IL RITRATTO DI BONANZA
Claudio Ranieri, quando la plusvalenza è umana
Non è solo un professionista del provvisorio ma un grande allenatore. Un uomo che non ha vissuto le mode vestendo l’abito del momento. Anche per questo il Cagliari ha deciso di farlo tornare
In tempi equivoci di plusvalenze, essere umani può rappresentare un plusvalore. Potremmo riassumere così la scelta del Cagliari di far tornare un uomo lasciato molto tempo fa al suo destino. Un uomo, e questo potrebbe anche bastare. Claudio Ranieri è lui quest’uomo, ritorna infatti sulla panchina dei sardi dopo ben trentadue anni. Da allora Ranieri ha vissuto professionalmente tante volte, finendo a testa in giù per poi tirarsi su, come sull’ottovolante.
Considerato smarrito dopo Valencia, a soli cinquantaquattro anni, siamo nel 2005, Ranieri viene salvato dal Parma due stagioni dopo, o meglio viceversa, visto che conquista l’impossibile: la permanenza in serie A. Dopo quella performance si aprono le acque del mercato. Lo prende prima la Juve, poi la Roma e dopo l’Inter. Gli appiccicano l’etichetta di “bravo ma fino a un certo punto”, tendente alla sconfitta quando conta. Ritorna all’estero sbattendo la faccia sul muro greco, come un pianto la sua Nazionale, in un momento peraltro socialmente drammatico del paese. E’ la caduta, nessuno sa più chi sia questo allenatore già definito vecchio da un maleducato Mourinho (che qualche tempo dopo si è scusato). Finisce al Leicester quasi per caso, da quelle parti ci sono molte idee ma confuse e serve un uomo che abbia in sé “l’aggiusto”, come si soprannominavano gli amici di scuola con il pallino del motore. E in effetti Ranieri da quelle parti viene chiamato “tinkerman”, l’armeggiatore, quello che ti ripara il guasto. Ma è a questo punto che si rivela al mondo un’altra verità, sull’uomo e sull’allenatore.
Ranieri non è solo un professionista del provvisorio ma un grande allenatore, pieno di capacità umane e tecniche. Vince cavalcando con il Leicester e realizza un’impresa che resterà tra le più importanti della storia del calcio. Diventa Sir, che basterebbe aggiungere una e per farlo diventare Sire, un Re, con tutte le esagerazioni del caso, tanto che al suo ritorno a Roma lo chiamano addirittura Imperatore. Poi arriva la Samp, dove ripara una barca tutta bucata prima di salutare, inviso al Viperetta, che del romano soffre la popolarità e l’amore ricevuto dalla gente.
Questa è la storia, riassunta in breve e a volte in modo spiccio (mi scuso), di un uomo che non ha vissuto le mode vestendo l’abito del momento, suscitando per questo rapidi giudizi, superficiali in quanto tali. Oggi qualcuno parlerebbe di mainstream, cioè quella diffusa opinione sostenuta spesso dalla stampa (è la stampa, bellezza), che mette in risalto quello che luccica, senza grattare sotto, dove sovente si trova il nulla. Ne faccio parte anch’io, che mi volete fare. Le plusvalenze umane, se non le calcoli per bene, le puoi anche sbagliare.