sport che cambiano
I Mondiali di nuoto in vasca corta di Melbourne sono il festival delle staffette
Affiatamento di gruppo nella squadra italiana. Finora con gli uomini è salita sul podio in tutte le gare a cui a partecipato: oro e record del mondo con la 4x1000 stile libero
Chi l’ha detto che il nuoto è uno sport individuale? Nel programma dei Mondiali in vasca corta che si stanno disputando in questi giorni a Melbourne ci sono infatti ben 12 staffette. Le staffette sono il termometro di un movimento, determinano il valore e la profondità di una nazione, e l’Italia – che a due giorni dalla fine del Mondiale è terza nel medagliere dietro Stati Uniti e Australia – finora con gli uomini è salita sul podio in tutte le staffette a cui ha partecipato: oro e record del mondo con la 4x100 stile libero, argento nella 4x50 stile libero, bronzo con la 4x200 stile libero di oggi (Matteo Ciampi, Thomas Ceccon, Alberto Razzetti e Paolo Conte Bonin, record italiano di 6’49’’63). Tutti vogliono fare le staffette: si è creato un circolo virtuoso. Sapendo che c’era la possibilità di realizzare qualcosa di importante, il primo giorno Ceccon ha rinunciato ai 100 dorso (di cui è campione e primatista mondiale in vasca lunga) per chiudere la 4x100 stile libero; l’esordiente Conte Bonin è stato portato in Australia solo per le staffette, e il suo contributo è stato fondamentale.
Le staffette piacciono perché sono l’unica espressione di squadra del nuoto. Se uno dei motivi ricorrenti per spiegare la nuova dimensione in cui è entrata la nazionale italiana è l’affiatamento del gruppo (basta episodi di nonnismo e bullismo, basta presunti leader che guardano le matricole dall’alto verso il basso), cosa c’è di meglio delle staffette per dimostrarlo? La svolta è avvenuta alle Olimpiadi di Tokyo, quando l’Italia ha vinto l’argento nella 4x100 stile libero e il bronzo nella 4x100 mista, due risultati mai raggiunti prima. Tutto bellissimo, certo, ma… 12 staffette, saranno mica troppe?
I Mondiali in vasca corta sono il festival delle staffette. Dall’edizione di Doha 2014 ne hanno più di tutti gli altri eventi: ai Mondiali in vasca lunga sono otto, alle Olimpiadi sette, agli Europei in vasca corta sei. La novità degli ultimi anni sono le staffette miste, due uomini e due donne insieme, peraltro senza vincoli su dove schierare gli uni e le altre, e quindi non è raro assistere a gare dove il Brasile di turno scappa via con un vantaggio apparentemente incolmabile nelle prime due frazioni, in cui è l’unico paese a puntare su due uomini, salvo poi crollare quando le donne vengono risucchiate dalla rimonta degli uomini delle altre nazioni.
A Tokyo la staffetta 4x100 mista mista (due uomini e due donne a dover coprire tutti gli stili) ha debuttato nel programma olimpico ottenendo un insperato premio della critica, con anche un tweet d’apprezzamento del tennista Andy Murray. Il fuoriclasse britannico Adam Peaty ha detto: “È una gara divertente. Il nuoto non deve rimanere lo stesso degli ultimi 100 anni. Si può sviluppare ed evolvere in base a dove sta andando il mondo moderno”. Uno dei segreti del successo della 4x100 mista mista è che permette di inserire la strategia: per esempio, ormai quasi tutti i paesi hanno capito che è necessario schierare un ranista uomo, perché il delta tra i tempi dei ranisti e delle raniste è il più alto di tutti gli stili, e quindi con una donna si perdono secondi preziosi. Viceversa non è così importante chiudere con un uomo a stile libero (l’ordine della 4x100 mista mista è dorso-rana-farfalla-stile), perché il delta è minore. Per chi si stesse appassionando a questo discorso, esiste addirittura uno studio scientifico a riguardo.
Certo si potrebbe discutere sull’utilità della 4x50 stile libero quando esiste già la 4x100 stile libero, e della 4x50 mista quando c’è già la 4x100 mista, ma guardate l’Australia: nella 4x100 stile libero maschile è stata battuta in casa dall’Italia, nella 4x50 di ieri è riuscita a vendicarsi per appena quattro centesimi. Vai male in una staffetta? Ai Mondiali in vasca corta c’è sempre un altro giorno, un’altra staffetta, per riprovarci.