La sognante concretezza dell'Arsenal di Arteta
I Gunners non sono una squadra rivoluzionaria, non hanno cambiato il loro gioco e non stanno soprendendo i loro avversari tramite soprese tattiche. Se guidano la Premier League è per la loro efficacia in campo, costruita dando continuità alle delusioni delle ultime stagioni
Nell’inedita incertezza dopo un Mondiale a dicembre, in Premier League in vetta c'è l'Arsenal di Mikel Arteta con idee invece molto chiare, messe in pratica in maniera capillare. I Gunners guidano la classifica con 44 punti ottenuti in 17 partite, e 5 di vantaggio sul Manchester City di Pep Guardiola che è il più vicino grande club in rincorsa. Al terzo posto c'è un sorprendente Newcastle (nell'ultimo incontro, martedì 3 gennaio, hanno pareggiato 0-0) che, a oggi, è la miglior difesa del campionato con 11 reti subite, a pari punti con il Manchester United.
L'Arsenal ha subito una sola sconfitta, ha pareggiato due volte, mentre ha vinto tutte le altre 14 partite in campionato dimostrandosi squadra solida in difesa – la sua è la seconda miglior difesa – e capace di attaccare in modo molto efficace: il suo, infatti, è il secondo miglior attacco dopo quello del City, di cui quasi la metà dei gol è a firma Erling Haaland.
La squadra di Arteta sembra aver trovato una quadra dopo qualche stagione traballante. Unai Emery nel 2018 aveva sostituito lo storico tecnico francese Arsène Wenger, alla guida dei Gunners per 22 anni, ma fautore di un calcio non più attuale all'epoca. L'Arsenal al termine del campionato 2018-2019 ha concluso in quinta posizione, mentre in Europa League è stato sconfitto solo in finale dal Chelsea allenato da Maurizio Sarri. In un’intervista a The Athletic Emery ha detto che chiunque fosse venuto dopo Wenger avrebbe dovuto abbattere dei muri e ricostruire un progetto tecnico e che il suo era un periodo di profonda transizione che chiunque al suo posto avrebbe dovuto affrontare.
L'anno successivo Emery è stato sostituito da Mikel Arteta già a dicembre, e l'Arsenal è finito all'ottavo posto in classifica, ma vincente in FA Cup. I Gunners hanno chiuso ottavi anche nell'anno successivo, mentre hanno raggiunto la quinta posizione nel 2021-2022, perdendo il testa a testa contro i rivali del Tottenham per l'approdo in Champions League.
L'ultima fase della gestione di Emery ha avuto un'inaspettata confusione all'interno dello spogliatoio e di conseguenza nelle sue gerarchie, confusione che si rifletteva anche nel gioco e nel rapporto con i tifosi.
Al capitano Granit Xhaka è stata tolta la fascia dopo l'ennesimo scontro con i tifosi. Durante il match contro il Crystal Palace di ottobre 2019, dopo essere stato sostituito, Xhaka ha inveito contro tutto l'Emirates Stadium che stava accompagnando la sua sostituzione con fischi e cori di disappunto, e l'episodio sembrava potesse segnare un destino del giocatore lontano dal nord di Londra. È andata diversamente e lo si vedrà in seguito. Giorni dopo Granit Xhaka, in un messaggio pubblicato dal profilo Twitter dell'Arsenal, più che scusarsi per l'accaduto, ha voluto precisare che quella reazione, seppur esagerata, era dovuta al comportamento di una larga parte di tifosi che era arrivato fino al punto di augurare una malattia alla figlia per le sue prestazioni scarse. Allo spogliatoio non sereno si devono poi aggiungere un gioco sempre meno brillante col passare dei mesi e un mercato ambizioso, ma privo di un reale effetto positivo. Ai Gunners si sono uniti Pepé per circa 70 milioni di sterline, poi Leno, Sokratis e Torreira e nessuno ha inciso come i tifosi e la società si aspettavano. Ma c'è da dire che rimane qualche eredità positiva di Emery, per esempio Bukayo Saka, che con il tecnico spagnolo ha esordito e oggi è un punto fisso non solo dei Gunners, ma anche della nazionale inglese.
