Gran calma #19
Lo stadio di casa non è più vincente in Serie A
Il Napoli è sempre più solo in testa alla classifica. Milan e Inter perdono e si fanno acchiappare da Lazio, Roma e Atalanta. Solo l'Hellas Verona e la squadra di Sarri hanno vinto nel loro stadio questa settimana
I risultati della 19esima giornata di Serie A
Lazio-Milan 4-0 4′ S. Milinković-Savić, 38′ Zaccagni, 67′ rig. Luis Alberto, 75′ Felipe Anderson
Verona-Lecce 2-0 (40′ Depaoli, 54′ Lazović)
Salernitana-Napoli 0-2 (45′+3 Di Lorenzo, 48′ Osimhen)
Fiorentina-Torino 0-1 (33′ Miranchuk)
Sampdoria-Udinese 0-1 (88′ Ehizibue)
Monza-Sassuolo 1-1 (13′ G. Ferrari (S), 60′ Caprari)
Spezia-Roma 0-2 (45′ El Shaarawy, 49′ Abraham)
Juventus-Atalanta 3-3 (4′, 53′ Lookman (A), 25′ rig. Di María, 34′ Milik, 46′ Mæhle (A), 65′ Danilo)
Bologna-Cremonese 1-1 (50′ rig. Okereke (C), 55′ aut. Chiricheș)
Inter-Empoli 0-1 (66′ Baldanzi)
La classifica della Serie A dopo 19 giornate
Napoli 50; Milan 38; Lazio, Inter e Roma 37; Atalanta 35; Udinese 28; Torino 26; Empoli 25; Juventus (-15), Fiorentina e Bologna 23; Monza 22; Lecce 20; Spezia e Salernitana 18; Sassuolo 17; Verona 12; Sampdoria 9; Cremonese 8.
Perché un granello (bello grosso) di sabbia nell’ingranaggio fa cadere quasi ogni previsione
Giusto una settimana fa, come scritto, la Serie A del campionato italiano di calcio appariva come uno schermo limpido ed estremamente leggibile, nella sua massima parte. Napoli avviato verso il titolo, il divario fra le big del nord e le romane più Atalanta diminuiva ma rimaneva marcato, nessuna speranza d’Europa per chi rincorreva nelle retrovie, purtroppo spacciate le tre retrocedende. Mai come in questi casi, però, la gran calma è d’uopo: il primo verdetto dei ricorsi in materia di plusvalenze toglie 15 punti in graduatoria alla Juventus, da scontare nel campionato in corso, e ha rimesso molto in gioco. Ne discende che si “libera” automaticamente uno slot nella prossima Champions League, a beneficio di Roma, Lazio o Atalanta: sempre che le milanesi rimangano aggrappate al secondo e al terzo gradino del podio… oggettivamente contendibili. Con pari effetto domino, una tra Udinese, Torino, Fiorentina e la stessa Juve possono pensare alla Conference League. A meno che lo spirito di rivalsa dei bianconeri non gliele faccia vincere tutte, ma questo è un altro discorso.
Perché l’Europa che conta è fuori dalla portata della Juve, e perché invece no
Ed è il momento per affrontarlo. Quindici punti di penalizzazione ammazzerebbero anche un toro (con la t minuscola), in specie considerando che anche il minimo - e già deficitario - obiettivo stagionale, l’approdo all’Europa League, appare ora tutto da costruire con una dozzina di distanze di distacco. Ma se la cavalcata della Reggina di Walter Mazzarri (salvezza con -19) dimostra che niente è impossibile, l’avvocato del diavolo con la d minuscola ricorda che la penalità era arrivata in quel caso a inizio stagione. Quanto accaduto domenica sera allo Stadium dice che alla Juve almeno i giocatori la stanno prendendo con lo spirito giusto: proprio l’esatto contrario dell’Inter, che aspettava una reazione negativa da Torino e se l’è ritrovata in casa propria, con Milan Škriniar espulso e ormai separato in casa come un tesserato a termine. In più, Madama vanta molti virgulti che faranno di tutto per mettersi in mostra e portare in salvo l’antico vaso: Nicolò Fagioli, Fabio Miretti, in futuro Nicolò Rovella e Filippo Ranocchia, i Pedri e Gavi che la nuova dirigenza si può permettere e che il plasma di Massimiliano Allegri può dotare di cazzimma gerrardiana. Gran calma, quindi, a darla per esautorata prima del tempo.
