IL FOGLIO SPORTIVO - IL RITRATTO DI BONANZA
La bellezza di un gesto e l'inutilità di una parola
Siamo attratti dal brutto, dal torbido, dallo strisciante, dal grottesco, mentre sotto gli occhi scorre la vita che è fatta di gesti meravigliosi. Perché è meglio concentrarsi sul gol di Adeyemi che sui bisticci tra Lukaku e Barella
C’è una dialettica esagerata sul calcio. Poche le parole giuste, utili a capire il senso di questo sport, la sua natura a tratti contraddittoria e quindi di difficile comprensione. E poi tutti parlano, e tutti ascoltano, generando discussioni superflue e dannose. Ci sono gesti molto significativi che passano in secondo piano: il gol di Haaland contro l’Arsenal, con il norvegese che quando segna si scompone e sembra un Jeeg robot d’acciaio, quello di Dean Huijsen, un ragazzino olandese di 17 anni difensore della Juventus Next Gen, che da 40 metri spedisce la palla nel sette alla velocità del suono e permette alla sua squadra di ribaltare il risultato della semifinale di Coppa Italia contro il Foggia. Per non dire del tedesco Karim Adeyemi, classe 2002, attaccante del Borussia Dortmund che realizza il gol più bello della settimana (mese, anno), partendo in contropiede da solo, come un ladro di palloni inseguito dalla polizia, e semina il panico saltando avversari e portiere come fece Maradona all’Inghilterra (più o meno) per poi depositare la refurtiva al sicuro, in porta, come fanno i veri ladri del gol.
La forza di queste azioni, tradotta in immagini, si spegne di fronte alle parole rubate e poi ribadite dentro i social da telecamere e telefonini. Per cui si commenta per giorni l’estemporaneo, il vaffa di Lukaku a Barella, o quello di Allegri a un tifoso in tribuna, colpevole di esternare giudizi troppo severi e sguaiati verso un suo giocatore. Fatti del tutto marginali a cui si attribuisce un’importanza filologica, tanto da far partire un giro di valzer sulle ipotesi di uno spogliatoio spaccato in due nell’Inter, a cui fa seguito un ridicolo comunicato della curva nerazzurra, quella presidiata dai cosiddetti ultras, secondo cui Inzaghi non sarebbe sufficientemente vigoroso nel trasmettere alla squadra il carattere necessario per vincere sempre, ovunque e comunque.
Con i giornali e le televisioni, ma soprattutto i social network, che agiscono da moltiplicatori del nulla, dimenticando tutto il bello che ci circonda. Perché questo è ormai il problema, siamo attratti dal brutto, dal torbido, dallo strisciante, dal grottesco, mentre sotto gli occhi scorre la vita che è fatta di gesti meravigliosi. Per fortuna ci sono anche parole importanti che ci riconciliano con il pensiero. “L’esperienza illumina il futuro”, chi lo ha detto non è un filosofo ma un allenatore: Luciano Spalletti. Se ha ragione, come è sicuro, illuminiamoci d’esperienza, di consapevolezza per il disagio che ormai proviamo di fronte al chiacchiericcio facile e distruttivo. Sono i fatti a costruire il mondo, basta saperli guardare.