(foto Ansa)

Il foglio sportivo

Lamaro e il volto nuovo del rugby italiano

Alessandro Ferri

Il capitano azzurro: “Se non pensassi di poter vincere il Sei Nazioni non sarei qui”

Michele Lamaro è una persona con cui si può parlare tranquillamente del più e del meno: di Roma, della stagione a Treviso, di come vede i suoi ragazzi in Nazionale. Ogni volta però, sia che il tema sia il rugby, sia che la conversazione viri su tutt’altro, è impossibile non pensare a quanto carisma debba avere per essere il capitano dell’Italia a soli ventiquattro anni e mezzo. C’è un corsivo di Will Owen, uscito qualche mese fa su Rugbypass, il portale dedicato al rugby più popolare al mondo, in cui si dice: “Quando siete in una clubhouse italiana, non parlate delle tante sconfitte, non parlate di Sergio Parisse. Parlate di Lamaro. È un uomo che odia visibilmente perdere, non importa quanto bene giochi a livello individuale. Lamaro non vuole essere solo il nuovo Sergio Parisse. Vuole essere il nuovo Richie McCaw”. Ed è verissimo.

 

Il capitano azzurro si presenta al County Hall di Londra, per il lancio internazionale del Sei Nazioni, con ancora in faccia i segni delle ultime partite giocate con la sua Benetton, che non perde da sei gare e che si è appena qualificata agli ottavi di Challenge Cup, dove incontrerà gli irlandesi di Connacht. Ora però è concentrato su altro. Posa, idealmente, in un angolo la maglia biancoverde del club, e si dedica al ruolo di capitano dell’Italia, ruolo che ricopre alla grandissima.

 

Loro (capitani e allenatori avversari) ci rispettano sempre moltissimo – dice –, ma mi sono reso conto di una cosa: l’anno scorso la prima domanda che mi hanno fatto è stata sulla possibilità di inserire promozioni e retrocessioni nella competizione, mentre ora me lo hanno chiesto dopo quattro ore di conferenza. Veniamo visti in modo diverso dagli osservatori internazionali, finalmente”.  L’Italia viene infatti da un 2022 ottimo: la vittoria di Cardiff col Galles, a marzo, e quelle di novembre contro Samoa e soprattutto Australia, hanno spazzato via il passo falsissimo con la Georgia di giugno e dato un’immagine fresca a una Nazionale che negli ultimi anni era presa di mira da critici e addetti ai lavori. Gran parte del merito è di un gruppo giovane e di un allenatore, Kieran Crowley, che ha saputo tirare fuori il meglio dai tanti giocatori che aveva già allenato a Treviso, ma anche da quelli che conosceva appena, come Ange Capuozzo, che oggi, assieme a Lamaro, è volto e immagine di una Nazionale rinnovata e grintosa.

Vedo bene il nostro gruppo – prosegue – Siamo riusciti a mettere in difficoltà squadre strutturate come Galles e Australia, ma il processo è solo alle fasi iniziali. Ora stiamo per cominciare il Sei Nazioni, un torneo dove non ci sono mai favoriti assoluti”. L’Italia partirà in salita, vedendosela prima a Roma con i campioni in carica della Francia, che non perdono da tredici partite consecutive e che l’anno scorso hanno fatto il Grande Slam, poi a Londra con l’Inghilterra, che ha appena esonerato il guru Eddie Jones, per affidarsi a una vecchia gloria, Steve Borthwick, prelevato dalla panchina dei Leicester Tigers. Dopo queste due giornate complesse ci saranno Irlanda, Galles e, infine, Scozia, a Edimburgo (dal 4 febbraio al 18 marzo, tutte le partite del Sei Nazioni in diretta su Sky e in streaming su NOW, con l’Italia anche in chiaro su TV8).

 

Al momento – dice Michele – Galles e Scozia sembrano avere qualcosa in meno delle altre, almeno sulla carta, ma sappiamo bene che quando sono nella giornata giusta diventano difficilissime da affrontare anche per squadre di livello assoluto. Noi dalla nostra abbiamo un gruppo giovane e tanta voglia di confermarci. Stiamo prendendo confidenza dopo anni difficili”.  È solo la seconda volta in cui Lamaro vive il lancio del Sei Nazioni da capitano. La prima in presenza dopo gli anni della pandemia. “C’è Jonathan Sexton (il capitano dell’Irlanda) che sarà venuto qui almeno dieci volte – scherza –, poi ci sono i più giovani, come me o Antoine Dupont della Francia. Questo dimostra che il ricambio generazionale sta portando tutti a un nuovo livello: da Sheehan nell’Irlanda a Morgan nel Galles, passando per altre decine di giocatori, diventa sempre più bello arrivare qui. Noi dal canto nostro abbiamo tantissimi ragazzi che stanno emergendo e che scendono in campo con una fame che non si vedeva da anni. Hanno voglia di dimostrare quanto valgono, lo si capisce al volo”.

Durante l’intervista, un membro dello staff posiziona il trofeo sul palco. Inevitabile chiedere a Lamaro cosa pensa quando lo vede. Si prende una ventina di secondi di riflessione: guarda con attenzione il volto argentato della coppa, sorride, poi sposta lo sguardo e risponde. “Penso – dice con gli occhi sognanti che sono propri di un ventiquattrenne – che mi alleno tutti i giorni da una vita per alzarlo in cielo. La strada è lunga, ma se non pensassi che un giorno potremmo vincerlo, probabilmente oggi non sarei qui a rappresentare l’Italia da capitano”. Non fa una piega.

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