Perché la resa di Inter e Milan si chiama Europa, e le inseguitrici non possono gongolare
Quattro squadre in due punti, Inter e Milan down, Lazio Roma Atalanta vedono l’empireo. A guardare con gli occhi dell’estremo presente, tremano le tifoserie campioni d’Italia negli ultimi due anni, rialzano la testa con speranza le altre tre. Ma gran calma: vedendo col periscopio verso la primavera, quando il ciclo della preparazione post mondiale sarà compiuto, le gerarchie potrebbero tornare quelle fin qui manifestate. La squadra di Stefano Pioli paga un mercato deficitario, l’appannamento da Qatar e il mono-modulo senza varianti, tuttavia è anche bersagliata da infortuni che rendono difficili le alternative; quella di Simone Inzaghi non ha mai trovato il suo gioco ed è stata tradita da investimenti e malesseri, però conta sopra una rosa e un’abitudine non paragonabili alle concorrenti verso la Champions League. Ecco la parola magica: la resa dell’Inter e del Milan si spiega anche con l’obiettivo di fare almeno un po’ di strada nell’attuale edizione della coppa, dove in partita secca tutto può succedere rispettivamente contro Porto e Tottenham. Certo che la Roma di José Mourinho ci sta credendo, e la Lazio vista ieri fa paura: è la più squadra di tutte, gioca sarrianamente anche senza Immobile, da anni cambia pochissimo l’undici titolare. Alla lunga questo conta, in campo e fuori.
Perché l’Atalanta sta segnando a raffica e arriva prima nella corsa ai futuri spaccamercato
Tra le squadre più in salute c’è l’Atalanta, che con la Juve ha duellato senza remore fino allo scoppiettante 3-3. Forse mai prima d’ora l’undici affidato a Giampiero Gasperini ha segnato così tanto in un solo periodo, manco nel periodo aureo quando viaggiava a soglie di classifica ancora più alte: otto gol alla Salernitana, cinque allo Spezia in coppa Italia, appunto tre (a domicilio) alla Juventus. A prescindere dal piazzamento finale, quando sarà il momento di riavvolgere il nastro del torneo, i nomi di Rasmus Højlund e Ademola Lookman echeggeranno tra i migliori acquisti - anzi, le migliori scoperte o scommesse - di stagione, fondamenta per affrontare il futuro e sicuri ricavi quando il campionatino italiano, sigh, non sarà più loro sufficiente. A fronte di un settore giovanile sempre rigoglioso, capace in pochi anni di sfornare i Bastoni e gli Scalvini, anche la pesca internazionale è fruttuosa e con il merito di coprire sentieri poco battuti: certo, conta l’abilità del manager nel comprendere i tempi e i modi del blitz, ma c’è da chiedersi come mai nemmeno le grandi conclamate e storiche (pure con più risorse) non riescano ad arrivare prima e meglio verso chi dice di sì a Bergamo o Lipsia prima di spiccare il volo per il top di gamma. Dove però - gran calma - non di rado, vedi Gosens all’Inter e parecchi altri casi, non rendono come nell’ecosistema che li ha generati: un indizio forse ha luogo nel ridotto peso dei “senatori” entro contesti non di primissimo piano, ovvero un clima che aiuta a esplodere senza fagocitare. Ma la geografia del calcio cambia anche secondo questi presupposti.
Perché il fattore campo non conta più niente e come rallegrarsene fuori dal fantacalcio
I numeri, ancorché leggibili, non sono bugiardi. Nell’ultimo appuntamento extralarge con la Serie A, solo l’Hellas Verona e la straripante Lazio hanno vinto in casa; poi tre pareggi e ben cinque vittorie esterne. Alcune di prammatica, altre sorprendenti per statistica e disparità: non è la prima volta che succede, non sarà l’ultima. Questa bilancia invertita rispetto al pregiudizio inconscio che vede di default favoriti i padroni di casa conta numerosi appigli nell’evoluzione della mentalità di chi viene ospitato, primo tra tutti il calendario di giornata (e quindi gran calma, potrebbe non essere un paradigma già dalla prossima settimana). Non è escluso, per esempio, che il biennio segnato dal Covid con gli stadi a porte chiuse abbia contribuito in modo notevole ad agevolare tale nuova presa di coscienza dei propri mezzi, che davanti alla livella delle curve azzerate anima in egual misura chi conta sopra una tifoseria a suo modo “determinante” e chi invece no. Non c’è quindi motivo di dolersene, se non per la marea di fantallenatori che pendono dal fattore campo per vincere o essere condannati: è il campionato stesso a dire che se ne può, e probabilmente se ne deve, fare a meno.