all'olimpico
All'Italrugby contro la Francia è mancato "tanto così"
La nazionale allenata da Crowley è andata a un turnover di distanza da una vittoria storica. Ma contro l'Inghilterra domenica può riprovarci
Inquadrato dalle telecamere nel discorso post-partita, Michele Lamaro ha detto una cosa fondamentale, che sintetizza l’amaro in bocca provato dai tifosi azzurri dopo Italia-Francia: “È mancato tanto così, ragazzi. Tanto così”. Ed è vero. “Oggi abbiamo avuto cuore, ma con il cuore non si vincono le partite” ha poi ribadito nell’intervista di rito al canale ufficiale del Sei Nazioni. Ed è vero pure questo. L’Italia ieri è andata a un turnover di distanza da una vittoria storica contro la Francia, che sarebbe arrivata a dieci anni e un giorno da quella per 23-18 dell’era Mallett. Eppure, vincere non sarebbe sembrata una cometa, non sarebbe stato estemporaneo. Gli azzurri di oggi sono forti, affamati e, soprattutto, spavaldi.
Facciamo un esempio: Danilo Fischetti da Genzano, castelli romani, ha malmenato Uini Atonio, pilone che pesa 152kg, quarantadue in più del nostro. Un lavoro talmente dominante, in mischia chiusa, quanto nel gioco aperto, da ricordare i grandi del passato, su tutti il Barone Andrea Lo Cicero, che è sceso in campo nello stesso ruolo per 103 volte tra il 2003 e il 2013. È questa la grande rivoluzione dell’Italia di coach Crowley: i ragazzi sono giovanissimi e non hanno timori reverenziali verso nessuno, a cominciare da questa Francia che vince da quattordici partite consecutive e che è senza ombra di dubbio la squadra più forte del mondo, nonostante il ranking dica Irlanda.
Quel “tanto così” che è mancato sta nei dettagli, in un po’ di sfortuna (sulla prima meta francese, quella di Thibaud Flament, il nostro Stephen Varney fa una cosa concettualmente giusta, calciando a scavalcare, ma la palla viene stoppata dalla seconda linea avversaria, rimbalza sul petto di Varney, torna tra le mani di Flament che va a marcare) e in qualche decisione arbitrale discutibile (sulla seconda meta avversaria, segnata da Thomas Ramos, Damien Penaud non va sul pallone, ma colpisce Ange Capuozzo in faccia con la spalla, ma per il direttore di gara è tutto ok, incredibilmente). Per il resto si è visto l’atteggiamento giusto: mai un blackout, pochi falli commessi, 7, tanti subiti, 18 (tanto da far dire al tecnico della difesa francese, Shaun Edwards che “In 20 anni in cui sono sui campi da rugby è il numero di punizioni più alto che una mia squadra abbia mai concesso”) e, soprattutto, tanta consapevolezza nei mezzi. Mezzi che passano dalle idee di una linea di trequarti forte ed equilibrata, che vive sulla fantasia e l’esplosivita di Capuozzo, Menoncello e Bruno, sostenuti dalla solidità difensiva di Brex e Morisi, due centri che sono un fattore in più quando non si è in possesso palla.
Insomma, se l’anno scorso parlavamo di una serva Italia, di dolore ostello, oggi vediamo tutt’altra storia. E la vedono anche all’estero, dove iniziano a chiedersi se l’Inghilterra debba preoccuparsi. Domenica a Twickenham ospiteranno una nazionale azzurra delusa dal risultato, ma rinfrancata dalla prestazione. Steve Borthwick, che allena i campioni del mondo del 2003 da un paio di mesi ha dei grossi grattacapi, dopo la sconfitta di sabato con la Scozia. Dalla loro hanno la tradizione: l’Italia non ha mai vinto a Londra, ma se prima la possibilità di vincere era prossima allo zero, oggi non sarebbe così campato in aria. In barba alla scaramanzia, parlano i dati: Inghilterra e Nuova Zelanda sono le uniche due squadre che l’Italia non ha mai battuto. Fino a novembre c’era anche l’Australia, poi c’è stata un’altra prestazione maiuscola. Sognare non costa niente, ma pianificare e lavorare duro è molto più appagante. Se poi ci sono anche le telecamere di Netflix a seguirti passo passo, fare bella figura è anche un dovere di forma. E, a dirla tutta, a livello estetico l’Italia ha anche la maglia più bella del Sei Nazioni: la seconda, ispirata a quella della squadra che nel 2000 esordì nel torneo battendo la Scozia campione in carica. A riprova del fatto che bisogna essere baldanzosi in tutto, nello stile come nell’atteggiamento e nel gioco. Anche se al momento manca “tanto così”.