(foto EPA)

Il foglio sportivo

Non è ancora il tennis dei giovani

Giorgia Mecca

In Australia il favorito è sempre Djokovic che insegue il record di Nadal di 22 Slam

Roger Federer gioca a padel a Dubai, Naomi Osaka annuncia di essere incinta, Carlos Alcaraz posa mezzo nudo per una campagna pubblicitaria dal motto Calvins or naked, o Calvin o nudo. A Melbourne stanno per cominciare gli Australian Open (sono in programma dal 16 al 29 gennaio, in diretta su Eurosport) e nessuno tra loro parteciperà: Alcaraz è fuori per infortunio, Osaka per gravidanza, Federer per ritiro. Per la prima volta nel nuovo millennio la stagione del tennis inizia senza di lui ed è un senza irrimediabile, da cui non si torna indietro. Comincia una nuova èra, o almeno dovrebbe, a giudicare da Break Point, il documentario appena uscito su Netflix in cui viene raccontato il dietro le quinte dei tornei del Grande Slam dalla voce dei diretti interessati nonché il passaggio di testimone tra il vecchio e il nuovo mondo. “Siamo stati testimoni di una epoca gloriosa. Roger. Rafa. Serena. Novak” dice l’ex tennista Andy Roddick, numero uno al mondo per tredici settimane nel 2003 e anche lui cannibalizzato dall’arrivo dei soliti tre, come succede ancora oggi (o forse ieri) a vent’anni di distanza. “Chi prenderà il loro posto?”, si chiede Roddick nella presentazione della docuserie mentre sullo sfondo si danno il cambio immagini di Iga Swiatek, Carlos Alcaraz, Maria Sakkari, Nick Kyrgios, Ons Jabeur, Andrej Rublev: gli emergenti e gli emersi a metà che la serie vorrebbe immortalare nella loro “ascesa alla gloria”. Il tennis è davvero a un break point? Ha ragione Auger Aliassime quando dice che tutti, o quasi, almeno sulla carta possono vincere uno Slam? La fiducia è fondamentale nei tennisti ed è giusto crederci sempre, altrimenti non ha senso uscire dallo spogliatoio; la matematica, però, molto più cinicamente racconta che tra i 128 partecipanti a questa edizione degli Open soltanto sei giocatori hanno alzato verso il cielo un trofeo: Nadal, Djokovic, Murray, Wawrinka, Thiem, Medvedev. Tra Nadal, Djokovic e il resto dei vincenti il risultato è di 43 titoli Slam a 8.

 

Il tennis riparte da qui, con o senza palle break, con o senza punti di rottura. L’eterna promessa Zverev ritorna dopo il brutto infortunio che lo ha tenuto fuori dal circuito per otto mesi, i tennisti made in Usa sono sempre più competitivi e lo hanno dimostrato vincendo in finale contro l’Italia la prima edizione della United Cup, il torneo a squadre miste che si è giocato proprio in Australia tra fine dicembre e inizio gennaio, Nick Kyrgios ha finalmente cominciato a credere di poter vincere qualcosa di grande e sembra lavorare in quella direzione (in Break Point a Kyrgios è dedicato il premio episodio, intitolato l’Outsider. “Le aspettative che io sia il prossimo fenomeno sono enormi”, dice a un certo punto l’australiano, da solo nello spogliatoio), gli italiani non sono mai stati così forti: Berrettini, Sinner, Musetti, tutti e tre sono teste di serie a Melbourne, tutti e tre sono tra i primi venti giocatori al mondo e non era mai successo prima nella storia di vedere così tante bandierine azzurre in cima al ranking, Alcaraz non ci sarà, ma un altro teenager non vede l’ora di svecchiare l’albo d’oro: il danese Holger Rune, allenato da Patrick Mouratoglou, un coach che sa scegliere i suoi allievi. La testa di serie numero uno è Rafa Nadal. Campione in carica alla Rod Laver Arena, comincia la sua difesa del titolo con un bilancio di sei sconfitte nelle ultime sette partite, un record negativo per lui, costretto a fare i conti con il peggior trend negativo della sia carriera. È forse questo l’ultimo colpo che può davvero portare a un Break Point? Il corpo di Nadal arrivato al punto di rottura, costretto a dare spazio a Rune, Kyrgios, Fritz, Sinner, Berrettini, il futuro? Quasi, se non fosse per Djokovic.

 

Novak Djokovic è arrivato in Australia dodici mesi dopo la sentenza che lo aveva espulso dal paese considerandolo una minaccia per la sicurezza pubblica. Non vaccinato e bugiardo, il governo federale, mentre a Melbourne stava per cominciare il primo Slam dell’anno, gli aveva stracciato il visto costringendolo a tornare indietro. Un anno dopo, però, rieccolo tornare nel posto dove più ha vinto in carriera e dove più è stato maltrattato, recluso, offeso. In questa parte del mondo, sul campo, il tennista serbo non perde dal 2018, una striscia di 34 vittorie consecutive destinata a continuare. Ad Adelaide la scorsa settimana ha sollevato verso il cielo che lo ha rinnegato il novantaduesimo titolo della sua carriera. Un trionfo che somiglia a un riscatto, se non a una vendetta. Con tutto il rispetto per emergenti ed emersi, è ancora lui il grande favorito di questa edizione. Proprio Melbourne, dopo averlo esiliato, potrebbe incoronarlo ancora una volta re del mondo: vincendo infatti ruberebbe il trono ad Alcaraz, diventando il nuovo numero uno al mondo ed eguagliando il record di Nadal di 22 Slam. Sul cemento australiano la vecchia guardia non ha nessuna intenzione di concedere palle break.