qatar 2022
L'importanza di perdere la finale di un Mondiale che è come un romanzo di briganti e truffatori
La Coppa del mondo in Qatar è stato una bella storia, a tal punto da non voler sapere il finale. Una storia contro. Perché a veder le partite non eravamo mai davvero a favore di qualcuno, ma sempre contro questo o quell’altro
Fu Giovanni Arpino a chiedersi se aveva senso, davvero senso, guardare un Mondiale intero e perdersi la finale. Cosa c’è di male a perdersi una finale? Ci sono un sacco di storie meravigliose che non hanno una fine, che rimangono sospese... Che c’è di male a non sapere se Lionel Messi è riuscito finalmente a vincere la sua prima Coppa del mondo? Oppure a non sapere se Hugo Lloris avrà sollevato la sua seconda Coppa consecutiva da capitano? Ad ogni modo, anche se volessimo trovare il senso che Giovanni Arpino si chiedeva ci fosse o meno, questo finale sospeso del Mondiale non potrà rimanere sospeso a lungo, senz’altro non all’infinito. Prima o poi arriverà una radio, una tv, un post, un amico o conoscente o rompiballe o disgraziato informatore a porre fine a questa Coppa del mondo. A dirci se è stato Messi oppure Lloris e pure Mbappé a fare quello che molti chiamano La Storia, ma che in realtà è un altro oro in armadietto, un’altra bandierina da spillare al petto.
Forse è solo un po’ spacconeria, senz’altro snobismo, pensare che a prendere a calci un pallone non si possa fare La Storia. La Storia è fatta di storie e quelle con un pallone tra i piedi sono storie come tutte le altre, a volte belle e a lieto fine, a volte tristi, a volte marce. Tutte andate, chiuse, sparite. Per questo ogni tanto si prova, senza mai riuscirci davvero, a strattonarne una per la maglietta, dilatarla. Provare a concederle, concederci, più tempo.
Però il tempo passa. I Mondiali si fanno ogni quattro anni, pandemie permettendo, e il rischio di ritrovarsi troppo rincoglioniti per poter prendere davvero in considerazione l’ipotesi di guardare tutto un Mondiale e perdersi poi la finale è troppo alto. A invecchiare si diventa o misantropi o troppo sentimentali e l’idea di perdersi una finale va presa con spirito scientemente burlone. E poi parliamoci chiaro, magari alla prossima occasione può essere meno facile, sentimentalmente facile, guardare tutto un Mondiale e perdersi la finale. Perché uno può sentirsi distante dalla nazione e da un certo spirito e amor per il proprio paese e quello che si dice essere il proprio popolo, ma poi va a finire, chissà perché, che a quell’azzurro ci si pensa crede gioisce quando in palio c’è una coppa. Dannato nazionalismo, che tanto puoi anche fare il ganassa, quello che dice “ah, io no, me ne frega niente, preferisco guardare il bel calcio”, che poi del bel calcio, quello bello davvero, quello che ti rimane in mente anche anni dopo, se ne può fare a meno quando quell’azzurro lì inizia a calcare il prato verde.
Che poi non è neanche questo, è che questo Mondiale è stato una bella storia e le belle storie sono in terza persona, ché a usare la prima a nove romanzieri su dieci si impalla la penna, scusate: la tastiera, e ci mettono o troppo sentimento o troppo spirito vanesio. L’Italia di Mancini a casa era la terza persona che stavamo aspettando. Di nuovo. Il Mondiale in Russia molti italiani, i più, l’hanno potuto vedere senza l’ansia dell’“oddio, e l’Italia?”, ma quella Coppa del mondo è finita e il nostro modo di vedere il calcio non è davvero cambiato. Siamo ancora colori e distintivo. Lo saremo sempre, perché questo in fondo è il bello del calcio: poter tifare a favore, soprattutto contro. Con questa consapevolezza, il Mondiale in Qatar è stato una bella storia, a tal punto da non voler sapere il finale. Una storia contro. Perché a veder le partite non eravamo mai davvero a favore di qualcuno, ma sempre contro questo o quell’altro. E’ stato mica come certi romanzi, che finiscono con il protagonista che stringe la sua amata e le dice una frase idiota. E’ stato un Mondiale di briganti, truffatori, manipolatori e i romanzi di briganti, truffatori, manipolatori è sempre meglio farli chiudere con un finale sospeso. Che non si sa mai, il finale faccia schifo.