Durante la stagione in corso, al terzo anno sotto la guida di Arteta, le cose sembrano essersi evolute. L’Arsenal è una squadra giovanissima – l’età media è 24,8 anni – con un sistema di gioco molto fluido e aggressivo. I dati forniti da FBref riguardo la fase offensiva e di possesso palla dell’Arsenal non parlano della squadra di Arteta come una squadra dominante, ma la mettono al massimo tra le prime posizioni in alcune delle statistiche più interessanti. L’Arsenal, infatti, è terza per tiri totali, e quarta per tiri nello specchio; è quarta per percentuale di possesso della palla e sesta per passaggi completati; è seconda per xG, cioè il dato che dice quanto è probabile che una squadra segni stando a rivelazioni su azioni passate; non ha il miglior attacco né la miglior difesa, eppure ha vinto 14 dei 17 incontri disputati.
A questo punto se si vuole decifrare la formula, almeno fino a qui, vincente dell’Arsenal è necessario non affidarsi solo ai numeri e alle statistiche, ma capire anche quanto e come Arteta fa incidere i singoli giocatori nell’insieme di squadra.
Simbolo del gruppo è Martin Ødegaard, capitano dell’Arsenal a 24 anni e perno offensivo della manovra. Ha segnato 7 gol e fornito 5 assist ai compagni fino a questo punto in campionato. Ora è un giocatore vero, non più un presunto fenomeno, e risponde a tutte quelle aspettative che lo hanno pressato quand’era sedicenne recitando sul campo la parte del più classico dei numeri 10 che gioca dietro le punte. Ogni 90 minuti fa 4,2 passaggi che portano a un tiro verso la porta avversaria, ben al di sopra della media di 1,93 tra i centrocampisti dei maggiori campionati europei, stando ai dati di FBref.
Bukayo Saka e Gabriel Martinelli giocano ali a piede invertito e hanno 6 gol e 6 assist il primo, e 7 gol e 2 assist il secondo. Sono entrambi del 2001 e giocano con costanza di fatto dal 2019.
Ma il giocatore il cui cambiamento ha giovato di più è proprio Granit Xhaka. Secondo un’analisi di The Athletic nella stagione in corso la sua zona d’azione è notevolmente avanzata e questo lo avrebbe trasformato da mediano diga davanti alla difesa, come era inteso fino a quest’annata, a numero 8 alla stregua di un incursore. Anziché gestire la prima fase di possesso, Xhaka ora conduce e riceve palla anche e soprattutto nella trequarti offensiva. Questo è possibile grazie a Oleksandr Zinčenko, terzino sinistro e mancino educatissimo arrivato dal Manchester City. La posizione del laterale di difesa non è fissa ma tende spesso a sovrapporsi a quella del mediano sinistro del 4-2-3-1, spingendo quest’ultimo avanti e garantendogli copertura. A sua volta il modulo non è fisso e statico, ma molto dinamico senza punti di riferimento per le difese avversarie, di fatto un 2-3-5 in fase offensiva. Ora il centrocampista svizzero non sarà più capitano, ma è leader tecnico.
Quel che potrebbe mancare è un turn over, cioè giocatori in grado di sostituire i titolari e adattarsi agli schemi offensivi, soprattutto a causa degli infortuni di Smith-Rowe e Gabriel Jesus, ma il mercato di gennaio potrebbe portare nel nord di Londra uno tra Joao Felix dall’Atletico o Mykhailo Mudryk dello Shakhtar.
L’Arsenal non è una squadra rivoluzionaria, non sta rivelando un’altra dimensione del calcio giocato a cui le altre squadre non sono preparate. È piuttosto una squadra giovane che sogna ma è concreta come più non potrebbe. L’entusiasmo della giovane età lo applica in efficacia offensiva e concretezza. Attacca molto nei primi minuti di gioco e a riguardo Arteta ha detto che l’obiettivo è quello di “arrivare davanti il prima possibile”. Ora ci si deve chiedere se l’Arsenal riuscirà a giocarsi il testa a testa per la vetta fino alla fine. Qualora la corsa andasse avanti, l’avversario, presumibilmente il Man City, sarebbe il peggiore di tutti in sfide come questa.
Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA