quali prospettive
La nuova Juve non sarà poi così diversa da quella di Agnelli
Ieri l'avvicendamento ufficiale ai vertici della società. Per il neo presidente Ferrero, uomo di conti, le prime mosse saranno obbligate, in attesa di processi ed eventuali sentenze. Mentre sul piano sportivo il solco tracciato da Andrea segna una strada dalla quale sarà difficile (e forse pure sconveniente) discostarsi
"Lavoreremo per costruire un futuro all’altezza del passato glorioso". Il nuovo presidente, Gianluca Ferrero ha provato a rassicurare i tifosi. "Ci difenderemo in tutte le sedi", ha detto e difficilmente avrebbe potuto dire qualcosa di diverso. Perché quella di ieri era una giornata che, per quanto annunciata, resterà epocale per la storia Juventus: Andrea Agnelli e i suoi più stretti collaboratori hanno salutato, dopo oltre dodici anni e trenta trofei. Tra i più vincenti di sempre. E in giornate come queste, si sa, è difficile parlare troppo al di fuori della retorica. Ferrero, uomo di fiducia di John Elkann, il cerimoniale evidemente lo conosce.
Ma è chiaro che a Torino si stiano interrogando sulle prossime mosse, tanto più adesso che la nuova dirigenza si è definitivante insediata. Qualche indizio, in questo senso, lo si ricava proprio dai nuovi profili entrati in società. Accanto al presidente Ferrero, ci sarà Maurizio Scanavino nella veste di amministratore delegato. Entrambi sono dirigenti apprezzati per la competenza economica più che per qualla sportiva. Guideranno la società nell'incerta traversata giudiziaria, tra falso in bilancio e plusvalenze. Molto, nelle prossime decisioni, dipenderà dalle dimensioni e dagli effetti dei processi a cui la Juve sarà sottoposta. La precedente dirigenza si è dimessa proprio per affrontare, con minori implicazoni per la società, i rinvii a giudizio. Ma c'è il rischio che al filone della giustizia ordinaria si aggiunga quello della giustizia sportiva, che alla luce dei nuovi documenti prodotti dalla procura di Torino deciderà domani (c'è chi lo considera certo) se riaprire a livello federale l'indagine sulle plusvalenze. La stessa che qualche mese fa aveva portato a un nulla di fatto.
Allo stato delle cose, insomma, è difficile immaginare grandi rivoluzioni, almeno a livello di indirizzo generale. Ci sono in ballo troppe situazioni, che limitano i ragionamenti e le possibità dell'oggi. E sebbene la Juventus abbia ribadito la convinzione di aver operato secondo le regole, bisognerà aspettare le sentenze o per lo meno capire quanto gravi possano essere le conseguenze. Intanto si naviga a vista. Un conto è una penalizzazione in classifica, un altro è una semplice multa. Per calciatori come Vlahovic o Chiesa, per dire, giocare o meno la Champions potrebbe fare tutta la differenza del mondo.
Il tema giudiziario, così, si innesta su quello economico, sui 239 milioni di euro di debiti dell'ultimo bilancio approvato che impongono - al netto degli interventi della cassaforte Exor - una revisione sostenibile delle attività. Di fronte ai mancati introiti dall'Europa, con i conti sballati, è difficile che il mercato e il monte ingaggi non ne risentano: un certo ridimensionamento è probabile, se non proprio certo. Ma si tratta anche di una prospettiva che non è poi così nuova, ci fosse stato ancora Agnelli non sarebbe stato molto diverso, senza dimenticare che una volta preso atto degli errori legati all'operazione Cr7, la Juventus ha già provato a limitare le spese per i calciatori. Una strada praticamente obbligata a prescindere dall'autista.
Ed è proprio per questo che, allo stato delle cose, diventa più difficile intravedere un futuro troppo diverso da quello immaginato a suo tempo da Andrea Agnelli. "C’è stato uno sviluppo immobiliare di 400 milioni in questo ultimo decennio: lo stadio, la nostra sede, il centro d'allenamento, il J Village, Vinovo", ha spiegato ieri l'ex presidente nella conferenza stampa che ha segnato il passaggio di consegne, rivendicando "con orgoglio" i risultati ottenuti. Agnelli ha ricordato anche "la creazione del logo, che ha dato una svolta rispetto all’immagine dei club a livello globale" e le innovazioni sportive della sua gestione: "Le Women e la Next Gen", ovvero la squadra femminile e soprattutto l'Under 23, primo caso in Italia che sta portando risultati. Si pensi a Miretti, a Fagioli o a Soulè, che poco alla volta stanno prendendo spazio, a un modello che in Italia non aveva precedenti e di cui la Juve ha fatto da apripista.
E se è vero - come è stato scritto e come dimostrano le biografie - che la nuova dirigenza è stata chiamata in primo luogo per difendere la Juve dalle accuse della procura di Torino, ecco che dal punto di vista sportivo il solco tracciato da Agnelli&Co è un solco profondo. Ed è in quel senso che probabilmente dovrà muoversi anche il nuovo management, valorizzando e implementando le strutture già esistenti, almeno fino a quando la situazione non permetterà di riprogrammare il futuro nel medio-lungo periodo. Difficile, e forse anche sconveniente, inventarsi cose troppo diverse, nella consapevolezza di una società solida - forse l'unica in Serie A capace di pensarsi europea e globale. E con queste premesse, sportive e giudiziarie, con tali implicazioni, diventa difficile pensare a una Juventus così diversa da quella di oggi.