per una partita decisiva. Perché se va bene hai un giorno intero per festeggiare e chissà che possono combinare. Tu dirai: Certo, ma se perdono? Che c’entra, se perdi non vuoi avere a che fare con il mondo a qualsiasi orario.
Giuseppe. Infatti, che il Mondiale a dicembre sia brutto andatelo a raccontare agli argentini, che non vedevano l'ora... certamente Buenos Aires nel giorno di una finale Mondiale dell'Argentina è una delle 20 coincidenze spazio-tempo che non bisognerebbe mai mancare nella vita. Facciamo ancora in tempo a prendere un aereo?
Fulvio. No, non facciamo in tempo. Però gli argentini ci stanno facendo vivere molto. Chi ha tempo guardasse che spot meravigliosi hanno realizzato per tutto il Mondiale e soprattutto per la finale. Ce n’è uno in cui fanno vedere le esultanze dei tifosi in ogni contesto: a scuola, in ospedale, al lavoro, ovunque. Su questo non si battono, poi il calcio e la sua bellezza, e il suo seguito popolare rendono tutto più facile.
Giuseppe. Come ci schieriamo riguardo alla finale per il terzo posto? Penso che al Marocco interessi molto più che alla Croazia, anche per suggellare con il piazzamento sul podio un Mondiale indimenticabile per tutto il mondo musulmano e il continente africano. Le motivazioni mi sembrano sbilanciatissime da una parte, anche se l'ultima partita ai Mondiali di Luka Modric è una circostanza che andrebbe onorata nel migliore dei modi. Che ne pensi di un bel 2-2 caciarone?
Fulvio. Oddio, l’ultima ai Mondiali di Modric. Io giuro che non sono pronto, però diciamo che almeno la vivrà in una passerella senza ansie e con il pubblico marocchino che è stato il più bello del Mondiale ad applaudirlo. Il 2-2 porta ai supplementari, non allungherei una partita così inutile. Però diciamo: tanti gol e vince il Marocco, che almeno si prende un altro pezzetto di storia.
Giuseppe. Magari, in caso di parità dopo i 120 minuti, potrebbero giocarsela non ai rigori ma alle punizioni in omaggio al più formidabile stoccatore che io abbia mai visto dal vivo, ancora più di Pirlo e Juninho. Il piede mancino di Sinisa Mihajlovic avrà il privilegio di essere ricordato per l'eternità, sempre associato a un gesto tecnico. E negli ultimi anni l'uomo non è certo stato da meno, per carisma, coraggio e voglia di non passare inosservato. La retorica sul guerriero e sulla lotta è stucchevole e fuorviante, ma certamente è stato un gigantesco esempio di dignità nell'affrontare la malattia, senza farsi annullare e annichilire.
Fulvio. Mihajlovic è stato un giocatore meraviglioso, per le sue punizioni, per il suo modo di stare in campo, per il coraggio che ha sempre avuto, anche in panchina. Non è un caso che sia stato amato ovunque sia andato. In più, proprio sulla retorica della lotta, ha spiegato meglio di ogni parola cos’è la malattia: non mi viene in mente uno che si possa chiamare guerriero più di lui, in questo momento, ma con la malattia non si lotta, non c'è uno più guerriero dell'altro. Contro la malattia ci si cura. E a volte non basta. Sinisa (hai fatto caso di quanti lo chiamano solo per nome?) ha spento la retorica, appunto, perché che non era roba sua. La malattia è una stronza e basta.
Il Foglio sportivo - In corpore sano