qatar 2022
Senza l'Italia, gli italiani quasi costretti a schierarsi. Catalogo del tifo possibile
La neutralità non è il nostro forte e così ci siamo divisi tra sudamericanisti, europeisti, africanisti. Dimmi chi tifi e ti diròchi sei
Tu a chi tieni? Tifare, sostenere, supportare, parteggiare, stare dalla parte, stare con, stare per una squadra. Un senso di appartenenza, forse anche di possesso se non di proprietà. Tu a chi tieni? Italia assente, anche a questi Mondiali gli italiani sono stati quasi costretti – la neutralità non è il nostro forte – a schierarsi alleati, complici, fiancheggiatori, mercenari volontari anche se a tempo determinato, a cottimo, a campionato. Perché se alla prima squadra ci si lega per eredità, genetica, anagrafe, alla seconda si arriva per selezione, scelta, decisione. Perché se la prima squadra è un’affare di famiglia e di cuore, un viaggio sentimentale e irrazionale, la seconda può anche essere una questione di politica e di testa, un passaggio calcolato e ragionato.
Brasile. Tenere al Brasile nel calcio è come tenere agli All Blacks nel rugby. Perché da sempre quella brasiliana è una squadra – la squadra – di artisti, artisti circensi, acrobati ed equilibristi, trapezisti e giocolieri, contorsionisti e domatori, anche pagliacci e illusionisti. I primi a illudersi sono gli stessi brasiliani, poi anche gli italiani, che ogni volta giurano nell’invincibilità della Seleçao, e che ogni volta si sciolgono nella tensione, nella pressione, nella responsabilità di un destino troppo oneroso.
Argentina. E’ l’Italia degli emigrati, l’Italia degli angeli dalla faccia sporca (quelli erano Maschio, Angelillo e Sivori), l’Italia dei fuoriclasse dei club italiani (quelli sono, o sono stati, Lautaro, Romero e De Paul), l’Italia delle radici familiari (da Messi a Tagliafico). L’Italia che vorremmo possedesse la stessa feroce eleganza e crudele determinazione.
Uruguay. Vedi Argentina. Scelta più coraggiosa perché solo eccezionalmente vincente.
Francia. Qualche italiano che osi tenere alla Francia c’è. Sono gli esteti, i sì Tav, i venditori di moquette, i proprietari di pied-à-terre…
Senegal, Ghana, Camerun, Tunisia, Marocco. Saltando da un girone all’altro, ecco gli italiani africanisti, a prescindere da differenze statali, storiche e sociali: progressisti, cattolici, ecologisti, anticolonialisti, sankaristi. Quelli che da Abebe Bikila – oro olimpico a Roma correndo a piedi nudi sulle vie consolari – in poi, ricordano come in Africa, ogni mattina, come sorge il sole, non importa se gazzella o leone, l’importante è cominciare a correre. Anche su un campo da calcio.
Qatar. A libro paga, e a contante domestico, alla formazione qatariota teneva (e come ci teneva) soltanto un gruppo trasversale di europarlamentari.
Inghilterra. Trattasi di una categoria ipotetica, filosofica, accademica. Infatti non risulta che esistano italiani capaci di sostenere i rappresentanti della perfida Albione. Anzi, probabilmente, quando gioca l’Inghilterra, si rivive quel raro clima di solidarietà, addirittura di unità nazionale. Perché tutti gli italiani stanno, compatti, dalla parte degli avversari dell’Inghilterra.
Germania. La Germania? Dai, non scherziamo. Piuttosto la Costa Rica.
Messico. E nuvole.