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Gran calma #21

Chi può rianimare una Serie A che, Napoli a parte, inizia ad annoiare?

Enrico Veronese

La squadra di Spalletti continua a vincere giocando bene. Il problema è altrove: troppe squadre piene di problemi che giocano un calcio inferiore alle attese. E per il Milan non è tutta colpa di Pioli

I risultati della 21esima giornata della Serie A

Salernitana-Juventus 0-3 26′ rig., 47′ Vlahović, 45′ Kostić

Cremonese-Lecce 0-2 58′ Baschirotto, 69′ Strefezza

Roma-Empoli 2-0 2′ Ibañez, 6′ Abraham

Sassuolo-Atalanta 1-0 55′ Laurienté

Spezia-Napoli 0-3 47′ rig. Kvaratskhelia, 68′, 73′ Osimhen

Torino-Udinese 1-0 49′ Karamoh

Fiorentina-Bologna 1-2 14′ rig. Orsolini, 19′ Saponara (F), 47′ Posch

Inter-Milan 1-0 34′ Lautaro Martínez

Verona-Lazio 1-1 45′ Pedro (L), 51′ Ngonge

Monza-Sampdoria 2-2 12′, 58′ Gabbiadini (S), 32′ Petagna, 99′ rig. Pessina

    

La classifica della Serie A dopo 21 giornate

Napoli 56; Inter 43; Roma 40; Lazio 39; Atalanta e Milan 38; Torino 30; Udinese e Bologna 29; Juventus (-15), Monza e Empoli 26; Fiorentina 24; Lecce e Sassuolo 23; Salernitana 21; Spezia 18; Verona 14; Sampdoria 10; Cremonese 8.

 

Perché improvvisamente il campionato annoia, e cosa lo potrebbe rianimare verso il pubblico

Solo due o tre settimane fa, indipendentemente dalla classifica già assodata in testa (e pure in coda: ma qui qualcosa s’è mosso), dicevamo della piacevolezza di un torneo che stava mettendo in mostra alcuni nuovi talenti, anche italiani, ormai nati a piene mani dentro gli anni Duemila. Lo scorso weekend allungato, da sabato a martedì, ha provocato una serie di sbadigli oltre a confermare l’ovvio - lo strapotere del Napoli - assieme al meno ovvio, come la lenta risalita dell’Hellas Verona ai danni dello Spezia. E senza il rigore dato al Monza oltre il 90esimo, chissà, pure la Sampdoria avrebbe potuto cominciare a sperare. Siccome i mesi che mancano alla fine del torneo sono ben quattro, cosa ci si può inventare per trovare un senso (anche se un senso non ce l’ha)? I maligni puntano all’ulteriore squalifica della Juve, che rimetterebbe in gioco per la salvezza almeno una contendente. Ma anche una rincorsa Champions al secondo posto, partendo dalle retrovie, potrebbe ingenerare l’effetto sveglia. E se lo stesso Monza credesse davvero alla chance di andare in Conference League? Tutto, purché le partite non siano scialbe o telefonate. Perché comunque si è visto, in barba alle previsioni (gran calma), che quasi tutto deve ancora trovare definizione. Dateci un motivo, meglio se più di uno.

   

Perché Stefano Pioli ha fatto la cosa giusta, e le critiche nei suoi confronti sono ingenerose

Nell’opinione pubblica, ultimamente, è invalsa l’abitudine a bacchettare il tecnico del Milan per i risultati allucinanti (in senso negativo) che sta mietendo. I numeri non sono certo dalla parte di Stefano Pioli, ma quanto ha deciso di fare prima del derby - poi perso - era probabilmente l’unica mossa a sua disposizione: rivoltare la squadra come un calzino, applicare un modulo provato in allenamento e teoricamente nelle corde della rosa, sostituire gli elementi più scarichi con qualcuno che avesse ancora volontà e mordente. Non è andata bene, tanto che nel primo tempo i rossoneri erano già sotto: ma nemmeno la ripresa, resettati i parametri tradizionali, ha dato una scossa. Tornando utile al mister per rintuzzare i detrattori: vedete, anche come siamo abituati (e coi cambi testuali) non va più bene. Applausi quindi a Stefano Pioli che in trouble goes big, lo fa nel derby, o la va o la spacca: il coraggio non gli manca. Ma a poco serve se Théo si rattrappisce in area, se Origi doppia Giroud e l’Inter gioca sapendo di segnare in ogni momento. Se ci crede, fa bene a procedere con la difesa a tre, dato che a quattro sarebbe stato criticato egualmente dal solito, ineffabile Arrigo Sacchi. A chi ne fa una questione di Dna, gran calma: ricordate lo scudetto di Alberto Zaccheroni e la difesa a tre che parlava in milanese?

