oltre le indagini
Non solo la Juventus. Il calcio a processo e la chiarezza che manca
La penalizzazione è solo il primo atto. Tra ricorsi e nuovi processi in arrivo la classifica di Serie A rischia di essere riscritta più volte. Il club bianconero è di gran lunga il più esposto, non l'unico. Ma in attesa delle sentenze, il caso plusvalenze mette in luce le carenze della giustizia sportiva e della Figc
La sentenza dello scorso 20 gennaio, quel meno quindici inflitto alla Juventus, è solo il primo atto. Antipasto di una serie di appuntamenti giudiziari che, tra pronunciamenti e ricorsi, rischia di riscrivere più volte le classifica di questa Serie A. E interroga in senso più ampio l'intero sistema calcio italiano. C'è la Juve, soprattutto la Juve. Ma non solo.
A giorni, al più tardi entro il 30 gennaio, verranno pubblicate le motivazioni del primo provvedimento emesso dalla Corte federale, quello comminato in seguito alla riapertura del processo sulle plusvalenze - lo stesso su cui era arrivata nei mesi scorsi l'assoluzione - che ha portato la squadra bianconera a metà classifica, scagionando le altre squadre coinvolte. "Una palese disparità di trattamento", l'hanno definita i legali della squadra di Torino. Facevano riferimento anche al fatto che l'ordinamento non prevede - salvo emergano nuove e diverse evidenze - si venga giudicati per due volte per la stessa accusa. Ma anche all'assenza di norme sulle plusvalenze. Il procuratore della Figc Giuseppe Chinè, che pure aveva chiesto "solo" una sanzione di 9 punti, non è stato di questo avviso, descrivendo invece un "sistema" in base al quale non sarebbe tanto importante la singola operazione di mercato quanto i risultati economici prodotti complessivamente e tali da provare la "slealtà" della Juventus.
Per tutto, questo prima di ogni considerazione ulteriore, sarà fondamentale comprendere le ragioni che hanno portato i giudici ad andare molto oltre le richieste dell'accusa. A Torino hanno già annunciato il ricorso al Collegio di garanzia del Coni, che tuttavia non si esprimerà sul merito ma sulla ammissibilità della sentenza: potrà annullarla, confermarla o ancora rinviare il giudizio alla Corte per un nuovo processo. Dopo questo pronunciamento, la Juventus potrà ancora ricorrere al Tar del Lazio e al Consiglio di Stato. E c'è anche chi ha evocato la Corte europea. Intanto l'Uefa è alla finestra.
Non sono queste tuttavia le uniche grane per i bianconeri. Perchè alla ex dirigenza - da Agnelli a Paratici e Nedved, in giù - viene contestata dalla procura di Torino, nell'ambito dell'inchiesta Prisma (la stessa da cui ha attinto la Corte federale), la manovra stipendi del 2020 e del 2021, che avrebbe permesso di alleggerire i conti durante la pandemia. Manovre che potrebbero configurare il falso in bilancio e conseguenze, penali e sportive, ancora più pesanti. Rischiano di essere squalificati anche i singoli calciatori. Il 27 marzo andrà in scena l'udienza preliminare del processo.
Anche in questo caso la procura federale ha già annunciato l'apertura di nuovi fascicoli, mentre a febbraio (si è parlato del 22, non sono esclusi slittamenti) dovrebbe tenersi un nuovo processo al cui centro ci sono le plusvalenze. Riguarderà la Juventus, i casi non considerati nella prima sentenza, e le altre squadre con cui sono stati fatti affari: si parla di Atalanta, Udinese, Sassuolo ed Empoli, ma anche di Milan e Roma. Difficile fare previsioni, ma non soprenderebbero, a questo punto, nuovi stravolgimenti. Tanto che c'è anche chi si interroga sulla regolarità di un campionato a punteggio variabile.
Nel frattempo qualcosa si muove anche a Napoli, dove la magistratura - dopo un fascicolo aperto in Francia - indaga sull'acquisto di Viktor Oshimen dal Lilla. È costato circa 70 milioni di euro, 20 dei quali coperti attraverso uno scambio che ha coinvolto quattro giocatori: il portiere Karnezis, che ha giocato una sola partita, e tre giovani della primavera che in Francia non ci sono mai andati e giocano oggi tra Serie C ed Eccellenza. Ragioni che hanno spinto i magistrati a chiedere una propoga di sei mesi per le indagini che vedono coinvolto anche il presidente De Laurentis. Anche in questo caso si ipotizza il falso in bilancio. Di oggi è anche la notizia che a Milano sia stata aperta un'indagine sulla vendita del Milan dal fondo Elliott a RedBird di Gerry Cardinale, ma questa è un'altra storia.
La giustizia sportiva e la chiarezza che manca
Complicato riuscire a fare chiarezza nell'immediato. Senza contare che i casi citati sopra vanno considerati per il peso specifico, molto diverso a seconda delle squadre. E se da questo punto di vista la cautela, la presunzione d'innocenza, dovrebbe essere ovvia, un po' meno cauti si può essere sul piano generale.
Esiste, e i procedimenti in corso lo dimostrano, non solo una problema di legalità ma anche uno altrettanto importante che riguarda la giustizia sportiva, intesa come ordinamento. Che si pretende indipendente, ma è sprovvista degli strumenti per indagare, costretta spesso ad andare a traino di questa o di quella procura. Si finisce così per fare processi in una giornata e in cui la sentenza si basa su quelle intercettazioni messe a disposizione dall'accusa, prima ancora che il processo penale inizi. Prima ancora cioè che quelle stesse intercettazioni vengono ammesse a processo, e che gli interessati possano tentare una difesa.
Il risultato è quello di una giustizia che talvolta appare fin troppo veloce, approssimativa, alimentando diffidenza. E non solo nei tifosi della squadra sanzionata. Sono anni per esempio che si parla di plusvalenze, Milan e Inter sono state processate e assolte già nel 2008. E nonostante gli allarmi - e la diffusione sempre più ampia di una pratica che da essere linfa per i club (quando si tratta della reale valorizzazione di un calciatore) è diventata più spesso magagna e abuso - mai la Figc è intervenuta sui regolamenti. Per evitare che tutto alla fine si riduca alla ricerca di un capro espiatorio, al tifo giustizialista.
“C'è un’esigenza che deve essere soddisfatta, perché spiegare è importante quanto decidere. Aspetto le motivazioni e chi ha la responsabilità spieghi questa decisione e perché non ne sono state prese altre”, ha detto il ministro dello Sport Andrea Abodi, inquadrando il caso Juve. Ha annunciato che qualcosa, per quel che gli compete, sarà fatta. E altrettanto dovrebbero fare gli altri organi competenti. "Ci sono le autonomie, ci sono i ruoli. Ma vogliamo dare un contributo per migliorare e quello che sarà di competenza del Governo verrà fatto di concerto con il Parlamento", ha spiegato il ministro, appellandosi al senso di responsabilità di tutti. Ma soprattutto, ha sottolineato: "Non abbiamo tempo perché percepisco la sfiducia dell’opinione pubblica". Quel momento forse è arrivato.