dopo qatar 2022
Cosa ne sarà degli stadi del Mondiale in Qatar?
I container che componevano lo Stadium 974 sono stato dismessi e verranno riassemblati altrove. Per tutti gli altri è prevista una pragmatica riduzione della capienza. Serviva davvero dimostrare che si può realizzare una Coppa del mondo a basso impatto ambientale?
Immaginiamoci se i quasi 3 milioni di romani avessero a disposizione otto stadi da almeno 45.000 posti, completi di ogni comfort e facilmente raggiungibili in metropolitana. Un’utopia in Italia, ma un’effimera realtà che si è realizzata dove i soldi possono tutto. I 2.300.000 abitanti del Qatar hanno potuto vivere dentro questa bolla, ampia poco più del Grande Raccordo Anulare. Un miraggio durato poco, meno di un mese, nemmeno così idilliaco visto che è figlio di una situazione con cui il mondo del calcio dovrà confrontarsi per i prossimi anni: i morti durante i lavori e la vacuità dei diritti civili sono macigni che saranno difficili da rimuovere nel ricordo di questa edizione.
Gli stadi di Qatar 2022 che non rivedremo più
Va bene essere tremendamente ricchi, ma non si può pensare di avere stadi con più posti a sedere degli abitanti. Se resta unico il caso di Al-Khor, la città con la popolazione di Rosignano Marittimo, non è normale nemmeno per Doha avere così tante infrastrutture. A fianco della storia dello Stadium 974, ce ne sono molte altre tra gli impianti che avranno una nuova vita nei prossimi mesi.
Va bene esagerare, ma non così tanto. Anche perché, tra le mille contraddizioni di questa edizione, c’è l’attenzione alla sostenibilità ambientale. Potrebbe far sorridere una tale preoccupazione per una delle nazioni che produce più gas naturale al mondo, eppure tra gli emiri l’ambiente sta diventando una cosa seria. Bisogna sopravvivere al futuro, è necessario pensarci per tempo, “magari facendolo prima di coloro che dipendono dalla nostre risorse”, avranno pensato nel governo qatariota.
Come abbiamo visto in queste settimane, i Mondiali di calcio del 2022 sono stati ospitati in stadi completamente rinnovati o costruiti ex novo. Tra le caratteristiche più rilevanti, una particolare menzione merita l'estetica di ogni stadio, progettata per richiamare elementi culturali nazionali come le tende dei nomadi beduini, le vele delle barche dhow, o il berretto tradizionale intrecciato indossato dagli uomini che diventano maggiorenni. Se la vena artistica ha guidato il lato creativo degli architetti, allo stesso tempo si è prevista una pragmatica riduzione della capienza di (quasi) ogni impianto dopo la Coppa del Mondo, trasformandoli in dimensioni più ridotte e con parte delle strutture destinate al più modesto utilizzo sportivo locale. Per esempio, lo stadio Al-Bayt, quello di Al-Khor, che ha accolto oltre 60.000 spettatori durante le partite del mondiale, verrà ristretto a 40.000 posti grazie alla sostituzione dell'anello superiore con un hotel di lusso. Lo stadio Al Janoub sarà invece portato a 20.000 posti, così come gli impianti Ahmad bin Ali e Al Thumama.
Sostenibilità ed eredità sociale per le nuove generazioni, basterà?
L’Education City Stadium sarà trasformato in una struttura da 25.000 posti destinata agli sport del complesso universitario in cui è situato, mentre il solo Khalifa International, già esistente e ristrutturato, manterrà la sua capienza di 48.000 posti. Anche il nuovo Iconic Stadium, costruito nella ricca Lusail per ospitare la finale, vivrà una seconda esperienza: dopo la vittoria dell’Argentina, cambierà immagine per sempre e – come se volesse espiare colpe non proprie – anch’esso vedrà una rinascita interiore con gli spazi al coperto che andranno a servizio dei cittadini tra aree scolastiche e ospedaliere.
La sostenibilità come declinazione per un nuovo uso degli impianti e dei materiali utilizzati è meritevole, specialmente per una realtà come il Qatar, anche se rimangono molti interrogativi irrisolti. Era davvero necessario riempire una nazione così piccola di così tante opere per un evento di tre settimane? La risposta è scontata, quasi inutile. Se si è voluto dimostrare che si può organizzare un grande evento con una mobilità a basso impatto ambientale, con viaggi tra luoghi talmente vicini da essere raggiunti con i mezzi pubblici, tra quattro anni con i Mondiali “United” tra Canada, Messico e Stati Uniti torneremo di nuovo all’utilizzo di aerei e di centinaia di voli per garantire gli spostamenti di tutta la competizione. Una visione non certo lungimirante per la Fifa. Dal canto suo il Qatar lascerà un’impronta alle future generazioni con scuole e presidi medici nati dai “resti di un campionato del mondo”, ma forse non era necessario utilizzare il calcio per creare una politica dai risvolti sociali. La real politik è già cinica di suo.