    

Perché l’Hellas Verona si è rimesso in moto, anche se è ancora lontano dal convincere

Il gran calma più scontato della prima parte del 2023 è per l’Hellas Verona, che dopo aver calcato il fondo della graduatoria intravede la sagoma dello Spezia, la società che precede gli scaligeri nella lotta verso le acque tranquille. Ripreso in mano da Sean Sogliano in qualità di direttore sportivo, il club gialloblu ha fatto incetta di prospetti al mercato di gennaio, ricavando già soddisfazione da Ondrej Duda nella trequarti e da Cyril Ngonge di punta. La difesa rimane sempre battibile, la fascia destra è ancora orfana di Marco Faraoni, dietro centravanti poco prolifici (Milan Djurić, Adolfo Gaich, lo stesso Kevin Lasagna) si alternano scommesse e veterani fuori ruolo: ma evidentemente la scintilla è scoccata, l’allenatore nominale Marco Zaffaroni ha portato ordine e tranquillità, l’ambiente inizia a crederci e - una volta liberatosi di chi attendeva la fine della stagione per guardare altrove - ha ritrovato compattezza e unità d’intenti. Al momento i veneti sarebbero in B, e pure facendone discorso di merito lo Spezia ha maturato maggiori crismi per la permanenza: ma nel calcio i miracoli accadono dopo Natale, non prima.

   

Perché il Bologna sta facendo due punti di media a partita, pur giocando senza Arnautović

Ventidue punti in undici partite. A Bologna costruiranno un monumento per Thiago Motta, allenatore fantasioso che vede più lungo dei colleghi nel cambiare la posizione a chi in un certo ruolo ha dato tutto: i risultati si vedono in campo, col tourbillon dei centrocampisti e il recupero del fondamentale Jerdy Schouten. La difesa a quattro si è fatta più ermetica, Riccardo Orsolini non ne sbaglia una, Lewis Ferguson ha fame di emergere e pure Joshua Zirkzee contribuisce alla causa. Tutto lascia intendere che con il rientro (quando?) di Marko Arnautović le cose non possano che migliorare ulteriormente: gran calma però, perché l’importanza del centravanti austriaco va valutata anche dal punto di vista dell’ascendente nello spogliatoio. E se le cose funzionano così, ragionerà il tecnico, perché cambiarle? Con il rischio che la squadra si leghi alle lune e alle condizioni fisiche del suo uomo più rappresentativo. Non succede, ma se succede…

  

Perché per nuove iniezioni di bel calcio probabilmente bisognerà passare dagli esordienti

Tornando nei paraggi dei “giochisti”, che in linea di massima dovrebbero avere sempre ragione, viene da chiedersi quale sia stato finora il team che, Napoli a parte (ovviamente, come l’annata ha ben presto abituato), ha appagato maggiormente le aspettative e lo sguardo dei propri spettatori - e, perché no, anche degli avversari - senza rimetterci in perdita, come è il caso invece della Cremonese gestione Alvini. I troppi alti e bassi di tante protagoniste non consentono di dare una risposta precisa: a sprazzi la Lazio, la Fiorentina, l’Atalanta, il Torino hanno incarnato una buona resa degli schemi provati durante la settimana e delle idee del proprio allenatore, anche se i tre punti non sono sempre arrivati. Però si può concordare, scendendo di classifica, che il Lecce di Marco Baroni ha sciorinato quasi dovunque un gioco riconoscibile, tecnico e veloce, in grado di ricordare il miglior Sassuolo nel periodo di Eusebio di Francesco o di Roberto de Zerbi. Gli affamati di gran calcio chiedono di più? Gran calma, gli ultimi mesi di questo anomalo “campionato di Clausura” sono fatti apposta per rivelare il meglio dai settori giovanili. Avanti Matías Soulé e Samuel Iling, forza Michael Adopo e Brian Bayeye, daje Luka Romero e Giacomo Faticanti: aspettiamo solo voi.

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