Il Foglio sportivo
Milano e un derby a 30 all'ora: Brady chiama, Ibra non risponde
Inter e Milan non sono più lassù a guardare la serie A dalla Madonnina: se la squadra di Pioli dovesse perdere chi era "on fire" rischierebbe di finire direttamente sullo spiedo. Ma un vittoria può cambiare il senso della stagione
Era il 5 febbraio anche lo scorso anno. Ma questo derby di Milano ha tutto un altro sapore. Inter e Milan non sono più lassù a guardare la serie A dalla Madonnina. Più su di loro oggi c’è San Gennaro. Inter e Milan hanno altri sogni, un posto in Champions, aspettando poi la Champions. Un anno fa si arrivò al derby, giornata numero 24 di un campionato ben più avanzato, con l’Inter in fuga con 4 lunghezze di vantaggio a quota 53, gli stessi punti che oggi ha il Napoli con tre partite in meno. I nerazzurri erano davanti fino al 75° minuto, poi si girò Giroud e con lui tutto il campionato. Fu la partita della svolta, quella che indirizzò lo scudetto, ancora di più dei punti persi dall’Inter contro il Bologna. Un anno dopo l’Inter è ancora davanti al Milan, ma il Napoli è lontanissimo. E, comunque vada, il derby difficilmente potrà indirizzare un campionato che ormai solo Spalletti potrebbe perdere. Ancora una volta però è un derby che può indirizzare la stagione delle milanesi e segnarne l’umore da qui alla fine del campionato. Se il Milan dovesse perdere anche domenica dopo i dolorosissimi k.o. con Lazio e Sassuolo (più il derby di Super Coppa) chi era on fire rischierebbe di finire direttamente sullo spiedo.
Il derby di Milano ha spesso funzionato come ricostituente. Tu stai male, giochi il derby, lo vinci e torni in forma. Questo per dire che spesso chi entra da sfavorito poi esce da vincitore. Scaramanzia. Forse più napoletana che meneghina, ma in città nella settimana che porta alla partitissima ci si diverte anche così. Certo un anno dopo in pochi si sarebbero aspettati un derby senza vista sullo scudetto tra le due squadre che hanno indossato il tricolore negli ultimi due anni. Problemi di costruzione. La storia di Skriniar che non rinnova e prepara la fuga verso Parigi in estate dopo essersi promesso e ripromesso, assomiglia tanto a quelle di Donnarumma e di Çalhanoğglu e potrebbe avere la stessa evoluzione anche con Leao con il quale il Milan però sembra partito con i tempi giusti. Milano che perde i pezzi a parametro zero è la stessa che sfratta la partenza della Sanremo ad Abbiategrasso: non un bel vedere, mentre la città continua a crescere facendo schizzare alle stelle i prezzi degli appartamenti. Per non parlare della questione stadio, sempre in alto mare, come certi cantieri olimpici che non vogliono partire. È un momento down come certe giornate di Borsa, ma sempre più up di quello che stanno passando alla Juventus. Suona solo strano che dopo più di vent’anni lo scudetto possa allontanarsi dal triangolo Juve-Milan-Inter. Strano, ma meritato perché la luce oggi arriva da chi ha costruito senza colorare di rosso i bilanci.
Un anno dopo il Milan è ancora qui ad aspettare che si giri Giroud che però ha un anno (e un mondiale) in più e non ha nessuno che possa permettergli di tirare il fiato. Dzeko, aspettando Lukaku, almeno ha di fianco un campione del mondo come Lautaro. Il Milan ha pensato bene di investire su un centravanti più logoro di quello che aveva (Origi) e intanto continua ad aspettare Ibra che ormai non gioca più una partita intera dal 17 gennaio dello scorso anno. Ibra è quasi sempre lì in panchina a urlare, incitare, smoccolare. Ma l’effetto Ibra che un anno fa è stato vincente e aveva messo le ali al Milan meglio di una lattina di Red Bull, oggi sembra essersi sgonfiato. Un conto è averlo lì sapendo che prima o poi tornerà a mettersi in pantaloncini, un altro avere solo la speranza che possa ancora farlo.
Forse per Ibra è arrivato il momento di seguire un esempio più che di darlo. L’esempio di un mito come lui, di un atleta che pensava di essere infinito, ma che l’altro giorno ha capito di doversi arrendere all’età che passava veloce come i palloni che lui ha saputo lanciare come nessun altro. Tom Brady, il miglior quarter back della storia, una leggenda che può tranquillamente sedersi allo stesso tavolo di Ibra, ha deciso di smettere dopo il finto ritiro dello scorso anno. Brady ha 43 anni, sette vittorie al Super Bowl, un contratto decennale da 375 milioni di dollari per fare il commentatore a Fox Sports. Questa volta ha deciso di smettere davvero. Ibra ne farà 42 ad ottobre, ma ancora non si è rassegnato a fare l’ex. Un anno fa dopo il finto ritiro, Ibra aveva detto via social a Brady: “L’età migliore è sempre quella che si vive”. Ma come sta vivendo oggi la sua età Ibra? Si comporta da ex, recita nelle pubblicità, al cinema, dalla panchina, ma non è ancora un vero ex. Il problema è che il Milan pensava di avere ancora un centravanti come lui almeno per l’ultimo rush della stagione. Un equivoco mai chiarito del tutto, anche se la sua esclusione dalla lista Champions adesso un indizio ce lo manda. Forse il sogno è davvero finito. E per ora ad un derby che ha poco da dire alla classifica, ma ancora tanto da raccontare di questa Milano che almeno nel calcio sembra essersi messa a viaggiare a 30 all’ora.